La danza è espressione del corpo. È lì che si esalta all’ennesima potenza. E allora, quando il corpo non è perfetto, si può pensare a una danza imperfetta. Poi leggi Roberto Bolle: «…quella che è l’essenza della danza. Un’arte che esprime emozioni, che esalta l’umanità e la sensibilità di chi la pratica e di chi ne gode. Dobbiamo ripensare il nostro modo di guardare le cose, imparare a vedere oltre le barriere, quelli che venivano considerati limiti si dimostrano in realtà risorse preziose, fonte di nuove ispirazioni, di nuove prospettive da cui guardare il mondo e chi ci sta intorno».
Potrebbe bastare. Ma a volte le parole non bastano. Bisogna guardare. Ed emozionarsi. Danza che unisce. E stupisce.
È tornato ad animare Milano Dreamtime, «Festival Internazionale di danza senza limiti, che fa dell’incontro fra danza e disabilità la sua vocazione», e sino all’11 novembre mostrerà come occorra superare ogni tipo di preconcetto, liberare la mente e lasciarsi trascinare. Perché la danza è per tutti.
Ci sono momenti e situazioni in cui l’esaltazione del corpo sembra precluderne il godimento a una parte del mondo. Nel pensiero comune la danza è fra questi. E invece la bellezza che spargono coloro che si sono spinti a costruire Dreamtime è di quelle che riempiono spazi di emozione pura.
Questa è la sesta edizione del Festival, che si presenta sapendo di modificare il modo di vedere, perché anche da un corpo non perfetto si «possa sperimentare l’espressione di sé, la relazione e la comunicazione oltre le barriere fisiche e sociali; Dreamtime cambia punto di vista sul concetto di diversità, mostrando al pubblico come attraverso l’arte si possa trovare un punto d’incontro tra differenti abilità fisiche, psichiche e sensoriali».
Paola Banone, direttrice artistica e cultrice della Danceability*, e i suoi Viaggiatori dell’Anima, Associazione che da anni porta in scena e nelle piazze del mondo – non solo italiane – questo fantastico mix, hanno saputo conquistare spazi. Disabilità fisica, sensoriale, intellettiva e relazionale non fanno differenze in un momento in cui è la danza a unire.
Quelli di Dreamtime sono bei giorni di eventi: dalla mostra fotografica svoltasi presso la Provincia di Milano fino al 4 novembre, intitolata Storie di corpi che danzano, ai laboratori e workshop in corso fino al 9 novembre, presso IoDanzando (Piazza Umanitaria), con la possibilità di provare cosa significhi danzare con un MixAbility Group, formato da persone normodotate e con disabilità, sino alla chiusura del Festival, lunedì 11 novembre, quando il Teatro Pim Off ospiterà quelle che si annunciano come straordinarie Performance live.
*La Danceability è una tecnica che utilizza i princìpi della cosiddetta Contact Improvisation, nata negli Stati Uniti all’inizio degli anni Novanta, grazie all’impulso del danzatore e coreografo americano Alito Alessi, direttore, nel suo Paese, della Joint Forces Dance Company di Eugene (Oregon). Lo scopo è quello di rendere accessibile il linguaggio della danza a tutte le persone; la Danceability, infatti, è praticata da abili e disabili assieme, permettendo a persone con differenti possibilità fisiche di vivere esperienze di reciproca uguaglianza, basandosi sulla fiducia reciproca, la fluidità e l’equilibrio, in un dialogo fisico in cui tutti i sensi sono coinvolti.
Testo già apparso (con il titolo “‘Dreamtime’, quando la danza è senza limiti”) in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it». Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al contesto, per gentile concessione.
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