La prima parte del titolo di questa nota ci viene suggerita dalla segnalazione di una Lettrice di Roma la cui vicenda porta subito a una domanda obbligata: un’invalidità riconosciuta al 100% (con possesso del relativo contrassegno) e un documento di ricovero ospedaliero (con relative carte di dimissione) non sono forse «utili elementi probatori, per rendere verificabili le ragioni addotte nel presentare un ricorso»? Sembra proprio di no, almeno per una Pubblica Istituzione come la Prefettura di Roma, che proprio in questo modo ha testualmente risposto al ricorso presentato dalla nostra Lettrice.
Costretta infatti a continui ricoveri fuori Roma, legati ai suoi problemi di deambulazione, quest’ultima – al ritorno nella Capitale in tarda serata -, non avendo trovato alcun parcheggio disponibile (per disabili e non) nei pressi della sua abitazione, aveva posteggiato poco distante dalla fermata di un autobus, esponendo il proprio contrassegno.
Multata da un ausiliario del traffico ATAC (Agenzia del Trasporto Autoferrotranviario) del Comune di Roma, aveva quindi chiesto la revoca del provvedimento all’Agenzia Roma Servizi per la Mobilità, senza però trovare ascolto. Incaricato pertanto un legale di presentare ricorso al Prefetto, qui, oltre a ricevere un’ingiunzione di pagamento di 188,47 euro, aveva appunto “ottenuto” la risposta di cui detto, ovvero, nel dettaglio, che «i motivi del ricorso non sono sorretti da utili elementi probatori atti a rendere verificabili le ragioni addotte e conseguentemente rendono lo stesso ricorso infondato per inadempimento dell’onere probatorio».
Senza entrare a questo punto nel merito dell’azione legale, di cui meglio potranno occuparsi competenti esperti di diritto, è quanto meno lecito chiedersi se siano proprio quelli i toni e gli argomenti “giusti” da adottare, nei confronti di una cittadina con disabilità, pienamente disponibile a fornire tutta la documentazione riguardante la propria situazione.
E a quella che abbiamo definito burocrazia “meccanica”, abbiamo deciso oggi di affiancare un altro “capitolo”, quello cioè dei cosiddetti “vuoti legislativi”, una questione che meriterà senz’altro prossimi, ulteriori approfondimenti, in un Paese nel quale sin troppo spesso vien detto che “a buone leggi corrisponde una cattiva applicazione delle stesse”. E invece… Invece c’è una situazione quanto mai sintomatica, che tocca proprio una delle principali norme sulla disabilità prodotte in questi decenni, vale a dire la Legge Quadro 104/92.
Su questo ci scrive un’altra Lettrice di Roma, ponendo un quesito che anche qui giriamo agli esperti di diritto, quasi certi, tuttavia, che non sarà affatto facile fornire risposte positive. «Alla fine di luglio – ricorda infatti la Lettrice – è scaduto il verbale da Legge 104/92 di mio figlio di 6 anni. Ai primi di giugno avevo presentato domanda di rinnovo, cosicché mi è arrivata la raccomandata dell’INPS da cui si rileva che la Commissione Medica ci esaminerà a metà novembre. Ma se la Legge 104/92 deve agevolare le situazioni familiari con handicap grave, nel lasso di tempo che va dalla scadenza del verbale alla visita medico legale di verifica, come fa il genitore a prendersi i congedi straordinari della durata massima di due anni (oltre ai tre giorni in un mese), per portare il proprio figlio ogni settimana alla riabilitazione?».
«La risposta – prosegue – sarebbe facile: attingi alle ferie. Ma a prescindere dal fatto che non mi sembra giusto, una volta terminate le ferie che cosa può fare un genitore? E ancor peggio in un’azienda dove il datore di lavoro non è incline a venire incontro a situazioni del genere?». (Stefano Borgato)
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