A volte basta poco. Ma quel poco è tanto, specie se arriva dopo il niente. Succede a Milano, dove la Giunta Comunale ha annunciato l’approvazione di un nuovo testo del Regolamento Edilizio (che ora dovrà passare al vaglio delle Commissioni e del Consiglio Comunale), al cui interno compaiono finalmente alcune prescrizioni precise per consentire anche alle persone con mobilità ridotta di entrare negli esercizi commerciali.
Niente di straordinario: un campanello all’esterno per chiedere che venga collocata una rampetta mobile, tale da consentire di superare quei gradini di accesso che per motivi diversi non è stato possibile (o non si è voluto) rimuovere.
La foto qui a fianco pubblicata ritrae Via Dante, splendida arteria milanese che collega il Castello alla zona del Duomo. Ebbene, la via è pedonalizzata in modo piacevole e in larga misura confortevole anche per chi, come me, si muove in sedia a rotelle (restano purtroppo notevoli i limiti nella zona di attraversamento di Piazza Cordusio). Ma questa via, come altre del centro storico milanese, rappresenta efficacemente il paradosso di un’attenzione alla pavimentazione, agli scivoli, all’accessibilità esterna, cui non corrisponde sempre la possibilità di entrare liberamente in uno dei tanti negozi o esercizi pubblici.
Non riesco a immaginare quanto tempo ci vorrà prima che il nuovo Regolamento Edilizio trovi piena applicazione. Per ora registro con soddisfazione la non ostilità delle categorie economiche interessate, e soprattutto l’apprezzamento di Marco Rasconi, presidente di LEDHA Milano (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), che con molto buon senso saluta questo provvedimento come un importante passo avanti, concreto e fattibile.
Il fatto è che le persone con disabilità ancora non vengono percepite anche come possibili clienti, ma quasi sempre – complice una comunicazione complessivamente di tipo sanitario assistenziale – solo come persone “sfortunate” e con problemi da risolvere.
Ma fra i problemi da risolvere, a volte, c’è anche l’acquisto di un maglione, o di un libro, o di un oggetto da regalare. Da soli, o molto più frequentemente in compagnia di un amico o di un’amica, di un parente, di un gruppo. Sino ad oggi – non certo solo a Milano – la cultura prevalente nei negozi e nei pubblici esercizi tende a essere quella dell’applicazione al minimo delle norme previste, altrimenti si rischia di non avere l’autorizzazione all’apertura.
Per i nuovi esercizi, o per le ristrutturazioni, l’accessibilità totale è un requisito obbligatorio. Il che non significa trasformare un negozio nell’anticamera di un ambulatorio, anzi. Basterebbe informarsi un po’, copiare bene quel che si fa altrove, non necessariamente all’estero, consultare gli esperti di accessibilità – esiste da tempo il Design for All – vivere questo adempimento come una nuova risorsa, una prospettiva di incremento di clientela, di miglioramento dell’accoglienza per tutti, di eleganza e di sostenibilità.
Il segnale che viene dalla Giunta milanese è anche di buon auspicio in vista dell’Expo 2015. Tanti piccoli passi magari ci avvicineranno a un risultato che ci consenta, fra poco più di un anno, di accogliere con un sorriso anche i visitatori stranieri con disabilità. Che non saranno davvero pochi, e che sono abituati a viaggiare, a comprare, a decidere della propria vita in autonomia.
Direttore responsabile di «Superando.it» e presidente della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità). Il presente testo è apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “A Milano un segnale di normalità, almeno nello shopping”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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