Grazie Littizzetto, per avere ricordato quel rischio

di Antonio Giuseppe Malafarina*
Al di là di qualche marchiano errore, soprattutto di linguaggio, Antonio Giuseppe Malafarina ritiene che Luciana Littizzetto vada ringraziata, per il suo monologo al Festival di Sanremo, in cui ha parlato a lungo di disabilità, «soprattutto per avere ribadito, di fronte a una platea così vasta, che fu il nazismo ad ammazzare i deboli e i diversi, richiamando così l’attenzione su un rischio che purtroppo sembra ancora in corso»
Luciana Littizzetto al Festival di Sanremo 2014
Luciana Littizzetto durante il suo monologo al Festival di Sanremo in cui ha parlato di disabilità

Sanremo non è certo nuovo alla disabilità. In rapida successione e in ordine sparso rammento artisti disabili come José Feliciano, Luciano Tajoli, Aleandro Baldi, Andrea Bocelli, Annalisa Minetti, Pierangelo Bertoli… E poi le canzoni, Non amarmi e Ti regalerò una rosa. Fra gli ospiti Ray Charles e Stevie Wonder. O Simona Atzori che apre la quarta serata del 2012.
Ieri sera, terza serata del Festival 2014, con il suo monologo Luciana Littizzetto è andata oltre. Ha fatto storcere il naso a qualcuno, è inciampata su macroscopici errori di linguaggio, ma, dal mio punto di vista, ha fatto qualcosa di nuovo.

Primo, ha inserito l’argomento disabilità nel contesto del bello. Ha citato l’esempio di persone con disabilità esteticamente molto piacevoli, da Jillian Mercado a Cerrie Burnell, ad Alex Zanardi di cui dice che è «un figo pazzesco». Del piccolo Seb, bimbo inglese con la sindrome di Down, ha chiosato che i bambini con la sindrome di Down «son dei bambini, non delle sindromi». E ha detto che quelli che fanno fatica a stare al passo sono belli «perché amano, ridono, ballano… e probabilmente alcuni sono anche antipatici, come succede per tutte le persone che hanno gli accessori regolamentari».

Secondo, ha spudoratamente parlato della disabilità a un pubblico popolare, solitamente impreparato a masticare questi temi, soprattutto in un programma d’intrattenimento come il Festival è. E questa io trovo che sia la via maestra per fare informazione perché se ci affidiamo solo a convegni, educazione scolastica e pubblicazione di libri ci perdiamo i grandi numeri.

Terzo, ha cavalcato un tema latente della società, specialmente quando ha tirato in ballo la polemica su Barilla e la famiglia ideale, che non contempla persone con disabilità, che tanto ha fatto discutere gli internauti. Brava Luciana, se lo ha fatto per ingraziarsi gli spettatori disabili o la fetta d’audience che ha a cuore il sociale, perché finalmente qualcuno considera un discorso sulla disabilità un tema di capacità mediatica. Altrimenti detto: grazie Luciana, che consideri una riflessione sulla disabilità un argomento su cui investire.

Perché la Littizzetto può fare storcere il naso? Innanzitutto per via di alcuni errori di linguaggio: handicap e carrozzella. Il primo è un termine superato, il secondo è sbagliato perché la carrozzella è quella trainata dal cavallo.
L’impianto del discorso è buono, perché vuole educare su come la diversità sia un valore, su come le persone disabili debbano rientrare nei canoni della normalità e su come gli adulti abbiano il dovere di cominciare dai bambini a trasmettere che la disabilità non va temuta.
Tuttavia – e qui, discutendone con chi scrive, Franco Bomprezzi è stato molto netto – non è apprezzabile usare la disabilità per fare moralismo sull’uso delle protesi per ottenere seni abnormi. Non è che educando alla conoscenza della disabilità, formiamo sulla sproporzionalità mammaria!

Nel suo monologo, poi, la Littizzetto ha parlato anche di carenza di insegnanti di sostegno, di problematiche di inserimento al lavoro, di programmi politici dove nessuno parla mai di disabilità (lei dice handicap) e ha proposto di mettere persone con sindrome di Down negli spot pubblicitari. Ma ciò che ha dato la vera dimensione del monologo è questo: «La verità è che ciascuno è bello a modo suo e la bellezza non è perfezione. Un mondo di uguali è orribile. È l’incubo totalitario. È il nazismo, che ammazzava i deboli e i diversi».
Grazie, Luciana! Grazie di averlo ribadito di fronte a una platea così vasta perché la soppressione, fisica, sociale e culturale, sembra un rischio ancora in corso.

Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Luciana Littizzetto e il valore della diversità”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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