Arrivano dalla Puglia due Proposte di Legge in àmbito di disabilità, inviate al Parlamento, dopo essere state approvate all’unanimità dal Consiglio di quella Regione. A presentarle è stato il consigliere Davide Bellomo e la discussione, con la produzione delle relative Delibere, è avvenuta il 5 dicembre scorso.
Il primo testo fa riferimento alla Delibera di Consiglio Regionale n. 213/13, centrata su una Proposta di Legge con la quale si intende modificare l’articolo 9, comma 2 della Legge Nazionale 13/89 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), nel senso di un doveroso adeguamento delle cifre in esso fissate, non solo tramite la conversione in euro di quanto allora era stato espresso in lire, ma anche aumentando i “tetti” e le percentuali relative ai contributi.
Se infatti nel citato articolo della Legge 13/89 si prevedeva un contributo «concesso in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi fino a lire cinque milioni; […] aumentato del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta per costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni, e altresì di un ulteriore cinque per cento per costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni», nel testo approvato dal Consiglio Regionale della Puglia si parla di contributo «concesso in misura pari alla spesa effettivamente sostenuta per costi fino a euro 5.164,57 (pari a lire diecimilioni); […]aumentato del 50 per cento della spesa effettivamente sostenuta per costi da euro 5.164,57 a euro 15.493,71 (pari a lire trentamilioni) e altresì di un ulteriore dieci per cento per costi da euro 15.493,71 a euro 51.645,68 (pari a lire cento milioni)».
Ancor più di sostanza – almeno nei princìpi – appare poi la Delibera n. 212/12, rispetto alla quale vale certamente la pena citare un brano della relazione ad essa allegata. «Necessita – vi si scrive – una politica assistenziale incentrata non solo sull’affermazione dei diritti dei disabili, ma anche sulla funzione dei familiari nella loro assistenza, che è certamente l’adempimento di un “dovere morale”, ma anche prestazione di un servizio che dovrebbe essere effettuato dallo Stato. E poiché dall’opera della famiglia deriva un enorme risparmio economico per la collettività. È giusto che parte di queste risorse siano destinate in favore dei familiari che assistono i portatori di handicap al fine di garantire loro un’esistenza libera e dignitosa [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
Concetti sacrosanti, sui quali spesso anche il nostro giornale si sofferma, che per altro il testo approvato dal Consiglio Regionale considera solo in parte, occupandosi cioè esclusivamente dei figli di persone con disabilità. La proposta, infatti, consiste nell’aggiungere un articolo (10 bis) alla Legge Quadro 104/92, denominato Reversibilità dell’importo complessivo tra pensione di invalidità civile e indennità di accompagnamento e così articolato: «Il figlio impegnato costantemente, per almeno dieci anni, nell’assistenza del genitore invalido con totale e permanente inabilità e non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, poiché è impossibilitato a svolgere una qualsiasi attività lavorativa che possa dargli un reddito, ha diritto alla reversibilità della pensione di invalidità e dell’indennità di accompagnamento dopo la morte del genitore».
Un testo, in ogni caso, da giudicare senz’altro positivamente, non foss’altro che per il principio da esso stabilito. (Stefano Borgato)
Ringraziamo Francesco Diomede per la segnalazione.
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