Spesso, come Comitato 16 Novembre ONLUS (Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti), parliamo di “modello Sardegna”, inteso come riferimento virtuoso del quale abbiamo proposto i princìpi fondanti nel progetto regionale Ritornare a casa. Ma cos’è esattamente questo modello?
In termini sociali, esso permette la libera scelta di restare al proprio domicilio, coprogettando un piano personalizzato. In termini numerici ed economici, parliamo di 35.000 piani e di 120 milioni di euro investiti nel Bilancio Regionale. Certo, ci sono ancora delle criticità, dacché tutto è perfettibile, ma gli utenti sono attivi e combattivi e le altre Regioni, va detto, “sognano” proprio la nostra assistenza domiciliare indiretta, anche nel ricco Nord.
C’è tuttavia chi si lamenta, sostenendo che molte persone malate di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) vengano abbandonate. Ci riferiamo in particolare a quanto dichiarato da Giuseppe Lo Giudice, presidente dell’AISLA Sardegna (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), anche su queste stesse pagine, ove afferma che la Delibera di Giunta Regionale 30/17 del 30 luglio scorso stravolgerebbe l’accesso al Progetto Ritornare a casa, una Delibera, quella, concepita per semplificare e omogeneizzare le varie interpretazioni e la modulistica utilizzate dai Comuni [come avevamo riferito, secondo Lo Giudice, la Regione Sardegna rigetterebbe le richieste di nuovo inserimento (e di rinnovo), nell’àmbito del citato Progetto “Ritornare a casa”, presentate da ammalati non tracheostomizzati, ma che comunque si trovano in condizioni di gravissima disabilità. Ciò, a parere del Presidente dell’AISLA Sardegna, escluderebbe le persone malate di SLA che, pur non avvalendosi di ventilazione meccanica, presentano comunque una totale perdita dell’autonomia, N.d.R.].
Ebbene, a nostro parere è vero il contrario: quella Delibera, infatti, allarga la platea ai portatori di pluripatologie. Essa, tra l’altro, è nata, per la precisione, il 7 novembre 2012, con la precedente Delibera di Giunta 44/8, perfettamente identica nella sostanza e girata alla Commissione Sanità della Regione per le dovute Osservazioni, approvata quindi definitivamente con la citata Delibera 30/17 del luglio di quest’anno.
Perché dunque l’AISLA Sardegna non ha avanzato a suo tempo proposte all’Assessorato competente e alla Commissione Regionale SLA* di cui ora chiede la convocazione?
In realtà, chiedere che in quel progetto vengano inserite tutte le persone con tetraplegia e non solo quelle con la SLA, costerebbe almeno 30 milioni di euro in più. Dove recuperarli? E che dire allora delle persone con demenza CDR 4 [forma di demenza grave, N.d.R.], degli autistici gravi, dei cerebrolesi e di altri casi ancora? Le scelte, del resto, erano già state fatte ben quattro anni fa, con la Delibera di Giunta 28/12 del 19 giugno 2009.
Riteniamo, quindi, che il discorso dell’abbandono di molti malati non sia vero, anche perché tutte le persone in situazione di gravità possono comunque accedere ai progetti personalizzati, previsti dalla Legge 162/98.
*Presentata il 28 ottobre 2009 dall’Assessore Regionale alla Salute, e destinata a restare in carica per cinque anni, la Commissione Regionale SLA Sardegna è nata per definire i protocolli degli assistiti, realizzare un Registro Regionale della patologia, fornire sistemi di comunicazione e presìdi appropriati alla gravità dei disturbi degli assistiti, stabilire gli indirizzi applicativi delle norme vigenti per il riconoscimento dello stato di invalidità e handicap, creare una rete di tutela dei pazienti e delle famiglie, definire programmi di supporto alle famiglie e fornire consulenza su tematiche etiche e bioetiche.
Segretario del Comitato 16 Novembre ONLUS (Associazione Malati SLA e Malattie Altamente Invalidanti).
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