Hanno colpito ancora, adesso, eravamo impreparati, incoscienti, presi da mille stupide cose, e improvvisamente strappati all’inutilità e precipitati nella follia di un gesto studiato meticolosamente, costruito con i mezzi che ora si trovano anche navigando in Rete.
Figli dell’odio, capaci di odiare chi non conosci, chi non ti appartiene, ma pur sempre esseri umani che ti sfiorano, ti alitano accanto, sembra che condividano persino le tue passioni, il desiderio di festa, di corsa, di libertà.
Dobbiamo odiare l’odio, con tutte le forze. È il nemico che ci corrode, ci esaspera, entra sottile nelle nostre coscienze, striscia nel fango delle megalopoli o delle periferie degradate, si alimenta di ingiustizie e di marginalità, si affanna a trovare spiegazioni che giustifichino, che rendano degno il gesto estremo. È un nemico terribile, orrendo, perché l’odio annienta qualsiasi ragionamento sul bene, sulle cose banali e umili da fare ogni giorno, sui progetti e sulle speranze, sulla pace e sul futuro.
Figli dell’odio crescono ovunque, e si manifestano in mille forme altrettanto odiose. Alcune le riconosciamo perché ci toccano da vicino, e ci stupiscono perché non siamo strutturalmente in grado di coglierne il senso, l’asprezza, l’assurdità, la mancanza di ragioni.
L’odio spesso si trasforma in autodistruzione, in rinuncia al contenitore dei nostri sentimenti, quell’unico corpo che abbiamo a disposizione per essere partecipi del mistero di questa esistenza che ci è stata donata, ma che nella nostra stupida presunzione di umani crediamo ci spetti senza regole, senza condivisione del miracolo e del dono.
L’odio esplode a Boston, ma colpisce anche noi qui, rimbalza su Twitter, su Facebook, su YouTube, si sparge in mille ruscelli avvelenati, che vengono da pozzi ancor più avvelenati e alimentati da altro odio, feroce e freddo, gelido come il sibilo di un diavolo che ti fa ombra, mentre cerchi la luce e il sole di un sorriso umano, di un volto da amare.
L’odio di Boston che allontana anche noi da discorsi civili, da temi che ci interrogano ogni giorno qui e adesso, per dare risposte plausibili, precarie, ma concrete a chi urla per paura e per abbandono, ma ancora non è arrivato a odiare.
Questo odio imbecille e vigliacco cresce grazie alla nostra civiltà che rimbalza le immagini in tempo reale e le amplifica, ripetendole all’infinito come un mantra della disperazione improvvisa, del sangue che schizza, delle carrozzine spinte di corsa per allontanarsi dall’epicentro del martirio.
I figli dell’odio, senza dirlo, si baloccheranno a lungo con quelle immagini, già pensando di progettare nuove “stupende” imprese, magari altrove, lontano mille miglia, quando la paura comincerà fisiologicamente a scendere.
Dobbiamo odiare l’odio con tutte le nostre forze. Con amore.
Direttore responsabile di Superando.it.
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