Far pagare le batterie sarebbe una palese violazione dei diritti umani

Ulteriori segnalazioni e denunce da tutta Italia, la risposta del Ministro della Salute a un’Interrogazione Parlamentare e le parole di Giampiero Griffo, che fece parte della delegazione italiana alle Nazioni Unite che partecipò all’elaborazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, secondo il quale far pagare agli utenti le batterie delle carrozzine a motore elettrico sarebbe «una palese violazione dei diritti umani». Continuiamo ad aggiornare Lettori e Lettrici sugli sviluppi di una delicata questione

Persona con carrozzina a motore elettricoContinuiamo a seguire la questione sollevata nelle scorse settimane da alcuni articoli pubblicati dal «Fatto Quotidiano» a firma di Renato La Cara, riguardante il fatto che dal 1° gennaio di quest’anno spetterebbero agli utenti le spese legate alla manutenzione e alle riparazioni delle carrozzine a motore elettrico (batterie, motori, joystick, ruote), dopo l’entrata in vigore del Nomenclatore Allegato 5 al DPCM 12/2017, avvenuta il 30 dicembre 2024, con l’approvazione delle relative Tariffe dell’Elenco 1.
Nell’ultimo nostro aggiornamento avevamo riferito che nel Veneto la situazione si era evoluta positivamente, dopo che l’assessora alla Sanità Lanzarin si era espressa in una nota ufficiale, dichiarando che «le Aziende Sanitarie dovranno assicurare agli assistiti aventi diritto, su prescrizione dello specialista, non solo l’erogazione del dispositivo medico, ma anche tutte le prestazioni di adattamento e personalizzazione (a cura di professionisti sanitari abilitati) e quelle di manutenzione, riparazione e sostituzione di batteria o altri componenti necessari».
In precedenza avevamo anche segnalato come la questione fosse stata sollevata tramite un’Interrogazione Parlamentare in cui si era chiesto ai Ministeri della Salute e dell’Economia e Finanze, se intendessero «adottare con la necessaria urgenza iniziative per garantire che i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice ISO 12.23 (carrozzine a motore elettrico) fossero a carico del Servizio sanitario nazionale e quindi garantiti gratuitamente alle persone che ne hanno bisogno».

Ebbene, mentre «Il Fatto Quotidiano», sempre a firma di Renato La Cara, ha dato spazio a un ulteriore approfondimento, evidenziando varie altre segnalazioni e denunce da tutta Italia, è arrivata anche la risposta del ministro della Salute Schillaci alla citata Interrogazione Parlamentare (se ne veda il video a questo link), che sembrerebbe chiudere la questione. «Per le carrozzine per le persone disabili – ha dichiarato infatti il responsabile del Dicastero – le regioni e Asl devono stipulare contratti attraverso gare pubbliche ed i fornitori devono garantire l’adattamento e personalizzazione dei dispositivi da parte di professionisti abilitati, la manutenzione ordinaria, oltre alla sostituzione dei componenti come le batterie. Non è una raccomandazione, ma una norma di legge».
Secondo quanto affermato da Schillaci, dunque, «il nuovo decreto tariffe del 2025 non ha cambiato nulla sui diritti dell’assistito, l’innovazione riguarda solo la modalità di approvvigionamento, ma i diritti dei cittadini sono rafforzati».
«La riparazione – ha concluso – rimane a carico delle aziende sanitarie e all’assistito non dovrebbe essere richiesta alcuna compartecipazione alla spesa per la riparazione e sostituzione delle carrozzine, se questo sta accadendo, qualcuno non applica le normative. Non è accettabile».
Ma quante e quali Regioni, per usare le parole del Ministro «non stanno applicando le normative»?

Nel frattempo vale la pena ricordare che anche la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) si era direttamente rivolta al Ministro della Salute e alla ministra per le Disabilità Locatelli, chiedendo «un immediato intervento per ripristinare la copertura economica per riparazioni e sostituzioni delle carrozzine elettriche; nonché una urgente integrazione del Nomenclatore, evitando che questioni burocratiche limitino l’autonomia delle persone con disabilità; la definizione di soluzioni strutturali per prevenire future esclusioni».
Nella sua lettera, la Federazione aveva anche parlato di «violazione dei princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità» (Legge dello Stato Italiano 18/09) ed è proprio per approfondire quest’ultimo spunto che abbiamo interpellato Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International) e componente della delegazione italiana coinvolta a suo tempo alle Nazioni Unite per l’elaborazione della Convenzione stessa.
«Negare il rimborso delle batterie per le carrozzine a motore elettriche – spiega Griffo – sarebbe una palese violazione dei diritti umani, confliggendo, nello specifico con l’articolo 20 (Mobilità personale) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità il quale recita che “Gli Stati Parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a: (a) facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili; (b) agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili”. A quanto pare, infatti, e al netto della recente risposta del Ministro della Salute all’Interrogazione Parlamentare, non mi sembra che il nuovo Nomenclatore Tariffario preveda la rimborsabilità delle batterie delle carrozzine a motore elettrico, considerate un costo eccessivo e quindi negate per risparmiare. E si tratta di una misura che rappresenta un onere non indifferente, arrivando a costi di quasi 600 euro, per alcuni tipi di carrozzine».

Ma non è solo l’articolo 20 della Convenzione ONU ad essere coinvolto. Griffo, infatti, si rifà anche all’articolo 4 (Obblighi generali), secondo il quale «gli Stati Parti si impegnano […] (a) ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella presente Convenzione; (b) ad adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità; (c) a tener conto della protezione e della promozione dei diritti umani delle persone con disabilità in tutte le politiche e in tutti i programmi; (d) ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente Convenzione ed a garantire che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente Convenzione».
«Quando dunque ha ratificato la Convenzione con la Legge 18/09 – sottolinea Griffo -, l’Italia si è impegnata ad applicarla. Quella misura, pertanto, rappresenterebbe una palese violazione innanzitutto dell’articolo 20, che riconosce la mobilità personale come diritto umano e in tal senso ritengo che la FISH e/o altre Associazioni dovrebbero certamente impugnare quel provvedimento». (S.B.)

Al tema trattato in questo contributo abbiamo già dedicato i seguenti testi: Batterie e riparazioni elle carrozzine a motore elettrico: pagano gli utenti? (a questo link); Cari Ministri, Care Regioni: e quindi, se mi si rompe la batteria, devo restare chiuso in casa? (a questo link); Carrozzine a motore elettrico e spese a carico degli utenti: bene il Veneto, ma la FISH scrive al Governo (a questo link).
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