Sono molto in pensiero per questo 2013. Si comincia malissimo, pensando segnatamente a quella Circolare dell’INPS di fine dicembre [n. 149 del 28 dicembre 2012, N.d.R.], che ha introdotto – per la prima volta – uno “scherzetto malefico” come l’inclusione del reddito del coniuge nel conteggio ai fini del diritto alla pensione di invalidità civile, per gli invalidi civili al cento per cento.
Ne ho già scritto su queste pagine, sperando in una pronta reazione dei benpensanti, e invece, al momento, tutto tace. Mutuando il gergo raffinato del senatore Calderoli, è una vera “porcata”, subdola, scorretta. Perché si insinua in un complesso di norme e di sentenze, apre la strada a quella che potrebbe essere l’interpretazione estensiva dell’ISEE [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.], ai fini della partecipazione alla spesa, esce insomma di slancio dai compiti previdenziali di un Istituto che da tempo si sta distinguendo per i suoi controlli inutili e costosi.
Di più. Non tutti si sono resi conto della beffa nei confronti di chi cerca, nonostante la disabilità, di farsi una famiglia propria, ossia di sposarsi, lasciando il nucleo di origine. Perché di questo stiamo parlando, non di altro. Il cumulo del reddito familiare – collocato in ogni caso a livelli lordi bassissimi, di poco più di 16.000 euro all’anno – viene infatti introdotto solo per il coniuge, non per altri legami parentali diretti, come i genitori. È davvero una decisione inaudita, discriminatoria, sicuramente soggetta a ricorsi a raffica, con ulteriori costi per la Pubblica Amministrazione. Sempre che non venga ritirato il tutto al più presto. Ma il danno morale, intanto, è fatto. Coppie in angoscia, per 270 euro mensili che fanno la differenza fra il sopravvivere e il precipitare verso la povertà. Ma che Paese siamo diventati?
È scattato il coprifuoco morale. Dobbiamo riunirci in segreto dopo il tramonto, per raccontarci, nei rifugi, come era il mondo ai tempi del welfare, manco fosse stato “un Bengodi”. Sappiamo benissimo che ci sono sprechi da contenere, burocrazia da eliminare, doppioni nella spesa e nell’erogazione dei servizi. Ma il problema morale rimane intatto. Non possiamo lottare senza almeno la speranza in un rinsavimento della politica. L’emergenza da spread può durare un anno, al massimo due. Ma il futuro esige il senso del vivere in comune, il senso dello Stato, della comunità, della solidarietà.
I diritti negati, i tagli che continuano a decimare i servizi forniti dai Comuni e dalle Province, la partecipazione alla spesa, di per sé elemento sul quale discutere e ragionare in positivo, che si trasforma banalmente in un’imposta mascherata dalla necessità: stiamo vivendo in questa dimensione che sembra senza via di uscita, anche perché nelle agende delle elezioni facciamo fatica a trovare un’eco competente di quanto qui, in queste pagine, e in generale nel mondo del sociale, viene elaborato da anni con passione e serietà di intenti.
L’aridità morale, che si lega a una dimensione ragionieristica della spesa pubblica, corrisponde perfettamente alle esigenze di un ceto ben preciso del Paese, quello dell’aristocrazia economica, rappresentata egregiamente dal “nuovo che avanza”. Gli Ottimati, che si autoselezionano e si cooptano, in formazioni sparse ma molto esclusive, e si preoccupano soprattutto della sopravvivenza del proprio status di élite apprezzata dalla burocrazia finanziaria europea, sono persino convinti di agire per il Bene Comune. Pensano che le loro ricette rigorose e “riformatrici” alla fine consentiranno una ripresa economica che andrà bene anche per i poveri, i precari, gli anziani, gli immigrati. Decidono Lorsignori per tutti noi, e il disagio è palpabile, evidente, crescente.
Mai come adesso, dunque, occorre fare Rete, quasi una nuova resistenza civile e sociale. Pochi obiettivi, ma condivisi, per sparigliare le carte, e rimettere al centro le Persone. Tutte le persone e non solo i ricchi che piangono.
Direttore responsabile di Superando.it.
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