E alla fine, mai come questa volta è il caso di dire tanto tuonò che piovve! E che poi siano stati soprattutto la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e Superando.it a scatenare i “temporali” che si sono abbattuti in questi giorni su Serra d’Aiello costituisce certamente un motivo di orgoglio, anche se la situazione è tutt’altro che risolta, soprattutto per 363 persone con disabilità, vittime da anni di discriminazioni del tutto indegne di un Paese civile.
Ma andiamo per ordine e incominciamo dalla cronaca attuale. Il sacerdote Alfredo Luberto, ex presidente dell’Istituto di Assistenza Sociale e Sanitaria Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello (Cosenza), è stato arrestato dalla Guardia di Finanza. Nei suoi confronti si ipotizza l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita.
In manette anche Fausto Arcuri, ex componente del Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto, che insieme a don Luberto e ad altre ventiquattro persone tutte indagate, avrebbe dato vita – secondo l’accusa – ad un vero e proprio “comitato d’affari” utile a gestire, per altri fini, una parte consistente dei fondi erogati dalla Regione Calabria al Papa Giovanni, affidato ad una fondazione della Curia Arcivescovile di Cosenza.
Nel dettaglio sembra che, tra le spese sostenute da questa struttura socio-sanitaria, figurino anche quelle per l’acquisto di mobili di lusso e gioielli, oltre che per diversi milioni di euro di merce mai arrivata nei locali dell’Istituto.
Un appartamento definito di lusso – di proprietà di don Luberto – è stato poi sequestrato: anch’esso, secondo gli inquirenti, sarebbe stato acquistato e arredato grazie alle attività illecite svolte nella gestione amministrativa.
In sostanza, come ha dichiarato esplicitamente il sostituto procuratore di Paola Eugenio Facciolla, titolare dell’inchiesta, «una struttura socio-sanitaria per disabili, anziani e persone con problemi psichici portata al dissesto finanziario da un’associazione per delinquere che negli anni ha distratto fondi per milioni e milioni di euro».
Un lancio ANSA del 17 luglio riporta inoltre che «da fonti giudiziarie la Procura della Repubblica di Paola svolgerebbe indagini anche sull’ex arcivescovo di Cosenza, monsignor Giuseppe Agostino, in relazione alla mancata rilevazione degli illeciti che sarebbero stati commessi nella gestione del’Istituto, con particolare riferimento all’appropriazione di fondi e di beni di proprietà».
Sequestrata infine la struttura, nella quale restano ricoverati i 363 degenti, e affidata in custodia giudiziale, per consentire di continuare a svolgere la normale attività, portata avanti da circa 900 dipendenti, anche se dalla stessa Procura della Repubblica di Paola è già stata sottolineata la necessità di «mettere in campo interventi urgenti per migliorare le condizioni generali dell’Istituto».
Vale la pena ricordare, a tal proposito, che nel marzo di quest’anno i militari della Guardia di Finanza avevano effettuato un vero e proprio blitz nella struttura – quella che avrebbe dovuto essere, come detto, una casa di accoglienza e cura per persone con disabilità, anziane o affette da disturbi psichici – constatando l’esistenza di uno scenario definito «impressionante»: sudiciume sui pavimenti e sulle pareti, servizi igienici non funzionanti, infiltrazioni di acqua e umidità, finestre e porte rotte, pazienti abbandonati su materassi senza lenzuola. Un quadro disumano e desolante che fece subito scattare le indagini su alcune operazioni finanziarie apparse quanto meno poco chiare.
Senza dimenticare i numerosi casi di scabbia tra i degenti, conseguenza della situazione di degrado.
Il nostro sito da quasi tre anni segue e denuncia regolarmente la terribile situazione dell’Istituto di Serra d’Aiello, che abbiamo riassunto nell’ottobre del 2006 con il significativo titolo Storia di abusi e indegnità con coda paradossale.
Il tutto a fianco della FISH Calabria e di quella Nazionale, che tante azioni hanno intrapreso da molto tempo, anche con visite “a sorpresa” assieme a parlamentari, lettere aperte alla Regione e al già citato monsignor Agostino e varie altre iniziative.
E in questo senso di «svolta importante per tutta la vicenda» parla anche Nunzia Coppedé, presidente della FISH Calabria, soffermandosi ancora una volta, con ironia amara, su questa «storia segnata da “effetti speciali” che di tanto in tanto riportano l’attenzione sul ghetto calabrese».
La lotta, dunque, che da molti anni la FISH conduce contro i ghetti umani delle persone con disabilità ha raggiunto ieri un momento significativo, come ricorda la stessa Coppedé: «L’arresto di due persone che hanno ricoperto fino a poco tempo fa cariche di responsabilità, e ancora la lunga lista di indagati, sono aspetti inquietanti che potrebbero provocare una svolta importante nella vicenda dell’Istituto Papa Giovanni XXIII». E tuttavia, continua Coppedè, «qualora si avvalorasse la tesi degli inquirenti posta alla base degli arresti, questa non sarebbe una vittoria, ma la prova di una triste realtà che purtroppo non risarcisce le persone che hanno vissuto in questa struttura».
Guarderemo quindi con attenzione agli sviluppi delle indagini, a quella «regia occulta» che potrebbe esservi dietro agli illeciti. Lo faremo certamente.
Come oggi prendiamo atto con grande rispetto anche di quanto dichiarato dall’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari, che ha affermato: «Vivo quest’ora di sofferenza assieme alla mia Chiesa, confidando come sempre nell’operato della Magistratura; è l’ora della croce che sarà certamente momento di purificazione e di rinascita per questa Chiesa che da sempre è stata segno di speranza, donando alla terra di Calabria figure eccelse di laici e di preti. Sento di poter dire alla nostra gente una parola di fiducia, dopo l’episodio che vede un prete così pesantemente imputato, per un rinnovato cammino di fedeltà a Dio e all’uomo. Mi riservo di ritornare su questo triste episodio che racchiude in sé la storia di un’Opera nata dal cuore di un sacerdote, don Giuseppe Sesti Osseo, per un gesto di attenzione agli ultimi e fatto oggetto oggi di interessi e speculazioni che non vanno nella direzione dell’idea fondativa».
Certo, il massimo rispetto per “l’ora della croce” vissuta dalla Chiesa. Ma oggi quel che più ci interessa è ancora e sempre l'”ora della croce” vissuta da quelle 363 persone, la cui sorte, nonostante tutto, è ancora assai incerta.
Particolarmente lucida, in questo senso, è l’analisi di Nunzia Coppedé su questo aspetto della vicenda, da lei vissuta con una sorte di dolore del tutto personale: «Questa non è ancora una vittoria. Anzi, le notizie che da ieri arrivano martellanti mi hanno invaso di tristezza perché le persone con disabilità sono ancora tra quelle mura fatiscenti. La Regione Calabria si rifiuta di confrontarsi con le associazioni di persone con disabilità e nella migliore delle ipotesi essa rileverà l’Istituto. Ma quando? E cosa ne verrà fuori? Intanto le persone con disabilità sono ancora lì!».
Un ghetto, dunque, è finalmente venuto alla luce, ma «a quelle persone – dichiara ancora Coppedé – va garantito urgentemente un servizio che sia a dimensione umana. Noi non vogliamo i ghetti, ma luoghi di vita. La Regione Calabria, quindi, deve fare una scelta radicale e coraggiosa, applicando le leggi vigenti e munendo la Calabria stessa di servizi territoriali che favoriscano il mantenimento delle persone sui propri territori, tramite servizi domiciliari, diurni e residenziali a dimensione umana».
E questa è anche l’essenza di una delle battaglie quotidiana condotte dalla FISH, che prescinde da “casi limite” come quello di Serra d’Aiello.
Sull’onda della cronaca, registriamo poi i commenti di alcuni presidenti di associazioni tra i quali, particolarmente stimolante, quello di Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), il quale ha dichiarato: «Il rischio che succedano schifezze di questo genere dipende essenzialmente dalla mancanza di strumenti di controllo da parte delle famiglie delle persone ospitate. La gestione di una struttura residenziale deve prevedere il coinvolgimento delle famiglie. Non si tratta cioè di condannare semplicemente l’istituzionalizzazione che pure è la negazione dei diritti umani, non è che trasferendo le persone in un centro piccolo si risolva il problema. L’istituzionalizzazione, infatti, non è inversamente proporzionale alla dimensione della struttura».
Oppure come l’annotazione di Francesco Diomede, presidente della FINCO (Federazione Italiana Incontinenti), che punta sulla “certezza della pena”: «In questi casi acclamati, ma in modo particolare per le porcherie fatte sui disabili e sugli anziani, la legge deve punire molto seriamente e con la certezza della pena, maggiorazioni incluse, come del resto prevede anche la Legge 104».
Certo, tutte riflessioni importanti, “politica buona” e quanto mai utile per il lavoro da continuare a svolgere in futuro.
Ma oggi lo sguardo è sempre tutto rivolto a quelle 363 persone, per le quali «la lotta deve continuare», come conclude Nunzia Coppedè: «Ieri non abbiamo fatto una scoperta eccezionale, la situazione del Papa Giovanni XXIII la conoscevamo già, ma mentre la responsabilità della gestione passata ha nomi e cognomi, il presente e il futuro continuano ad essere un enigma e questo mi preoccupa molto. La lotta continua».
Potrà il 2007 essere ricordato come l’anno della firma italiana alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, senza che questo coincida con la “liberazione” di quelle persone dall’Istituto di Serra d’Aiello e da altre strutture simili a questa nel nostro Paese?
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