Bambini con diverse disabilità legati strettamente a fetide brande, che non hanno mai potuto abbandonare dalla loro nascita. Un ragazzo di sei anni che ha provato a tagliarsi un orecchio mentre era legato ad una sedia. Un’adolescente che ha tentato di togliersi gli occhi, mentre lo staff dell’ospedale psichiatrico stava lì a guardare senza fare nulla.
Vere e proprie scene di orrore quotidiano catalogate in un rapporto diffuso nei giorni scorsi dall’MDRI (Mental Disability Rights International), un gruppo per i diritti umani con sede negli Stati Uniti che ha denunciato il sistematico abuso sui pazienti con disabilità intellettiva negli ospedali psichiatrici e negli istituti della Serbia.
Il ministro serbo della Salute Tomica Milosavljevic ha dichiarato di non aver letto il rapporto, ma ha ammesso che l’assistenza psichiatrica ha continuato a languire nel suo Paese, mentre quest’ultimo lottava per risollevarsi dalle varie guerre civili succedutesi negli anni Novanta.
Egli ha però sottolineato che il documento non sembra tenere nella dovuta considerazione i progressi fatti in Serbia dal 2000 in poi per migliorare le condizioni degli ospedali psichiatrici. «Non voglio dire – ha precisato Milosavljevic – che tutto sia ideale, ma non penso che i problemi illustrati nel rapporto illustrino la situazione reale».
E del resto quanto denunciato non può essere verificato indipendentemente, poiché ad esempio l’«Associated Press», la rete internazionale di agenzie di stampa, non ha ricevuto l’autorizzazione a visitare gli istituti di cui si parla.
Sembra che il pessimo trattamento riservato alle persone con problemi psichici si sia manifestato in tutta la sua chiarezza dopo che l’autocrate presidente Slobodan Milosevic venne rovesciato nel 2000 a seguito di una rivolta popolare. Infatti, durante gli undici anni di “regno” di Milosevic, gli standard delle cure sanitarie sono letteralmente crollati, con i finanziamenti governativi dirottati principalmente verso le spese di guerra in Croazia, Bosnia e Kosovo.
Anche oggi, per altro, il rapporto dell’MDRI attribuisce gli abusi e le negligenze alle limitatezze di organico e agli scarsi finanziamenti ricevuti dagli ospedali. E questo potrebbe rappresentare un passo indietro per la regione dei Balcani nel suo tentativo di entrare nell’Unione Europea.
Dal canto suo il ministro serbo degli Affari sociali Rasim Ljajic non ha discusso quanto riportato negli allegati del rapporto, ammettendo egli stesso che «quando visito questi posti non riesco a dormire per tre giorni». Ljajic ha ordinato inoltre che uno degli istituti citati nel rapporto smetta di accettare altri bambini, in quanto vi si trovano già più di cinquecento pazienti «severamente ritardati» (sic!).
Pur riconoscendone i meriti, Ljajic ha però bollato il documento come «malevolo», in quanto «non porterebbe alla soluzione del problema». Lo stesso semplice titolo del rapporto – Tormento non Trattamento – suggerisce, secondo il ministro, che qualcuno voglia intenzionalmente torturare i pazienti e questo «è assolutamente falso e inaccettabile».
A difesa del lavoro svolto dall’MDRI, Eric Rosenthal, che ne è direttore esecutivo, ha dichiarato che l’intenzione non era quella di accusare qualcuno di comportamenti sbagliati, ma esclusivamente di eveidenziare determinati problemi. «Il nostro è un messaggio di speranza sul fatto che il governo serbo possa immediatamente apportare dei cambiamenti che modifichino questa situazione inaccettabile».
Altri esponenti del gruppo hanno poi dichiarato di voler inviare il rapporto all’Unione Europea, alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni, affermando anche che le condizioni degli ospedali psichiatrici serbi sono state certamente migliorate grazie ai contributi di donatori stranieri, ma che resta ancora molto da fare «per risolvere i seri problemi di diritti umani per 18.000 pazienti».
«Mangiano, vanno al bagno e muoiono in queste brande», ha raccontato Laurie Ahern, ispettore dell’MDRI, illustrando un grafico sui pazienti e sulle condizioni degli istituti serbi. «Legare una persona e lasciarla in un letto per tutta la vita equivale a torturarla», ha aggiunto Eric Rosenthal.
«Ho guardato in una branda e ho visto un bimbo che sembrava avere sette o otto anni – ha dichiarato un altro ispettore – ma l’infermiera mi ha detto che ne aveva ventuno e che era nell’istituto da undici. Le ho chiesto da quanto non scendesse dal letto e lei mi ha risposto: mai, mai in undici anni».
Laurie Ahern ha aggiunto che il ragazzo – con sindrome di down e problemi di comunicazione – riceve regolarmente visite dalla madre. «Quando la madre va a trovarlo, nei suoi occhi ci sono le lacrime perché vorrebbe riportare il figlio a casa con sé, ma non ha i mezzi per farsene carico».
Il rapporto ha registrato con chiarezza come molti dei bambini tentino incessantemente di farsi del male da soli, comportamenti di fronte ai quali è comunemente accettato l’uso di restrizioni fisiche.
L’MDRI auspica infine che alcuni degli istituti della Serbia possano essere chiusi quanto prima e che i loro pazienti possano essere supportati nell’accesso all’istruzione, al lavoro, ad avere un alloggio decente e sicuro e a vivere insieme a parenti e amici.
Un’annotazione conclusiva, ma non certo consolante. Sembra proprio che la Serbia non sia la sola a violare in questo modo i diritti delle persone con disabilità intellettive. L’MDRI, infatti, ha già realizzato documenti analoghi sulle situazioni in Kosovo, Romania, Russia, Turchia, Ungheria e, oltreoceano, in Argentina, Messico, Peru e Uruguay.
(Giuliano Giovinazzo)
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