Nell’Opinione di Andrea Bianco, recentemente pubblicata da «Superando.it», con il titolo di Perché non poter toccare le statue?, si scrive che «le persone non vedenti al mondo sono circa tre milioni». Soltanto in Italia, invece, siamo più di 360.000 e in Europa circa 4 milioni. Anche in assenza di dati epidemiologici precisi, poi, i ciechi nel mondo si aggirano intorno ai 50 milioni. Infine, se si parla di persone con gravi problemi alla vista, l’Organizzazione Mondiale della Sanità propone una stima di circa 285 milioni!
Ritenevo in tal senso necessario ristabilire le reali dimensioni del fenomeno, che la cifra presentata in quel testo rischierebbe di sminuire in modo eclatante e ciò al di là della questione contingente circa il limitato numero di ciechi che potrebbero essere interessati a toccare le statue e quindi sulle non gravi conseguenze che sarebbero causate al loro stato di conservazione.
Infatti, il giusto principio che impone di contemperare la conservazione del patrimonio artistico con il diritto alla sua fruizione da parte di tutti, si può risolvere agevolmente mediante l’utilizzo – già diffuso – di guanti di lattice come quelli dei chirurghi, talmente sottili da lasciare quasi intatte le sensazioni tattili.
Ma il vero problema credo stia nella collocazione spaziale delle opere d’arte che difficilmente potrebbero essere lasciate a portata di mano, dato che ciò imporrebbe una stretta vigilanza configgente con le ben note difficoltà di bilancio.
La soluzione, quindi, può probabilmente stare nell’esecuzione di calchi che riproducano fedelmente anche le superfici delle sculture, dato che i moderni sistemi di riproduzione guidati dal computer consentono di contenere i costi in cifre ragionevoli.
Purtroppo, invece, va registrato il continuo spreco di soldi in riproduzioni computerizzate a rilievo di opere pittoriche, che richiedono allenamento e concentrazione già soltanto per capire quale sia il soggetto raffigurato, per non parlare dell’ovvia impossibilità di percepire le espressioni dei personaggi e le combinazioni cromatiche.
Si vuole insomma far “vedere” ad ogni costo l’arte pittorica ai ciechi, come se la rappresentazione prospettica fosse trasferibile in un rilievo: un bel viso di donna, dipinto di tre quarti, sotto le mani diventa infatti una “maschera distorta”.
Presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi).
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