Gli ultimi sette anni di Governo, per le persone con disabilità sono stati anni di aspettative regolarmente disattese. Una lettura del fallimento della politica parlamentare in relazione alle persone con disabilità richiede un’analisi che corre il rischio di ricorso all’antipolitica: parliamo infatti di persone e famiglie emarginate fino alla segregazione più disumana e, in questa condizione, è fin troppo facile contrapporre la “casta” ai cittadini e alla società civile, tanto da far nascere qualche sospetto verso le derive qualunquiste.
Nelle persone con disabilità e nelle loro famiglie, invece, la sensazione di sfiducia nella politica parlamentare talvolta assume i connotati di rinuncia all’istanza di inclusione sociale. Ritorna l’idea di farsi risarcire «al solo titolo della menomazione», monetizzando ogni cosa. C’è la percezione di non vedersi più inclusi ma caduti in un vortice involutivo in cui le persone con disabilità sono solo un costo e un “freno” alla crescita della ricchezza del Paese. La grande intuizione dell’eguaglianza di opportunità e la possibilità di partecipare alla vita della comunità di residenza vengono avvertite persino come un inganno.
Non si riesce a completare il percorso di emancipazione con il progetto individuale, la vita indipendente, il posto di lavoro giusto, l’indennità e la pensione adeguata, la presa in carico come sistema di accesso e la giusta tutela alle persone sprovviste di tutela familiare e non in grado di rappresentarsi da sole. Non si riesce a compiere il salto da un sistema all’altro, dalla segregazione alla vita indipendente, dalla tutela delle categorie alla promozione dei diritti fondamentali e dall’integrazione all’inclusione sociale.
Le proposte del movimento associativo delle persone con disabilità e delle loro famiglie, che si riconoscono nella FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), si muovono dalla necessità ormai improrogabile di attuare il “cambio di paradigma” invocato dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon all’atto dell’approvazione in Assemblea Generale della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.
Per questa ragione, proponiamo dieci significativi punti a chi governerà il nostro Paese nella nuova legislatura.
Uno.
Adottare la strategia dei diritti umani per le persone con disabilità attraverso la ratifica della Convenzione ONU, impegnandosi ad approvare, entro cento giorni, il disegno di legge già predisposto in via trasversale agli schieramenti politici, adottandolo tra le altre strategie per diffondere i diritti fondamentali per chiudere gli istituti, abrogare le norme del 1931 che li mantengono e per contribuire alla chiusura degli istituti nei paesi in cui è presente la cooperazione internazionale italiana.
Due.
Predisporre le strategie di attuazione e di monitoraggio attraverso un piano di azione nazionale, coordinato tra tutte le competenze istituzionali centrali e locali in un unico luogo istituzionale, in grado di attivare la raccolta di informazioni necessarie a realizzare politiche adeguate ai bisogni, a partire dalle esperienze del Centro Collaboratore dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in Italia e dell’Osservatorio Istat sulla disabilità in cifre.
Tre.
Istituzionalizzare tavoli di confronto con le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari ad ogni livello istituzionale, e in particolare con i dicasteri maggiormente interessati (Solidarietà Sociale, Salute, Istruzione, Lavoro, Trasporti e Lavori Pubblici) e le autonomie locali, in sede di Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Unificata.
Quattro.
Riformare le modalità di accesso ai diritti, semplificando il sistema in un unico luogo accertativo di presa in carico, che elimini le vessazioni delle decine di certificazioni e verifiche e che adotti nuovi strumenti di valutazione, come l’ICF (la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, prodotta dall’OMS nel 2001), adeguati ai percorsi di inclusione sociale – come già realizzato dalla Regione Emilia-Romagna e in parte dalla Regione Veneto – e che renda esigibile il progetto di vita di ogni persona.
Cinque.
Universalizzare il diritto all’assistenza individuale e renderlo esigibile su tutto il territorio nazionale, definendo i LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale) sanitari, e il loro incrocio LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), almeno in materia di disabilità. Tali parametri devono garantire percorsi di vita indipendente e di assistenza alla persona, nella quantità e nella qualità necessarie, e il diritto di scelta, eliminando l’odiosa partecipazione alla spesa per persone tutt’ora discriminate nell’accesso alla produzione di reddito per sé e per la propria famiglia.
Sei.
Assicurare la continuità didattica, legando il periodo di studi dell’alunno con disabilità a un unico insegnante di sostegno, inaugurando una nuova stagione del sistema scolastico e dei servizi territoriali, capaci di accogliere i bisogni dell’alunno con disabilità.
Sette.
Rendere effettivo il diritto all’occupazione, attraverso la promozione di servizi di mediazione che operino per il superamento dello stigma dell’improduttività delle persone con disabilità, dominante nelle imprese pubbliche e private. Il metodo dovrebbe essere quello della competenza di indagine nel posto di lavoro e per la persona con disabilità, finalizzato ad un vero matching.
Otto.
Riprendere il percorso di investimenti per l’autonomia e l’indipendenza delle persone con disabilità, attraverso l’eliminazione delle barriere architettoniche nelle loro abitazioni e in ogni luogo di vita della comunità, attraverso il finanziamento della legge 13/89 con centocinquanta milioni di euro ogni anno, e attraverso la pianificazione di interventi pubblici con i fondi strutturali europei e il costante adeguamento alle nuove tecnologie del nomenclatore tariffario degli ausili e degli specifici programmi del sistema scolastico e dell’inserimento lavorativo.
Nove.
Adeguare l’impianto compensativo della disabilità, della disoccupazione e del carico di assistenza ad un minimo vitale: seicento euro minimo per tutte le indennità, cinquecentosedici euro per le pensioni di invalidità.
Approvare il testo unificato sul prepensionamento approvato in Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.
Dieci.
Operare sul terreno della comunicazione massmediatica e culturale per modificare lo stigma, a partire dalla doppia discriminazione delle donne con disabilità, e garantirne l’accessibilità a partire dalla RAI e dal Contratto di Servizio Pubblico.
*Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.
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