Solo così la RAI diventerà realmente un servizio pubblico

«Serve un salto di qualità nel rapporto tra la RAI e le Associazioni delle persone con disabilità, sia in àmbito di linguaggi appropriati e di superamento degli stereotipi, sia per l’accesso all’informazione e alla comunicazione da parte di tutti. Solo così si potrà realmente parlare di servizio pubblico»: lo hanno dichiarato i rappresentanti della FISH nel corso di un’audizione alla Commissione di Vigilanza Parlamentare RAI

Realizzazione grafica con un'ombra di persona in carrozzina al centro del monoscopio RAIUna delegazione della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha partecipato all’audizione della Commissione Parlamentare di Vigilanza RAI. Sul tavolo il delicato e importante tema riguardante la comunicazione e la disabilità, oltre che il diritto all’informazione e all’accesso ai servizi radiotelevisivi da parte delle persone con disabilità.
In particolare, è stato sottolineato con grande forza l’aspetto profondamente culturale della consapevolezza della disabilità, con i rappresentanti della FISH che hanno rilevato la perdurante presenza, nella programmazione e nella conduzione di molte trasmissioni radiotelevisive, di linguaggi inappropriati e di stereotipi ora di taglio pietistico, ora all’insegna della spettacolarizzazione.
In tal senso, è stato richiamato ad esempio l’eclatante episodio dell’inizio di novembre, quando durante la trasmissione di Raiuno La vita in diretta, la collaboratrice e nota conduttrice RAI Alda D’Eusanio dichiarò esplicitamente, riferendosi a una persona con disabilità, che «non si può vivere avendo quello sguardo vuoto».
A tali affermazioni, secondo la FISH, vanno contrapposte le prescrizioni della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Parlamento con la Legge 18/09, la quale dedica un intero articolo [articolo 8, “Accrescimento della consapevolezza”, N.d.R.] alla necessità di cambiare l’approccio verso le persone con disabilità a partire da impegni precisi che gli Stati devono ottemperare. Si tratta cioè di «sensibilizzare la società nel suo insieme», per «accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai loro diritti», attraverso una strategia volta a «combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose». Tutto ciò incoraggiando «tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme alla presente Convenzione».
Sin dai suoi esordi, il Contratto di Servizio Pubblico RAI ha previsto un luogo di confronto tra l’Ente e le rappresentanze della società civile organizzate. La Sede Permanente ha però monitorato solo gli aspetti quantitativi del fenomeno Comunicazione e disabilità. Nel nuovo Contratto, invece, secondo la FISH, si dovrà concretamente e pienamente attuare la Convenzione ONU, monitorando e conseguentemente implementando forme nuove di comunicazione, che non si esauriscano esclusivamente nel fenomeno di cronaca o di “super-eroismo”, rafforzando i compiti della stessa Sede Permanente.

Durante l’audizione è stato affrontato anche il grave tema dell’inaccessibilità dei sistemi di comunicazione RAI, partendo dal presupposto che nonostante l’impossibilità di fruire appieno ai suddetti servizi, le persone con disabilità sensoriale contribuiscono allo sviluppo del servizio, pagando il medesimo canone di tutti gli altri Cittadini. Un trattamento, questo, che non si può pertanto definire altro che discriminatorio.
Su questo va ricordato che nella recente Relazione Annuale al Parlamento dell’organo di controllo AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), si è reso noto che la percentuale dei programmi sottotitolati è passata dal 61,8% nel 2010 al 71,1% nel 2012, lasciando tuttavia ancora “scoperte” trasmissioni particolarmente rilevanti, quali gran parte dei telegiornali e dei servizi informativi di approfondimento, escludendo così le persone sorde dalla discussione sulla vita politica, economica e sociale del Paese.
Per quanto poi riguarda la programmazione audiodescritta, essa risulta essere passata dalle 301 ore nel 2010 alle 364 nel 2011, per arrivare alle 387 del 2012, a fronte però di una totale assenza di obiettivi misurabili nel Contratto di Servizio. Si lascia così alla decisione dell’Azienda quanto e cosa rendere accessibile alle persone non vedenti. A ciò va aggiunta l’inaccessibilità del canale audio del digitale terrestre, generando anche in questo caso una discriminazione per le persone con disabilità visiva.

«Le discriminazioni che subiscono le persone con disabilità nel servizio pubblico RAI – commenta Pietro barbieri , presidente della FISH – sono numerose e particolarmente rilevanti. C’è bisogno di un salto di qualità nel rapporto tra l’Azienda e le Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, con la RAI che deve mostrare la capacità di saper interpretare correttamente la disabilità per superare lo stigma dominante e ridurre le discriminazioni, a partire dall’accesso all’informazione e alla comunicazione che va garantita su ogni mezzo e a ogni Cittadino. Solo questo si potrà realmente definire servizio pubblico!». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.

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