Quali fondamenti giuridici avrebbe l’istituzionalizzazione?

di Simona Lancioni*
«La Convenzione ONU sui Diritti delle Persoine con Disabilità – scrive Simona Lancioni – non parla di strutture per persone con disabilità grandi o piccole, né di strutture con personale più formato e maggiori controlli, essa dispone invece di riconoscere “il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone”. A chi pertanto ritiene che l’istituzionalizzazione sia una pratica da mantenere in vita, chiedo quali ne sarebbero i fondamenti etici e giuridici»

IstituzionalizzazioneSto seguendo con molta attenzione gli interventi che Superando sta pubblicando sulla terribile vicenda di violenza ai danni di persone con disabilità ospitate in una struttura di Luserna San Giovanni (Torino) di cui si può leggere a questo link.
Ho letto le riflessioni espresse a caldo da Gianfranco Vitale, padre di Gabriele, una persona autistica che attualmente è ospite in una delle strutture gestite proprio dalla cooperativa finita sotto inchiesta (si veda: Ancora violenze nei confronti delle persone con disabilità: è ora di dire basta! del 20 giugno scorso). Ho trovato le sue considerazioni così profonde e vibranti da suscitarmi la necessità impellente di scriverne a mia volta per dire che sì, ha ragione Vitale ad affermare che «è ora dire basta» alle violenze, ma che, a mio parere, neanche questo è risolutivo, perché l’istituzionalizzazione è essa stessa una pratica che viola i diritti umani delle persone con disabilità sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Dunque non dobbiamo combattere la violenza solo quando assume le forme più eclatanti e visibili, quelle che configurano dei reati codificati, dobbiamo combattere anche la discriminazione sistemica che l’istituzionalizzazione concretizza con la sua stessa esistenza. Per questo ho concluso che, dal mio punto di vista, la via maestra per prevenire e combattere la violenza commessa nei confronti delle persone con disabilità ospitate nelle strutture, sia chiedere con urgenza la predisposizione di un piano nazionale di deistituzionalizzazione e la fine dell’istituzionalizzazione stessa (se ne legga a È ora di mettere in discussione la stessa idea di istituzionalizzazione, nel sito del Centro Informare un’h, 23 giugno 2025).

Ora leggo, sempre in Superando, due ulteriori contributi: quello dell’ANGSA Nazionale (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo) dal titolo Richiamiamo tutti a non tacere di fronte a queste derive di disumanità (23 giugno), e quello dell’UTIM (Unione per la Tutela delle Persone con Disabilità Intellettiva) dal titolo Quegli episodi di violenza sono il risultato di un sistema che necessita di un intervento urgente e radicale (24 giugno).
Sintetizzando al massimo: per prevenire le violenze l’ANGSA propone che il personale delle strutture sia adeguatamente formato e pagato, e che le Regioni dispongano che le strutture abbiano sistemi di sorveglianza al passo con i tempi; dal canto suo, l’UTIM ritiene che le dinamiche di abuso siano facilitate nelle «strutture residenziali di grandi dimensioni» e, reputando che solo queste siano segreganti, chiede «con forza alle Istituzioni competenti a livello sia nazionale sia regionale il superamento definitivo dei modelli istituzionalizzanti, promuovendo esclusivamente piccole comunità residenziali a carattere familiare, con un massimo di 8 posti letto e 1-2 posti per pronto intervento e tregua, integrate nel normale tessuto sociale, non accorpate tra loro (come invece lo è la struttura in oggetto), nonché l’abrogazione della norma che autorizza l’accreditamento di strutture di grandi dimensioni». Altre richieste dell’UTIM sono la certificazione preventiva dell’idoneità del personale e la riqualificazione dello stesso, nonché una maggiore vigilanza da attuarsi attraverso l’obbligo di installazione nelle strutture di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, il rinforzo degli organici e l’aumento della frequenza dei controlli da parte delle Commissioni di vigilanza delle ASL.

Nella sostanza, sia l’ANGSA Nazionale sia l’UTIM continuano a considerare legittima l’istituzionalizzazione, senza tuttavia rendere noti i fondamenti etici e giuridici di questa pratica.
A me risulta che l’istituzionalizzazione sia in contrasto con l’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della citata Convenzione ONU, il quale impegna gli Stati che l’hanno ratificata – tra cui l’Italia – ad assicurare che «le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione». Dunque la Convenzione ONU non parla di strutture grandi o piccole, né di strutture con personale più formato e maggiori controlli, dispone invece di riconoscere «il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone». E in questo senso vanno anche le richieste rivolte al nostro Paese dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità: «Il Comitato raccomanda: a) di porre in atto garanzie del mantenimento del diritto ad una vita autonoma indipendente in tutte le regioni; e, b) di reindirizzare le risorse dall’istituzionalizzazione a servizi radicati nella comunità e di aumentare il sostegno economico per consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente su tutto il territorio nazionale ed avere pari accesso a tutti i servizi, compresa l’assistenza personale» (punto 48 delle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU del 31 agosto 2016).

Pertanto chiedo sia all’ANGSA Nazionale, sia all’UTIM quali sarebbero i fondamenti etici e giuridici che le inducono a ritenere che l’istituzionalizzazione sia una pratica da mantenere in vita. Non è una domanda retorica o provocatoria, è che tutte le leggi e le disposizioni normative, nazionali e internazionali, che ho trovato vanno in direzione opposta, ossia verso il superamento dell’istituzionalizzazione e la promozione della deistituzionalizzazione. Anche la Legge Delega 227/21 in materia di disabilità va in quest’ultima direzione. E dunque?

*Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). L’autrice dichiara di non avere alcun conflitto di interessi, neanche indiretto, riguardo al tema dell’istituzionalizzazione.

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