È la parità di bilancio bellezza…

di Nicola Panocchia
«Vi è - scrive Nicola Panocchia - o forse vi era, una politica, vorrei dire un ideale, che vede accomunati i diversi Stati europei e che li differenzia anche da altre democrazie, una politica su cui avrebbe potuto fondarsi l’Europa dei Cittadini: è il sistema del welfare presente in tutta Europa, nella sue diverse declinazioni, inglese, scandinavo, francese, italiano, tedesco. Non è stata scelta questa strada»
Cartello stradale americano, con la scritta "welfare"
Quale strada sta imboccando il welfare in Europa?

«Ai diritti umani i bilanci devono inchinarsi»: questo è il messaggio del recente comunicato della FISH Veneto (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), riguardante i tagli e il pagamento per i servizi alla persone con disabilità in quella Regione.
Un’asserzione totalmente condivisibile. Ma in ritardo di un anno. Infatti, esattamente un anno fa, si avviava la modifica dell’articolo 81 della Costituzione [definita successivamente dalla Legge Costituzionale del 20 aprile 2012”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 95 del 23 aprile 2012, N.d.R.], introducendo l’obbligo della parità di bilancio, che quindi assume dignità pari agli diritti garantiti dalla Carta.
Tutto questo è avvenuto con il consenso quasi unanime di tutte le forze politiche, tra i commenti di giubilo di editorialisti ed economisti e l’assordante silenzio della società civile. Purtroppo, non ne sono state colte le conseguenze sull’economia, sul welfare e sui diritti fondamentali, pure garantiti dalla Costituzione: infatti, rischiano tutti di essere ridotti al rango di diritti soggettivi imperfetti.
E la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi. Il ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera ha proposto infatti di commissariare gli enti non virtuosi. Certo, di fronte a quanto sono riusciti a fare i Consiglieri della Regione Lazio, la prima reazione sarebbe di totale accordo. Ma, al di là della facile demagogia, ritengo sia facilmente intuibile cosa possa significare questo per le politiche sociali e sanitarie: chi mai (si) spenderebbe per politiche costose a favore di persone con fragilità che magari neppure votano? Cosa succederebbe se il primo interesse di chi ci governa fosse far tornare i conti invece del benessere dei Cittadini, soprattutto di quelli più svantaggiati?

Non si tratta pertanto di negare l’importanza di avere conti in ordine, di ridurre sprechi e privilegi. Ma vi sono questioni fondamentali, che riguardano l’essenza e la sopravvivenza della democrazia stessa e dei suoi valori fondanti. Si tratta di stabilire se esiste ancora la possibilità di fare scelte tra diverse opzioni – è questo il vero ruolo della politica – o se invece questa possibilità di scelta è abolita.
All’altare del “dio bilancio” vengono sacrificati per primi i diritti delle persone più fragili. Diritti che sono esattamente gli stessi di tutte le altre persone e che si possono riassumere nel diritto alla cittadinanza. Le Istituzioni, in quanto rappresentanti della comunità, dovrebbero garantirlo con appositi strumenti e politiche. Ma tutto questo comporta delle spese. Cosicché, nell’ottica ragionieristica vigente, queste persone vengono ridotti a “costi” (si veda a tal proposito il bellissimo editoriale di Franco Bomprezzi, pubblicato nei giorni scorsi su queste pagine), che devono essere assolutamente compressi, ridotti.

Le politiche nei confronti della persone con disabilità sono la cartina di tornasole del grado di democrazia e civiltà di una società. E una volta stabilito che un diritto è sacrificabile, se comporta dei costi, si tratterà solo di individuare il tetto di spesa che si è disposti a sopportare per garantire quel diritto. Quindi, prima saranno colpite le persone con più difficoltà – che costano di più – ma poi sarà la volta di tutti i Cittadini, perché il tetto di spessa accettabile si ridurrà sempre più: si pesni, ad esempio, al diritto alla salute, all’istruzione.
Ci dicono che tutto questo “ce lo chiede l’Europa”. L’Europa intesa come entità politica unitaria rappresentativa dei Cittadini europei purtroppo non esiste. Esistono singoli Stati che, in base alla loro forza politica ed economica, riescono ad imporre i loro interessi ad altri Stati.
Eppure vi è (vi era?) una politica – vorrei dire un ideale – che vede accomunati i diversi Stati europei e che li differenzia anche da altre democrazie, una politica su cui avrebbe potuto fondarsi l’Europa dei Cittadini: è il sistema del welfare presente in tutta Europa, nella sue diverse declinazioni, inglese, scandinavo, francese, italiano, tedesco. Non è stata scelta questa strada.
E quindi, i diritti esigibili? È la parità di bilancio bellezza…

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