È difficile parlare di quanto, da un paio di anni a questa parte, sia cambiata la situazione a Bologna per la circolazione delle auto al servizio di persone con disabilità. È difficile perché, a criticare certi provvedimenti, si viene immancabilmente accusati di parlare spinti da ideali politici opposti a quelli della maggioranza, o peggio di essere strumentalizzati da chi ha interessi economici (negozianti ed esercenti) che nulla c’entrano con la tutela dei disabili. Per questo ho sempre taciuto, sebbene più di altri, forse, avrei avuto cognizione per parlare.
Perché sì, sono disabile, e sì, in Via Indipendenza a Bologna ho un appartamento in affitto, ci passo e ci vivo ogni giorno, ma non tutti i giorni, per me, sono uguali agli altri. I giorni di festa, infatti, sono tristi. Sono quelli in cui, a quell’appartamento, non riesco neanche ad arrivare.
Tanto si è detto sui cosiddetti T-Days [la chiusura nei fine settimana della Zona a Traffico Limitato di Bologna. Se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], i weekend in cui tre strade cruciali nel cuore della città vengono chiuse al traffico veicolare, dove persino le auto munite di “contrassegno H” non possono accedere. Le Associazioni di persone con disabilità si sono divise e scontrate sul tema, chi dice che la pedonalizzazione favorisca i portatori di handicap, chi sostiene il contrario. Discussioni accese, ma poco producenti, specie considerando che i portatori di handicap non sono tutti uguali e nessuna Associazione ha diritto di ergersi a rappresentante dell’intera popolazione con disabilità di Bologna.
Ma in fondo – dicono alcuni – solo di tre strade si tratta e poi i modi per arrivare in centro non mancano, tante sono le laterali che portano all’invalicabile Zona T. Non si dice, però, che le strade laterali in questione sono spesso troppo strette per un veicolo modificato (da cui una carrozzina, ad esempio, deve anche trovare lo spazio per scendere) o non risultano veicolabili fino all’incrocio con l’asse Via Indipendenza-Via Bassi-Via Rizzoli, perché ci sono fittoni [barriere mobili, N.d.R.], dehors e rastrelliere di mezzo. Né si dice che alcune persone devono essere lasciate a cinquanta metri di distanza dalla meta che debbono raggiungere, pochi per chi cammina, ma spesso “infiniti” per chi sta su una carrozzina o si serve di un bastone.
Ora il problema, invece di essere risolto, punta a espandersi. Il Sindaco, infatti, vuole far passare un trenino elettrico o una navetta attrezzata nella zona pedonale, ma solo se – attenzione – il Codice della Strada verrà cambiato. Già, perché secondo le leggi vigenti, dove passa un mezzo pubblico può circolare anche un’auto a servizio di un disabile, ma invece di riconoscere in tale principio una vittoria per l’integrazione o un incentivo alla mobilità dei disabili, il Sindaco dichiara in conferenza stampa di muoversi affinché il Governo cambi tale normativa. Il trenino, insomma, sembra avere la precedenza sulle pari opportunità garantite dalla norma in questione su tutto il territorio nazionale.
Eppure, se per legge chiedessimo a una persona ipoudente di togliersi le protesi acustiche in determinati settori della città, tutti grideremmo allo scandalo, e lo stesso Sindaco non potrebbe rimanere indifferente. Ma cos’è un auto, per chi non può camminare, se non un ausilio protesico? Ci sono disabili per cui l’automobile sostituisce le stesse gambe. Chi deambula usa l’auto dove e come vuole, non a orari prestabiliti, o a tappe prefissate, come un trenino-navetta attrezzato costringerebbe a fare. E se tanto non basta, non esiste navetta, trenino o “tappeto volante” che possa sostituire l’auto di un disabile. Non di tutti i disabili, per lo meno. I mezzi pubblici, infatti, sono spesso affollati e uno spintone involontario può rivelarsi molto pericoloso per chi si appoggia a una stampella in mezzo alla ressa. E ancora, chi guida un’auto privata può lasciare un disabile davanti al posto che deve raggiungere, mentre un mezzo pubblico lo abbandonerà a una fermata prestabilita, costringendolo poi a muoversi da solo per il resto del tragitto, spesso costellato di sanpietrini dissestati [blocchetti in porfido usati per la pavimentazione stradale, N.d.R.] o di basoli sconnessi [lastre impiegate anch’esse per la pavimentazione stradale, N.d.R.]. Quegli stessi sanpietrini che i sistemi presenti su una navetta non riescono ad ammortizzare al pari di un auto, sottoponendo chi soffre di patologie osteoporotiche (molto diffuse nella popolazione anziana) a una sollecitazione esagerata.
Ma se l’ecologia è prioritaria per Bologna, perché il Sindaco scomoda il Governo onde cambiare il Codice della Strada e non per incentivare la produzione di auto non inquinanti, come quelle elettriche? Perché impedire l’uso di auto private anche a chi proprio non può farne a meno, se in altre città d’Italia le zone pedonali lo consentono? I trenini e le navette non vanno bene per tutti i disabili, perché non tutti i disabili sono uguali. Finché una consapevolezza simile non entrerà nella testa e nei cuori di chi ci governa, sulla disabilità non si farà mai una politica efficace.
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