Un ricorso collettivo sul sostegno: alcune riflessioni

di Salvatore Nocera*
Il ricorso collettivo di tredici famiglie di alunni con disabilità, per ottenere ore di sostegno in deroga, è stato accolto, nel dicembre scorso, dal TAR del Lazio, sulla scia di un’ormai consolidata giusrisprudenza. Ma “non è tutto oro quel che riluce”, soprattutto a livello pedagogico. Vediamo perché, spiegando anche come l’Amministrazione Scolastica potrebbe evitare queste ripetute sconfitte legali

Mano di alunno che cancella alla lavagnaCon la Sentenza n. 10108/12, depositata il 4 dicembre scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha accolto un ricorso collettivo di tredici famiglie, riconoscendo il diritto a tutti delle ore in deroga per il sostegno, data la gravità della disabilità e la specificità delle stesse. In via preliminare, è stata rigettata l’eccezione avanzata dall’Amministrazione Scolastica circa l’inesistenza del pericolo di ritardo nell’assegnazione delle ore in deroga: il Tribunale, infatti, ha ritenuto che le minori ore assegnate risultassero già chiaramente dai verbali del GLH (Gruppo di Lavoro Handicap) d’Istituto.

Questi, nel dettaglio, i contenuti dei cinque motivi di ricorso presentati dalle famiglie:
1. violazione delle norme costituzionali sui diritti fondamentali della persona e sul diritto allo studio degli alunni con disabilità, materia ampiamente coperta da Sentenze della Corte Costituzionale, a partire dalla 215/87;
2. violazione degli articoli della Legge 104/92 che sanciscono il diritto allo studio e al sostegno didattico degli alunni con disabilità, materia, anche questa, ampiamente coperta da Sentenze favorevoli sia da parte dei TAR che del Consiglio di Stato;
3. violazione della Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, che ha annullato i commi 413 e 414 dell’articolo 2 della Legge 244/07, nella parte in cui vietavano la possibilità di assegnazione di ore di sostegno in deroga, oltre il tetto massimo medio nazionale di un posto ogni due alunni con disabilità;
4. violazione della Legge 449/97, che con l’articolo 40, consente alle istituzioni scolastiche autonome la stipula di contratti a tempo determinato, proprio per l’assegnazione di ore di sostegno in deroga;
5. violazione dell’articolo 9, comma 15 della Legge 122/10, che – sempre a seguito della citata Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale -, consente l’assegnazione di ore di sostegno in deroga, con rapporto anche di 1 a 1 per i casi di grave disabilità, proprio nel rispetto della tutela delle «effettive esigenze» di ciascun alunno, fissato dall’articolo 1, comma 605, lettera b della Legge 296/06.

Osservazioni
Il TAR del Lazio ha accolto espressamente gli ultimi tre motivi del ricorso, ritenendo probabilmente ormai consolidata la giurisprudenza a favore dei primi due.
Da dire poi che l’azione collettiva consente una riduzione delle spese per ciascun ricorrente rispetto alle azioni individuali. Sembra però erroneamente motivata la decisione da parte del Tribunale di compensare le spese, giustificandola con «la delicatezze delle questioni trattate». Nel gergo giurisprudenziale, infatti, “delicatezza” significa la complessità o la novità di una questione. Ora, nel caso di specie, non crediamo si tratti né di complessità né di novità, dal momento che, come appena detto, sui primi due motivi di ricorso la giurisprudenza favorevole – anche costituzionale – risale addirittura agli Anni Settanta e Ottanta, e anche sugli altri tre motivi si è già formata, in questi ultimi tre anni, un’ampia giurisprudenza, da parte pure del Consiglio di Stato.

A livello pedagogico, invece, lascia perplessi l’esclusiva insistenza sia del ricorso che della decisione sul sostegno come «unica risorsa per l’integrazione scolastica». La storia e la prassi dell’integrazione in Italia hanno infatti messo in luce che il sostegno non è né l’unica né la più importante risorsa per l’integrazione, costituita invece dalla presa in carico del progetto di inclusione scolastica da parte di tutto il Consiglio di Classe, compreso quindi anche l’insegnante per il sostegno.
Purtroppo, però, ciò presuppone due condizioni che si erano realizzate agli inizi del processo di integrazione, nel periodo tra la fine degli Anni Sessanta e gli Anni Settanta, vale a dire un aggiornamento costante dei docenti curricolari sulle strategie didattiche da adottare e un basso numero di alunni nelle classi ove fossero presenti studenti con disabilità. Ciò ha consentito che i docenti curricolari si sentissero responsabili dell’inclusione nella classe degli alunni con disabilità come alunni propri, al pari dei loro compagni non disabili. E tuttavia, con l’andar del tempo, queste due condizioni sono venute meno, producendo una vera e propria “deriva” della delega ai soli docenti per il sostegno e la stessa Legge 104/92 (articolo 12, comma 5) non sembra avere esplicitato questi orientamenti, dal momento che nella composizione del gruppo di lavoro (GLHO) che formula il PEI (Piano Educativo Individualizzato), prevede espressamente solo la presenza dell’insegnante specializzato per il sostegno. È stato infatti necessario esplicitare il principio della presa in carico da parte di tutti i docenti curricolari, nel regolamento applicativo di tale norma, e cioè nell’articolo 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 24 febbraio 1994.
Di conseguenza, tutti gli avvocati – pressati dalle famiglie che lamentano l’abbandono a se stessi dei propri figli con disabilità, quando manca l’insegnante per il sostegno – hanno fatto e fanno ancora leva su questa «unica risorsa» e ottengono vittoria. Né le obiezioni dell’Amministrazione Scolastica, che i tagli alla spesa non consentano le deroghe, hanno potuto fermare la Magistratura la quale, correttamente, sulla base di una costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha dichiarato che il diritto all’integrazione scolastica, costituzionalmente garantito, non può essere affievolito o annullato dai necessari tagli ai bilanci pubblici.
Pertanto, affinché l’Amministrazione Scolastica possa evitare questa serie interminabile e crescente di sconfitte sull’assegnazione delle deroghe alle ore di sostegno, è indispensabile che essa realizzi le due condizioni sopra indicate, ovvero da un lato una formazione iniziale e obbligatoria in servizio sulla didattica dell’inclusione scolastica, nei confronti di tutti i docenti curricolari che abbiano in classe alunni con disabilità, dall’altro il rispetto del tetto massimo di venti-ventidue alunni, nelle classi ove siano presenti studenti con disabilità, norma fissata dagli articoli 4 e 5, comma 2 del DPR 81/09.
Alla luce di tutto quanto detto, per altro, sembrano astratte e fuorvianti le ipotesi circolanti di riduzione o abolizione del numero di docenti per il sostegno ai singoli alunni con disabilità, avanzate ad esempio dall’Associazione TreeLLLe anche nel corso di un recente convegno organizzato il 6 dicembre dal Ministero dell’Istruzione.

A nostro parere, infine, non sembra incoraggiante, per le famiglie, la prassi di rinunciare al risarcimento dei danni al fine di ottenere immediatamente una Sentenza Breve. Infatti, rinviando ad altra data la decisione della Sentenza di merito su questo punto, si potrebbe ottenere subito la sospensiva, che immediatamente produrrebbe gli stessi effetti richiesti con urgenza dalle famiglie circa le ore di sostegno in deroga, ma si potrebbe avere in seguito anche una decisione positiva sul risarcimento dei danni, che ormai da tempo vengono riconosciuti anche quando non patrimoniali.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo è il riadattamento di una scheda apparsa anche nel sito dell’AIPD.

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