Da quando è entrato in carica il Governo Letta, mi domando quale sarà il destino delle politiche sulla disabilità. Si discute infatti sempre di più di parità di genere, di integrazione etnica, ma non di disabilità.
Mi fa piacere che nella compagine del nuovo Governo vi sia il ministro all’Integrazione Cécile Kyenge: costruire una società multietnica dev’essere senz’altro una delle priorità del nostro Paese. E noto anche la presenza del ministro Josefa Idem, destinata a occuparsi di pari opportunità, sport e politiche giovanili. Grande assente, però, è ancora una volta la disabilità. E se poi tra i temi “caldi” del Paese, vi sono le tasse, le imprese, il lavoro, il femminicidio e i reati commessi da immigrati, anche qui la disabilità è una questione “invisibile”.
Credo che il tema della disabilità dovrebbe assumere maggiore visibilità anche a livello istituzionale – non sta a me dire se dovrebbe esserci un Ministero apposito oppure no, certo aiuterebbe -, così come avviene in altri ordinamenti.
Su un altro versante, noto come faticosamente sia emersa l’importanza del tema della parità di genere, unitamente a quello dell’integrazione (che mi piacerebbe sentir definire inclusione) dei migranti. Tutto ciò è positivo e tuttavia rilevo che le persone con disabilità restano sempre le più marginalizzate e invisibili tra i “soggetti deboli” e utilizzo questo termine non per evidenziare una loro “carenza strutturale”, ma perché questi cittadini sono effettivamente resi più deboli degli altri dalla presenza di ostacoli alla partecipazione alla vita della comunità.
Eppure, uno dei motivi che portò all’adozione della Convenzione ONU del 2006 sui Diritti delle Persone con Disabilità fu proprio quello di ovviare all’“ invisibilità” del tema disabilità nel contesto dei diritti umani. L’Italia ha fortemente voluto quel Trattato Internazionale e figura tra i primi firmatari. Tuttavia non riesce né ad occuparsi della disabilità nelle politiche ordinarie, né a far sì che i temi legati alla condizione delle persone con disabilità possano trovare un luogo istituzionale di trattazione, come accade, invece, per le tematiche di genere o per quelle legate all’immigrazione.
L’Unione Europea ha una Strategia sulla Disabilità 2010-2020 (Un rinnovato impegno per un’Europa senza barriere), ma qual è la strategia italiana sulla disabilità e sull’attuazione della Convenzione ONU? Certo, esistono singole iniziative, tavoli di lavoro, commissioni ad hoc, ma manca – purtroppo – una sede unitaria di coordinamento che sia riconoscibile dai cittadini come l’Ufficio deputato a occuparsi del tema disabilità. E manca anche un dibattito pubblico che sia adulto e consapevole. La disabilità, insomma, resta ancora un tema “di nicchia”, per associazioni e addetti ai lavori.
Il risultato di tutto ciò? Che non abbiamo una politica della disabilità e che tra i luoghi migliori in cui si sviluppa il dibattito sul tema, vi è il blog del «Corriere della Sera», denominato proprio InVisibili! Ironia della sorte o segnale inquietante?
Avvocato. Dottore di Ricerca in Diritto Civile.
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