Ma chi ha veramente a cuore lo sviluppo del tessuto imprenditoriale in Sicilia e rappresenta soluzioni concrete per garantirlo? Ci troviamo infatti in una fase davvero critica per la nostra Terra e non vediamo scelte politico-istituzionali che aiutino concretamente le imprese a scommettere e ad investire in Sicilia. La politica, gli organismi di rappresentanza datoriale e sindacale, le banche, i burocrati e quanti altri hanno in mano le leve del potere non stanno dando segnali precisi di accelerazione e di semplificazione delle politiche di sviluppo. A causa di ciò, le imprese muoiono di burocrazia e di mancato accesso al credito, annaspano dietro leggi obsolete o inique e vi è la necessità di dare una svolta precisa in alcune direzioni chiave.
Senza lavoro e senza sviluppo produttivo, non c’è futuro
Oggi il problema delle imprese che ancora credono a un futuro è la malaburocrazia e, in conseguenza di ciò, il difficile accesso al credito. Capiamo che è complicato credere “a priori” nella bontà di un’impresa, ma non si può pensare che l’impresa debba attendere tempi indefiniti per far partire un progetto di sviluppo o accumulare crediti senza certezza di tempi di pagamento.
Occorre allora una scelta di campo, occorre che il Governo decida di credere nel tessuto imprenditoriale, metta in campo strumenti seri sul fronte dell’accelerazione delle procedure (con tutti i controlli a posteriori necessari), dell’aiuto allo start up [“ripartenza”, intesa in senso lato, N.d.R.] giovanile, del credito d’imposta, dei tempi di pagamento certi. Non servirà allora aiutare le imprese nell’accesso al credito, perché nella contrattazione con le banche saranno forti delle certezze di cui sopra. Inoltre, credere nell’impresa genera lavoro e propone un modello meritocratico di sviluppo e mai più assistenziale.
Anche nel settore formativo occorre puntare prioritariamente sulla capacità delle imprese di fare formazione continua, sbloccando i fondi in questa direzione (Legge 236/93 [“Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione”, N.d.R.]).
La povertà
Mentre si ricostruisce un tessuto produttivo, occorre però arginare la povertà dilagante e la Regione ha bisogno di puntare sul welfare solidaristico che funziona, che è capace di costruire reti di protezione sociale, che anima processi di inclusione socio-lavorativa.
In Sicilia c’è una concreta e cospicua presenza di reti di welfare, che va sostenuta per progetti mirati e concreti (senza dare soldi a pioggia, dato che poi la pioggia con il sole si asciuga e scompare…). La sperimentazione di progetti di rete sulla povertà, che ha messo in campo esperienze ecclesiali e laiche, così come la positiva esperienza del microcredito, sono modelli da perseguire e implementare.
Politiche socio-sanitarie
Da anni ci battiamo perché in Sicilia si riconosca il valore della persona, portatrice di bisogni e titolare di diritti esigibili. L’attuale sistema sociale e sanitario lascia moltissime persone prive di servizi e incapaci di tutela. Manca, per le persone e le famiglie fragili, la concreta possibilità di ottenere una risposta certa a una domanda di tutele.
Alla Commissione Bilancio dell’Assemblea Regionale Siciliana, ho presentato – in qualità di Garante [Garante per la Persona con Disabilità, N.d.R.] – un articolo per la costituzione di un fondo per la disabilità, un concetto molto articolato per dare certezza dell’esigibilità dei diritti.
Per tornare a quanto detto inizialmente, non sappiamo ancora quanto si potrà resistere e non certo perché le imprese siciliane non sappiano stare sul mercato, bensì perché si vuole mantenere un’idea di “Terra del sottosviluppo”, dell’illegalità, del collateralismo, così da poter continuare a far finta di porgere la mano in segno di aiuto e sorprendersi perché aumentano i fenomeni di povertà, di microcriminalità, di usura, di suicidio.
La crisi delle imprese mette in crisi le persone e non sappiamo fino a quando potrà amministrarsi una “politica dello stipendio” e non già del lavoro, mantenendo l’ampia platea di cittadini che ricevono lo stipendio precario dalla Regione, dai Comuni, dalle Partecipate e dalle Municipalizzate, dalle aziende pubbliche, dagli Enti finanziati dalla Regione.
Mentre dunque vediamo spegnersi la speranza nelle persone e ricordando sempre che il capitale umano è la leva più importante per la crescita di un popolo e di un territorio, riteniamo che queste sintetiche riflessioni – scritte nell’esclusivo bene della Sicilia – meritino segnali evidenti di risposta e non solo proclami.
Presidente della Fondazione Èbbene di Catania, struttura autonoma dedicata ad attività di servizio e di solidarietà sociale.
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