Cosa possiamo dedurre dal caso del ragazzo autistico di Verona scambiato per uno spacciatore? Innanzitutto che le forze dell’ordine sono prontamente intervenute e, di fronte al caso piuttosto insolito, hanno capito che qualcosa non tornava, cosicché, giustamente, hanno chiamato il 118. Che quest’ultimo si è lodevolmente preoccupato dell’incolumità del ragazzo, di fronte al suo stato di agitazione e all’impossibilità di comunicare, provvedendo a una blanda sedazione. Che il 118 stesso, però, non ha saputo identificare i sintomi caratteristici dell’autismo e, pertanto – pur con l’attenuante di una situazione di emergenza – questo ci lascia comunque perplessi.
Un altro aspetto a nostro avviso da sottolineare è poi l’ingenuità e la “carenza preventiva” dei genitori, nel pretendere che gli altri capiscano la situazione creatasi, in un contesto così particolare. Pur, anche in questo caso, con l’attenuante di un ragazzo che è sempre stato facilmente controllato, l’adozione di qualche forma di precauzione non sarebbe stata inutile. È pur vero che, con il senno di poi, è sempre facile dare suggerimenti quali l’utilizzo di cartellini, o un qualche foglio da tenere in tasca con i riferimenti della sindrome e dei referenti in caso di bisogno, ma è altrettanto vero che non sempre gli autistici sono disposti a portare questi cartellini o a tenere qualche biglietto in tasca.
In ogni caso questo fatto è l’ennesima dimostrazione che il nostro Servizio Sanitario Nazionale non ha affatto organizzato un “sistema curante” in grado di fronteggiare queste spiacevoli evenienze che continuano a ripetersi con gravi traumi per i soggetti incappati in queste situazioni e per le famiglie che, oltre alla gestione quotidiana, devono fronteggiare anche incresciosi episodi del genere.
Da sempre, come ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici), abbiamo chiesto che il Servizio Sanitario Nazionale prendesse in carico – attraverso una diagnosi precoce e con la definizione di un “progetto individualizzato” – tutte le persone autistiche e fornisse adeguati supporti scolastici, logistici, strumentali e sociali, ovvero istituisse un “sistema curante” in grado di supportare le famiglie e di consentire agli autistici di raggiungere un minimo di autonomia e di vivere una vita inserita nel proprio contesto sociale.
Purtroppo ciò sta avvenendo in modo estremamente frammentario, senza continuità e spesso con progetti astrusi e non calibrati sulle effettive esigenze. Progetti molte volte fatti per dar lustro a questo o quel servizio o funzionario, ma non in grado di dare risposte continuative e operative alle famiglie.
Per tornare al caso specifico di Verona, esistono studi che dimostrano che almeno il 50% degli autistici è soggetto a smarrimenti con il conseguente intervento delle forze dell’ordine. La nostra esperienza ci porta inoltre a dire che praticamente tutti gli autistici, proprio per la loro specificità, sono “portati” a perdersi o ad allontanarsi senza alcun preavviso, e alcuni lo fanno con particolare compulsione, creando continui stati di allarme ai genitori che grazie alla loro tempestività e al supporto dei vicini e del parentado, riescono spesso a risolvere la situazione prima di allertare le forze dell’ordine.
Questo caso, dunque, e anche gli altri apparsi sulla stampa nazionale e straniera negli ultimi mesi, dimostrano come il problema sia generale e per questo si chiede che fra gli ausili sanitari venga fornito un “localizzatore” di persona da rendere “solidale” fin dalla più tenera età, al soggetto autistico (o anche portatore di altre patologie), in modo da favorirne l’accettazione e l’uso più appropriato.
Questo “localizzatore” con GPS – che potrebbe essere un orologio con una chiavetta incorporata – dovrebbe essere facilmente portabile e di facile comprensione e contenere tutte le informazioni cosiddette “in bianco” e atte al riconoscimento (foto, recapito, modalità di comunicazione ecc.) e altre informazioni riservate al personale medico specializzato (cosiddette “in scuro”), accessibili solo attraverso una password (eventuali medicinali, patologie correlate ecc.).
Uno strumento, per altro, che dovrebbe essere solo un piccolo tassello di un “sistema” generale adeguato, con un’opportuna formazione del personale medico (vedi 118), la creazione di corsie preferenziali ai pronto soccorso e negli ospedali in genere, un’adeguata preparazione delle forze dell’ordine che, pur già oberate da molte incombenze, dovranno fare uno sforzo anche per conoscere almeno i principali sintomi dell’autismo e ultima, ma non ultima, un’adeguata preparazione dei genitori affinché adottino trattamenti educativi adeguati e comprovati dalle dottrine scientifiche e in grado di portare il proprio figlio a un grado di autonomia che gli consenta di affrontare anche situazioni non routinarie e fuori dai consueti contesti di vita.
Presidente dell’ANGSA Veneto (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).
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