Il significato di quel Piano per l’Inclusività

di Salvatore Nocera*
Oltre a fissare le date entro cui dovrà essere approvato, una Nota Ministeriale dei giorni scorsi approfondisce, in modo assai utile, il significato del Piano Annuale dell’Inclusività (PAI), che «non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa realmente contribuire a creare un contesto educante, dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”»

Ragazzi di scuola media in classeL’attuale normativa per la scuola prevede come strumento programmatorio la formulazione del Piano Annuale per l’Inclusività (PAI o Piano delle Attività Inclusive), che dev’essere predisposto dal Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) e approvato dal Collegio dei Docenti.
In sostanza, esso deve annualmente individuare gli aspetti di forza e di debolezza delle attività inclusive svolte dalla scuola e quindi predisporre un piano delle risorse da offrire (e richiedere) a soggetti pubblici e del privato sociale, per impostare, in vista dell’anno scolastico successivo, una migliore accoglienza degli alunni che richiedono particolare attenzione e di quelli con diversi Bisogni Educativi Speciali. Il documento dev’essere parte integrante del Piano dell’Offerta Formativa (POF), del quale è quindi la premessa.
Per questo, nei mesi scorsi, la Circolare Ministeriale 8/13 ha previsto che il PAI debba essere approvato annualmente entro giugno. E tuttavia – alla luce della brevità di tempo intercorrente tra la data di emanazione della Circolare 8/13 (8 marzo scorso) e quella di redazione e approvazione del primo PAI, in molte scuole si è prodotta una forte resistenza per la sua formulazione, recepita e fatta propria anche dalle forze sindacali, ciò che ha costretto il Ministero a diramare nei giorni scorsi una specifica Nota (Protocollo n. 1551, del 27 giugno 2013), con la quale si demanda ai singoli Uffici Scolastici Regionali la fissazione della data entro la quale il PAI dovrà essere approvato e inviato agli stessi.
Nella stessa Nota, inoltre, si precisa che l’anno scolastico 2013-2014 sarà dedicato alla sperimentazione del PAI e alla raccolta da parte del Ministero delle esperienze migliori.

Il documento citato è importante perché approfondisce nel modo seguente il significato di programmazione didattica del PAI. Vi si scrive infatti che quest’ultimo «non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”» [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
La Nota Ministeriale precisa altresì che il PAI non è un piano «per i soli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES)», riguardando invece la programmazione generale della didattica della scuola, al fine di favorirne la crescita nella qualità dell’offerta formativa.
In questa migliore luce chiarificatrice, quindi, il documento ben si colloca – a parere di chi scrive – nel quadro dell’autovalutazione e valutazione della qualità della scuola, che dovrà realizzarsi a seguito dell’approvazione del Decreto Legislativo 13/13.

Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

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