Gran bel messaggio, “io esisto”!

di Franco Bomprezzi*
«Voglio sottolineare - scrive Franco Bomprezzi - la dignità e la correttezza del messaggio “Io esisto”, scelto da Telethon 2012, la maratona per la raccolta fondi sulla ricerca riguardante le malattie genetiche rare. Perché la disabilità è la conseguenza di queste malattie e il diritto a esistere è un messaggio forte, che lega la battaglia contro le malattie a quella per una vita dignitosa, la migliore possibile»
Campagna "Io esisto" di Telethon 2012
Azzurra, affetta da sindrome di Rett, è una tra i tanti “tesimonial”, bimbi e adulti, della campagna “Io esisto”, lanciata da Telethon 2012

Lo dico subito da giornalista che cerca sempre di valutare, nelle campagne di raccolta fondi, la correttezza del messaggio, la sua efficacia, la sua validità per tutti, non solo per chi riceverà le donazioni dei Cittadini. Questa volta sono rimasto quasi sbalordito dalla semplicità e dalla bellezza dello slogan Io esisto, scelto da Telethon per accompagnare la Maratona 2012, che sta entrando nella sua fase decisiva, abbinata come sempre alla programmazione delle tre reti RAI, ma non solo.
Io esisto, con i volti, le storie, i video dei bambini che convivono con gli esiti di malattie genetiche rare e riaffermano non soltanto un generico diritto a vivere, ma anche una specifica richiesta che si faccia tutto il possibile per arrivare alla cura di patologie che si contano a migliaia, dai nomi spesso impronunciabili.
Io esisto è anche un messaggio che pone correttamente la persona al centro della scena. Non le associazioni, non i medici, non i familiari, che pure sono soggetti fondamentali di questa lunga battaglia.

Seguo personalmente Telethon fin dai suoi esordi in Italia, non solo perché io stesso vivo su di me gli esiti di una malattia genetica fortemente invalidante, come l’osteogenesi imperfetta, ma anche perché per lunghi anni ho cercato di aiutare la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che storicamente ha il merito di avere convinto Susanna Agnelli a portare in Italia la maratona televisiva nata in America, su intuizione di Jerry Lewis. Fu lei, infatti, a convincere la RAI a sposare questa causa, prima per raccogliere fondi destinati alla ricerca solo per le malattie neuromuscolari come le distrofie, e poi, nel tempo, allargando il campo a tutte le malattie genetiche, senza confini del resto impossibili da giustificare.
In questo lungo percorso, la Fondazione Telethon ha saputo rispondere in modo esemplare a due questioni fondamentali: finanziare solo ottima ricerca di qualità (grazie al meccanismo di selezione dei progetti, affidato a una commissione scientifica internazionale di altissimo livello) e rendere conto fino all’ultimo centesimo di come vengono investiti i soldi degli italiani.
Il fundraising di Telethon, in effetti, ha fatto scuola e si conferma ogni anno quasi imbattibile, una “macchina da guerra” organizzata alla perfezione, dal punto di vista scientifico, ma anche della capacità di comunicazione.

Oggi assistiamo alla prima vera edizione multimediale di Telethon, e quindi non soltanto allo show delle reti RAI, che alterna spettacolo a testimonianze, a cortometraggi, ad appelli a contribuire anche solo con un SMS solidale al numero 45507. Telethon è diventata infatti interattiva: massiccio utilizzo dei social network, come Facebook e Twitter, sfruttamento delle potenzialità (ancora quasi inesplorate) dei canali digitali della televisione, come RAI Scuola, che mercoledì ha dedicato due ore di diretta, riuscendo ad avvicinare ai temi della ricerca tanti ragazzi che stanno adesso pensando a come orientare i propri studi universitari.
Il punto è questo. Senza la generosità dei donatori italiani, la ricerca genetica in Italia soffrirebbe i medesimi mali di cui soffre la ricerca scientifica in generale. Telethon riesce a indirizzare fondi mirati su singoli progetti, valorizzando quasi sempre giovani ricercatori italiani che lavorano comunque in centri pubblici o nelle nostre università. Molti sono addirittura tornati in Italia, grazie a questi finanziamenti, invertendo la rotta dell’emigrazione dei cervelli.
I risultati sono confortanti, per un buon numero di malattie. Ma a me oggi preme sottolineare la dignità e la correttezza del messaggio. Niente pietismo, niente colpi sotto la cintura dei sentimenti. Certo, si parla di malattie che comportano conseguenze pesanti per lo sviluppo dell’organismo, non solo dal punto di vista fisico, ma spesso sensoriale e anche intellettivo. La disabilità è la conseguenza di queste malattie. Il diritto a esistere, dunque, è un messaggio forte, che lega la battaglia per sconfiggere le malattie con l’altra battaglia, quella per una vita dignitosa, la migliore possibile.

Non è un caso che questo significato venga colto oggi, nel pieno della crisi che stiamo vivendo, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel suo messaggio scrive: «Devo dire che la parola d’ordine scelta per questa campagna, per questa maratona, Io esisto, è davvero molto bella: significa che non dobbiamo dimenticarci che esistono persone affette da queste temibili malattie genetiche, e non dobbiamo dimenticarci quanto sia penosa la loro esistenza, quanto sia necessario un impegno collettivo delle istituzioni, della società, dei cittadini italiani per sollevarli dalle angosce in cui si dibattono. In modo particolare, dobbiamo sapere che, tra quanti ci ricordano il loro dramma dicendo “io esisto”, ci sono moltissimi bambini la cui esistenza ci è particolarmente cara e la cui necessità di aiuto non può lasciarci indifferenti”.
Ecco appunto. Oggi anche’io, a sessant’anni, posso serenamente e combattivamente affermare: «Io esisto».

Direttore responsabile di Superando.it. Il presente testo – qui riadattato in alcuni punti al diverso contenitore – appare anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “‘Io esisto’, grande messaggio di Telethon”).

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