Si intitola La sessualità della donna con disabilità fisica: una ricerca empirica sul territorio nazionale la tesi di laurea in Psicologia Clinica discussa presso l’Università della Valle d’Aosta lo scorso dicembre da Laura Elke D’Apolito, un lavoro – supportato anche da Superando.it – che le ha permesso di concludere il suo percorso di studio con il massimo dei voti e la lode.
Ci complimentiamo con Laura per gli ottimi risultati conseguiti, e approfittiamo della sua disponibilità per conoscere meglio i contenuti e i risultati di questo studio.
Come nasce l’idea di indagare la sessualità della donna con disabilità, e perché ha scelto di circoscrivere l’area d’interesse alle sole donne con disabilità fisica?
«Durante l’anno di Servizio Civile Nazionale, sono stata in contatto con molte persone con disabilità ed è stata un’esperienza importante e profonda, perché mi ha permesso di conoscere da vicino le problematiche di chi vive con una disabilità fisica. Quando è giunto il momento di scegliere l’argomento per la mia tesi di laurea, ho spiegato alle persone conosciute in associazione che volevo fare una ricerca, ma volevo anche essere – per quanto possibile – utile e per questo ho chiesto loro quali fossero le problematiche che sentivano più vicine e meno esplorate. È uscito fuori il tema della sessualità, un diritto molto spesso non riconosciuto. Così ho iniziato a esplorare questa tematica, soprattutto attraverso lavori fatti all’estero, e man mano che studiavo il campo, si ampliava sempre di più, consentendomi effettivamente di scoprire l’esistenza di un mondo vasto e inesplorato. Ho dovuto quindi circoscrivere l’oggetto di ricerca, decidendo di indagare soltanto la disabilità fisica e solamente un genere, perché penso che la sessualità dell’uomo e della donna siano vissute in modo diverso e non siano paragonabili tra loro. Dovendo scegliere, da donna, ho deciso di indagare il mio genere perché è stato da sempre quello di minor interesse, maggiormente difficile da indagare e più silenzioso».
Quali sono gli obiettivi specifici di questa indagine?
«L’intento dello studio è stato quello di indagare alcuni aspetti della vita sessuale delle donne con disabilità fisica, argomento ancora troppo poco esplorato, se rapportato all’importanza che ricopre nella vita delle donne con disabilità e dei/delle loro partner. Attraverso questa ricerca, ho cercato quindi di portare alla luce alcune delle differenze e dei punti di contatto della sessualità della donna con disabilità, confrontandola con quella di un gruppo di donne normodotate».
La ricerca empirica è stata realizzata attraverso un campione a cui è stato sottoposto un questionario. Come era composto questo campione? Quando e come sono state effettuate le rilevazioni?
«Il questionario è stato pubblicato online e, attraverso la condivisione del link, è giunto alle donne di tutta Italia. Per questa ricerca sono stati analizzati i dati delle donne che hanno risposto entro il primo mese di pubblicazione, tra il mese di settembre e quello di ottobre del 2012, ma il questionario è ancora disponibile online e i dati saranno integrati in seguito per ulteriori approfondimenti.
Per la mia tesi sono state analizzate le risposte di 352 donne con un’età media di 33 anni. Il campione totale è stato in seguito suddiviso in due grandi gruppi, che comprendono donne con disabilità, composto da 120 soggetti (34,1%), con un età media di 39,5 anni, e donne normodotate, composto da 223 soggetti (63,3%), con un’età media di 29 anni».
Da un punto di vista statistico, i dati rilevati possono considerarsi rappresentativi della popolazione di riferimento?
«Essendo un lavoro di ricerca finalizzato alla tesi ed essendo di carattere esplorativo, non si è ritenuto necessario costruire un campione rappresentativo della popolazione italiana, accontentandosi di svolgere il campionamento attraverso le reti sociali. Nonostante ciò, le associazioni e le persone che mi hanno aiutato mi hanno permesso di disporre di un campione che – pur essendo limitato rispetto alla vastità della popolazione italiana – può considerarsi nella media, rispetto a studi che hanno esplorato simili tematiche».
Tra le diverse disabilità fisiche, quali erano presenti nelle donne che hanno collaborato all’indagine?
«Le patologie più frequenti in questo gruppo di donne sono state la lesione al midollo spinale (20,8%), la distrofia muscolare (15%), la spina bifida (10%), la paralisi cerebrale (8,3%), la poliomielite (8,3%), le artriti (4,2%), l’osteogenesi imperfetta (3,3%), la sclerosi multipla (3,3%), l’acondroplasia (0,8%), l’amputazione (0,8%), il trauma cerebrale/cranico (0,8%) e l’atrofia muscolare spinale (0,8%), mentre il 23,3% ha dichiarato di avere un’altra patologia rispetto a quelle elencate nel questionario.
Per quanto riguarda la durata della disabilità, delle 119 donne con disabilità che hanno risposto alla domanda, il 38,7% ha dichiarato di avere la patologia dalla nascita, il 24,3% da meno di dieci anni e il 37% da più di dieci anni. Prendendo in considerazione la possibilità di deambulare, hanno risposto 116 donne con disabilità: il 64% ha dichiarato di utilizzare una sedia a rotelle, il 25% di riuscire a deambulare con l’aiuto di ausili e il 15% di non avere difficoltà a deambulare».
All’indagine hanno preso parte sia donne con disabilità, sia altre donne. In riferimento ai dati raccolti, quali sono le differenze e quali le similitudini più importanti riscontrate nei due gruppi?
«A tutte le donne è stato sottoposto un identico questionario e questo ci ha permesso di avere anche le medie delle donne senza disabilità, per poter fare un confronto e capire se esistono delle differenze e in quali aspetti. In particolare, in questa ricerca sono state indagate cinque sottoscale del The Multidimensional Sexual Self-Concept Questionaire (ansia sessuale; monitoraggio sessuale; motivazione sessuale; soddisfazione sessuale; depressione sessuale) e due sottoscale (evitamento del proprio corpo; preoccupazione per l’immagine corporea) del Body Uneasiness Test. I risultati ci hanno rivelato che effettivamente esistono delle differenze nel modo di vivere la sessualità nei due gruppi di donne, in quattro delle cinque dimensioni sessuali valutate e nelle due sottoscale che valutano il disagio del proprio corpo. Per quanto riguarda le medie confrontate dei due campioni, mostrano un più alto punteggio – per le donne con disabilità – alle sottoscale ansia sessuale, monitoraggio sessuale e depressione sessuale e un più basso punteggio alla sottoscala soddisfazione sessuale. Rimangono invece pressoché invariate le medie alla scala motivazione sessuale.
Questi dati sottolineano come, pur essendoci delle condizioni di ansia e depressione, la motivazione alla vita sessuale rimanga identica a quella delle donne senza disabilità, facendo risaltare la normalità di questo aspetto anche nelle donne con una disabilità fisica che, come già dimostrato in studi precedenti, non dimostrano una diminuzione dell’interesse verso la sessualità».
Quali sono, in sintesi, i risultati più significativi di questa indagine?
«Ritengo che il dato più importante e significativo sia che per tutte le donne sia presente un’identica motivazione sessuale. La motivazione sessuale è stata definita come il desiderio di essere coinvolti in una relazione sessuale, e non a caso il desiderio è la prima delle quattro fasi del comportamento sessuale; senza la motivazione, infatti, sarebbe inutile andare avanti nella ricerca su questa strada. Questo dato è importante, anche perché va ad attaccare quell’immagine che la società ha della fisicità delle donne con disabilità, ovvero di un corpo asessuato o da non amare, una visione che crea ulteriori ostacoli a una donna con disabilità nel vivere la propria sessualità.
Mi rendo conto che non è sempre possibile eliminare le condizioni di disabilità fisica, e soprattutto non è questa la mia formazione, ma al termine di questo mio percorso di studi, ritengo che sia necessario impegnarsi per migliorare quanto più possibile la qualità della vita dell’individuo anche nell’ambito sessuale».
Ha incontrato difficoltà o resistenze nel condurre questa indagine? E se sì, di quale tipo?
«La difficoltà maggiore è stata progettare la ricerca, perché non essendo stati effettuati studi scientifici in Italia, non esisteva uno strumento, una teoria su cui basarsi, un modello da seguire. Quindi, dopo lo studio della letteratura scientifica, si è ritenuto necessario interpellare donne con disabilità, al fine di comprendere meglio quali aspetti avessero influenzato maggiormente la loro vita sessuale e indagare – attraverso una considerazione qualitativa – le diverse dimensioni della sessualità da approfondire. Per quanto riguarda la diffusione del questionario, invece, ho trovato molta disponibilità sia da parte delle associazioni, sia da parte di singoli individui».
Chi volesse consultare questo lavoro, dove può reperirlo?
«Attualmente stiamo lavorando per pubblicare il lavoro su riviste scientifiche specializzate e per renderlo di facile consultazione tramite supporto cartaceo ed e-book, quindi non bisognerà attendere molto prima di poterlo consultare».
La presente intervista è già apparsa nel sito del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con il titolo “La sessualità della donna con disabilità fisica: una ricerca empirica sul territorio nazionale”, e viene qui ripreso, con alcuni lievi riadattamenti al contesto, per gentile concessione.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: lauraelke.dapolito@gmail.com.
Il Gruppo Donne UILDM
14 eventi e altrettante pubblicazioni della collana Donna e disabilità, tantissimi articoli, interviste, recensioni, adesioni a campagne ecc., organizzati per temi, varie segnalazioni di film attinenti alle donne disabili, centinaia di segnalazioni bibliografiche e di risorse internet schedate: è questa la produzione del Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che costituisce certamente una delle esperienze più vive e interessanti – nel campo della documentazione riguardante la disabilità – avviata nel 1998 in modo informale.
Gli obiettivi originari erano da una parte quello di raggiungere le pari opportunità per le donne con disabilità, attraverso una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti, dall’altra cogliere la “diversità nella diversità”, riconoscendo la specificità della situazione delle donne disabili.
Poi, nel corso degli anni, il Gruppo ha cambiato in parte il proprio ambito d’interesse, oltre a non essere più composto da sole donne e a non occuparsi esclusivamente di questioni femminili. La stessa disabilità è diventata uno dei tanti elementi in un percorso di integrazione e di apertura su più fronti.
Nel 2008, per festeggiare il suo decimo “compleanno”, il Coordinamento del Gruppo Donne (composto attualmente da Francesca Arcadu, Annalisa Benedetti, Valentina Boscolo, Oriana Fioccone, Simona Lancioni, Francesca Penno, Anna Petrone, Fulvia Reggiani e Gaia Valmarin) ha deciso di investire di più in informazione e in documentazione, recuperando i suoi obiettivi originari, senza rinunciare all’apertura quale tratto distintivo. E così – come in un laboratorio – è iniziato un lavoro finalizzato a organizzare e rendere fruibili, attraverso il proprio spazio internet, le informazioni che circolano all’interno del Coordinamento stesso.
Un importante, ulteriore salto di qualità, infine, si è avuto con la creazione di un repertorio (VRD – Virtual Reference Desk), che raggruppa le varie risorse fruibili in internet (in lingua italiana) di e su donne con disabilità.
Nel 2011 il Gruppo Donne UILDM ha anche ricevuto da Decima Musa Caravaggio (Associazione Culturale Europea-Compagnia Teatrale) il Premio Decima Musa «per il valore di un’attività finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità, che sottolinea e affronta il problema specifico e la situazione delle donne disabili».
Il Gruppo Donne UILDM è anche su Facebook.
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