Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili

Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS” (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). Lo facciamo dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che per dare risposta ai bisogni di autodeterminazione, autonomia e adultità da parte delle persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo, già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili.
Come funziona il vostro progetto SISL (Servizio Inclusione Socio-lavorativa)?
«Il nostro progetto SISL rappresenta un servizio riabilitativo socio-sanitario, che grazie a un’équipe multidisciplinare (direttore medico, psicologa, assistente sociale ed educatore), grazie alla metodologia della mediazione e alle sue caratteristiche distintive, si pone l’ambizioso obiettivo di accompagnare le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in un percorso di crescita personale e professionale, finalizzato al raggiungimento di una piena inclusione sociale e lavorativa. In particolare, mira a favorire l’acquisizione di competenze utili per un futuro inserimento nel mondo del lavoro, attraverso esperienze concrete e significative di vita reale in àmbito di lavoro. Uno degli aspetti centrali del progetto è lo sviluppo di un’identità adulta, che si costruisce anche e soprattutto attraverso l’assunzione di un ruolo attivo all’interno di un contesto lavorativo.
Ma in quale modo viene costruito un percorso su misura per ogni persona?
«Per rendere concreti gli obiettivi definiti in precedenza, il SISL prevede una prima fase di conoscenza della persona nella quale viene elaborata la valutazione multidimensionale, secondo l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che rappresenta il punto di partenza per la definizione del progetto riabilitativo individualizzato e quindi per stabilire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciò che ci guida nel lavoro è l’assunto che l’esperienza della disabilità è legata alla presenza di barriere ambientali e sociali che a seconda siano presenti o meno, possono ostacolare o facilitare la capacità di un individuo di svolgere le proprie attività e di esprimere le proprie risorse. Successivamente il progetto viene sottoscritto dai tre attori in gioco – la persona con disabilità, la famiglia e i componenti dell’équipe multidisciplinare – che con differenti ruoli partecipano e contribuiscono al successo del percorso.
L’intervento personalizzato, che si concretizza attraverso la sperimentazione della persona in diversi ruoli e in differenti contesti, diventa quindi un’occasione per mettere in gioco le proprie risorse e “scoprirne” delle altre. Le persone afferenti al servizio hanno quindi l’opportunità di acquisire da una parte maggiore consapevolezza di sé, delle proprie attitudini, dei propri limiti, bisogni e desideri, per pensare e progettare il proprio futuro “su misura”; dall’altra, una maggiore conoscenza del mondo del lavoro, delle professioni, del funzionamento aziendale, dalle regole che governano gli ambienti lavorativi alle relazioni presenti (gruppo di lavoro, superiori, eventuali clienti, ruoli, responsabilità).
Si tratta dunque di un servizio che si prefigge di costruire un ponte concreto tra il percorso socio-riabilitativo individualizzato e il mondo del lavoro, promuovendo il protagonismo della persona all’interno di un progetto di vita più ampio caratterizzato da autonomia, autodeterminazione e qualità della vita.
Per quanto poi riguarda l’Agenzia di Mediazione Lavoro, quali sono le principali richieste che ricevete da candidati e aziende?
«La persona con disabilità che accede al nostro servizio esprime spesso il desiderio di normalità, di un percorso lavorativo stabile e gratificante, di una vita adulta caratterizzata da indipendenza e autonomia, di riconoscimento di un ruolo all’interno della società. In tal senso, la motivazione lavorativa rappresenta una costante per le persone che afferiscono all’Agenzia di Mediazione al Lavoro, ma… da sola non basta! Per realizzare infatti il proprio “sogno nel cassetto”, è necessario trasformare desideri in obiettivi concreti e realizzabili che tengano conto delle caratteristiche reali della persona e del contesto, in termini di vincoli e opportunità.
Nel dettaglio, le principali richieste che riceviamo dalle persone riguardano:
° un supporto concreto per individuare un percorso lavorativo compatibile con le proprie attitudini, capacità e limiti;
° l’accesso ad offerte di lavoro compatibili con le proprie caratteristiche e i propri bisogni in contesti accoglienti e accessibili, in linea con i propri ritmi, disponibilità, esigenze ecc.;
° un supporto nella ricerca attiva del lavoro, nella stesura del curriculum, della lettera di presentazione, nella preparazione ai colloqui;
° un punto di riferimento, un sostegno e un accompagnamento durante l’inserimento, qualcuno che funga da interprete, facilitando la comunicazione con il gruppo di lavoro, il datore di lavoro, chiarendo le proprie necessità, favorendo un’integrazione positiva ed eventuali accomodamenti ragionevoli.
Quest’ultimo punto lo ritroviamo anche sul versante delle aziende, le quali ci richiedono di fungere da interfaccia con la persona con disabilità: aprire alla diversità nelle organizzazioni significa infatti promuovere un cambiamento culturale che arricchisce l’ambiente lavorativo e promuove l’innovazione, creando talvolta paure e difese che necessitano di essere ascoltate e gestite. Come lo facciamo? Attraverso una progettazione condivisa dell’inserimento lavorativo e un accompagnamento nelle diverse fasi, dall’attivazione alla gestione e monitoraggio.
La finalità di questo dialogo con le organizzazioni diventa quella di mettere a disposizione delle aziende strumenti che facilitino l’incontro e l’alleanza con i candidati, e strategie per gestire eventuali situazioni critiche. Tra i servizi rivolti alle aziende ricordiamo:
° la selezione di profili idonei alle esigenze dell’organizzazione e l’attivazione di progetti di inserimento personalizzati;
° il supporto per tutta la durata dell’inserimento con azioni di accompagnamento e mediazione da parte di personale esperto e qualificato;
° la formazione del personale aziendale e la promozione di azioni per la gestione della diversità in azienda».

E se doveste indicare le strategie a parer vostro più efficaci, per favorire un’inclusione lavorativa stabile e soddisfacente da parte delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo?
«Sicuramente la Metodologia della Mediazione al lavoro rappresenta l’elemento fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo, metodologia che prevede:
– Azioni di tutoraggio: affiancamento della persona da parte del tutor della mediazione (interno ANFFAS), il cui ruolo è inizialmente incentrato sul supporto nella conoscenza del contesto, del funzionamento aziendale e del gruppo di lavoro (regole, ruoli, gerarchia, relazioni, cultura, clima, ecc.) ed è dedicato all’apprendimento delle mansioni lavorative. La frequenza del tutoraggio, nel primo periodo, è intensiva, per poi riproporzionarsi in base alle necessità della persona e diminuire gradualmente.
– Azioni di monitoraggio: visite in azienda generalmente a cadenza settimanale (comunque modulate in base alle necessità), finalizzate a rilevare l’andamento del progetto e a fornire strategie alla persona e all’azienda stessa.
– Azioni di sostegno psicologico/counseling: colloqui individuali finalizzati a rileggere le esperienze lavorative, a supportare la persona nella conoscenza di sé in relazione all’ambiente circostante e a fare chiarezza circa i propri punti di forza, i limiti, le difficoltà.
– Azioni di Supporto alle aziende: colloqui e incontri con il tutor aziendale, con il datore di lavoro, con il gruppo di lavoro; incontri di formazione e informazione.
Un altro ingrediente fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo è dato dalla presenza di figure specializzate nel settore, del tutor aziendale e del tutor ANFFAS.
Il tutor aziendale è un dipendente interno all’azienda, che affianca la persona con disabilità sul luogo di lavoro ed è la figura di riferimento che ne supervisiona il lavoro, supportandone l’apprendimento e l’inserimento nel gruppo di lavoro.
Il tutor ANFFAS è un educatore/educatrice formato nel settore, che ricopre un ruolo di mediazione, monitorando l’inserimento per tutta la sua durata e garantendo il rispetto di quanto previsto dal progetto personalizzato e dal ruolo della persona. Inoltre, è la figura che affianca la persona con disabilità nell’apprendimento delle mansioni e nella conoscenza dell’ambiente di lavoro, che sostiene il/la lavoratore/lavoratrice e lo staff aziendale, fornendo strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo, che prevede, infine, incontri periodici in azienda con colleghi, datore di lavoro e tutor aziendale, fornendo loro strumenti e strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo della persona con disabilità».
Quali sono i principali fattori che incidono sul successo o sull’insuccesso dell’integrazione professionale?
«Le esperienze di inclusione e di inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in azienda rappresentano sempre una sfida, ma anche una grande opportunità per tutti gli attori in gioco, lavoratori e lavoratrici, gruppi di lavoro, azienda, famiglia ecc. Riflettere sulle esperienze di successo e di insuccesso ci consente di analizzare le dinamiche che si creano nella relazione tra mondo del lavoro e persona con disabilità, di approfondire la complessità che caratterizza questo incontro e di mettere in luce i fattori che possono ostacolare o facilitare l’inclusione lavorativa.
Nonostante la nostra lunga esperienza come Fondazione ANFFAS Sardegna, possiamo evidenziare che non esiste un’unica soluzione e che la metodologia e la personalizzazione dell’inserimento rappresentano la chiave per l’efficacia dell’inserimento. Le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo portano con sé punti di forza significativi, spesso possiedono abilità manuali e operative e sono maggiormente attratte da ruoli e settori che richiedono metodo e procedure chiare, organizzate in attività prevedibili e sequenziali in ambienti strutturati. Tuttavia, è importante non cedere alla tentazione dell’etichetta e della catalogazione, processo che sicuramente ha i suoi aspetti rassicuranti, consentendoci di capire meglio la realtà e di focalizzare alcuni elementi chiave, ma che spesso diventa riduttivo e limitante, creando la base per la formazione di stereotipi e pregiudizi.
Alla base dell’inclusione lavorativa c’è dunque un processo creativo caratterizzato da flessibilità e adattamento: è proprio vedere la persona nella sua interezza, con risorse e limiti reali, che permette di personalizzare l’inserimento e di trovare strategie ad hoc che ne consentano l’integrazione e il successo. Il mondo del lavoro e il contesto lavorativo sono per definizione dei contesti imprevedibili spesso poco strutturati o troppo flessibili, caratterizzati da imprevisti o adattamenti improvvisi nel lavoro stesso.
Per affrontare queste criticità, è possibile sicuramente adottare strategie mirate, che permettano di valorizzare la presenza di persone con disabilità in azienda, favorendo la diversità di pensiero all’interno dei team, stimolando l’inclusione, il cambiamento e contribuendo al miglioramento di una cultura aziendale più inclusiva. In realtà, sono tanti gli ingredienti che rendono le esperienze di collocamento positive e durature. Ne elenchiamo alcuni:
° la fase di preparazione al lavoro rivolta sia al tirocinante/lavoratore che all’azienda attraverso una formazione propedeutica all’inserimento lavorativo;
° gli incontri di informazione e formazione in azienda rivolti al datore di lavoro/al gruppo di lavoro e al tutor aziendale;
° la disponibilità al cambiamento e a mettersi in gioco sia da parte della persona che dell’azienda;
° i valori aziendali, il clima e la cultura organizzativa;
° le capacità, competenze ed esperienze del lavoratore/lavoratrice;
° la presenza di un tutor interno all’azienda che garantisca una supervisione continua;
° la presenza di un tutor di intermediazione che funga da interprete tra persona e azienda.
La chiave del successo risiede quindi nella definizione di un percorso strutturato progettato con attenzione, finalizzato a creare alleanza, linguaggio comune e significati condivisi e che favorisca il dialogo tra le persone coinvolte (con le loro risorse, difficoltà, aspettative, capacità e interessi), l’azienda (con le sue caratteristiche, necessità, tempi, valori e organizzazione) e i professionisti coinvolti».

Può condividere una storia concreta di inserimento lavorativo positivo?
«Tra le esperienze di successo raccontiamo il percorso di E., una donna di 29 anni, con una maturità conseguita al liceo artistico, che è arrivata ai nostri servizi sette anni fa, dopo essere uscita da poco dal percorso scolastico e con il desiderio di inserirsi nel mondo del lavoro e di diventare adulta attraverso un lavoro preferibilmente nel settore bar/ristorazione. A tal proposito, E. frequentava allora un corso per acquisire competenze nella preparazione dei cocktail e aprirsi maggiori opportunità nel settore desiderato.
La prima esperienza è stata difficile e complicata e si è conclusa con l’interruzione del tirocinio. Cosa era andato storto? Sicuramente la situazione è stata complessa e determinata da diversi elementi, personali, contestuali e relazionali. Da una parte E. era alla sua prima esperienza nel mondo del lavoro e stava capendo per la prima volta il funzionamento di un’azienda del settore, con ritmi serrati, richieste elevate, clienti pretenziosi; dall’altra, la sede aziendale era nuova e il gruppo di lavoro si stava costituendo; l’apertura all’inclusione e al cambiamento risultava pertanto difficile.
Inizialmente E. non voleva più saperne di lavorare nel settore della ristorazione, ma dopo diverse esperienze personali e professionali nelle quali si è sperimentata, rinforzata, acquisendo strategie, autoefficacia, competenze, consapevolezza e progettualità, ora ha un contratto a tempo indeterminato presso una grande azienda italiana nel settore della ristorazione in un centro commerciale.
Un’esperienza di successo, dunque, che mette in luce quanto siano numerosi gli ingredienti che contribuiscono a creare matching ottimali e circoli virtuosi».
E per quanto riguarda il ruolo delle famiglie?
«Rispetto alle famiglie, la situazione è eterogenea in quanto alcune persone che accedono al nostro servizio sono autonome e indipendenti e ci chiedono in maniera chiara di non coinvolgere i loro familiari: una scelta che accogliamo, a condizione che non vi sia qualche forma di tutela attiva. Laddove invece questa risulti presente, diventa cruciale creare un’alleanza con la famiglia, al fine di accompagnare la persona verso un progetto di vita condiviso, per direzione, obiettivi, strategie e modalità.
Talvolta, questo progetto è il frutto di un percorso congiunto che si concretizza e si arricchisce delle esperienze di vita della persona; nella nostra esperienza, infatti, ci è capitato che alcune famiglie scelgano di rinunciare ad un contratto di lavoro per il proprio familiare per non perdere alcuni sussidi o indennità acquisite e non mettere in discussione un progetto di vita già precedentemente delineato. In questi casi il nostro ruolo diventa quello di condividere insieme alla famiglia e alla persona delle opportunità alternative, nuove strade che permettano di vedere la persona in un’ottica differente e di affrontare un eventuale cambiamento che può avere ripercussioni positive nella qualità di vita della persona e del contesto familiare».
Concludiamo dunque con un po’ di cifre, riguardanti segnatamente i vostri servizi.
«Presto detto: 41 partecipanti; 20 Progetti Riabilitativi Individuali (PRI); 8 tirocini; 8 ricerche attive del lavoro; 2 contratti a tempo determinato; 3 contratti a tempo indeterminato; 27 aziende coinvolte».
Le prime sei tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link), Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link), Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot” (disponibile a questo link), Inclusione lavorativa tra norme e realtà: Legge 68 e prospettive di cambiamento (disponibile a questo link), Giulia: la mia esperienza è la prova che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto, ma una ricchezza per tutti (disponibile a questo link) e La grande sfida di ampliare le opportunità lavorative per persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo (disponibile a questo link).
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