Il tragico impatto della mortalità neonatale nel mondo

«Sono stati enormi - dichiara Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, presentando i dati di una campagna globale, volta a bloccare la mortalità neonatale nel mondo - i passi avanti fatti per contrastare la mortalità infantile, ma questo percorso è ora giunto a una fase di stallo, se non si interverrà immediatamente per contrastare la mortalità neonatale, che vede oggi quasi 3 milioni di bimbi perire entro i primi 28 giorni di vita»
Due neonati insieme alle madri
Secondo i dati prodotti da Save The Children, ogni anno nel mondo quasi 3 milioni di bambini muoiono entro i primi 28 giorni dalla nascita e 40 milioni di donne partoriscono senza alcuna assistenza specialistica

Dei 6,6 milioni di bambini che ogni anno muoiono prima di aver compiuto i 5 anni, quasi la metà (2,9 milioni) sono quelli che perdono la vita nel periodo neonatale, entro cioè i primi 28 giorni dalla nascita. Tra questi, un milione di bambini muore nel primo giorno di vita, spesso il più pericoloso, a causa di nascite premature e complicazioni durante il parto – come ad esempio travaglio prolungato, preeclampsia [gestosi, N.d.R.] e infezioni – e spesso perché le loro madri – ben 40 milioni ogni anno – partoriscono senza un aiuto qualificato.
Un altro milione e 200.000 bambini nascono poi già morti ogni anno, perché il loro cuore smette di battere durante il travaglio. E ancora, 2 milioni di donne sono completamente sole quando danno alla luce il loro bambino.

Sono questi alcuni dei dati diffusi in tutto il mondo dall’organizzazione Save the Children, con il rapporto intitolato Ending Newborn Deaths [in italiano “Porre fine alla mortalità neonatale”, N.d.R.], nell’àmbito della campagna globale Every One, per dire basta alla mortalità infantile.
«Nell’ultimo decennio – dichiara Valerio Neri, direttore generale di Save the Children – sono stati compiuti enormi passi avanti per contrastare la mortalità infantile, passata da 12 milioni a 6,6 milioni, grazie a un intervento globale che ha visto come protagonisti le vaccinazioni, i trattamenti per polmonite, diarrea e malaria, così come la pianificazione familiare e la lotta alla malnutrizione. Ma questo percorso è ormai giunto a una fase di stallo, se non si interverrà immediatamente per contrastare la mortalità neonatale».
Se in Europa, infatti, un neonato su 1.000 muore nel periodo neonatale, in Africa o in alcune parti dell’Asia, il rapporto è almeno cinque volte superiore. Il Pakistan è il Paese con il più alto tasso di neonati che muoiono il primo giorno o durante il travaglio (40,7 su 1.000 nati), seguito dalla Nigeria (32,7) e dalla Sierra Leone (30,8).

Il rapporto di Save the Children evidenzia poi come l’assistenza specializzata durante il travaglio e il parto e la tempestiva gestione delle complicazioni, da sola, potrebbe prevenire circa il 50% della mortalità neonatale e il 45% di bambini nati morti intra-partum [durante il parto, N.d.R.].
Nell’Africa Subsahariana, ad esempio, il 51% dei parti non è assistito e nell’Asia sudorientale la percentuale è del 41%. Inoltre, la percentuale di parti che avvengono alla presenza di personale specializzato varia molto tra aree rurali e aree urbane, con percentuali che si attestano rispettivamente al 40 e al 76%. In Etiopia, per citare un caso, solo il 10% delle nascite avvengono in presenza di personale specializzato, mentre in alcune aree rurali dell’Afghanistan c’è solo un’ostetrica per 10.000 persone. In India, poi, mentre il tasso di mortalità neonatale riferito al 20% più abbiente della popolazione è di 26 neonati morti ogni 1.000 nati, quello riferito ai più poveri è di 56 su 1.000. Infine, in Paesi come la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana, le madri devono pagare per le cure di emergenza legate al parto, che spesso hanno lo stesso costo del cibo per un mese e talora succede che vengano trattenute fino a quando non saranno in grado di pagare per il loro taglio cesareo urgente.

Eva Riccobono
L’attrice Eva Riccobono, testimonial della campagna di Save the Children

«Il primo giorno della vita di un bambino – commenta l’attrice Eva Riccobono, che aderisce anche come futura mamma a questa campagna globale di Save the Children – è il più pericoloso. Sentiamo storie orribili di madri che camminano per ore durante il travaglio per cercare un aiuto, madri che partoriscono da sole, sul pavimento della loro casa o in un cespuglio, senza l’aiuto di nessuno che possa salvare la loro vita e quella del loro bambino. Tutte storie che troppo spesso finiscono in tragedia. Tutto ciò è assurdo e ognuno di noi deve sentire l’imperativo morale di fare qualcosa. Molti di questi decessi, infatti, potrebbero essere evitati, se solo ci fosse qualcuno per assicurare che la nascita avvenisse in modo sicuro e che sapesse cosa fare in caso di emergenza».
«Questi nuovi dati da noi diffusi – aggiunge Valerio Neri – rivelano per la prima volta il vero impatto della mortalità neonatale. Le soluzioni esistono e sono conosciute, ma c’è bisogno di una reale volontà politica per dare a questi bambini una possibilità di sopravvivere, che agisca innanzitutto sulle disuguaglianze. Senza azioni immediate e mirate, il percorso per abbattere la mortalità infantile si arresterà».
In tal senso, il fatto che alcuni Paesi abbiano compiuto significativi miglioramenti nella riduzione della mortalità neonatale testimonia che esistono strade percorribili per arrestare questa “strage silenziosa”: tra il 1990 e il 2012, infatti, Egitto e Cina sono riusciti a registrare un declino delle morti neonatali del 60%, mentre in Cambogia, una delle nazioni più povere del mondo, si è avuto un decremento del 51%.

Nel tentativo dunque di salvare milioni di vite di neonati, Save the Children ha invitato i Governi, i grandi donatori e il settore privato ad impegnarsi in questo 2014 su un programma volto ad apportare un cambiamento reale, basato sui cinque seguenti impegni per combattere la mortalità neonatale:
1. assumere un impegno chiaro con obiettivi verificabili, che consenta di salvare ogni anno oltre 2 milioni di neonati e 1 milione e 200.000 bambini che muoiono durante il travaglio;
2. impegnarsi affinché, entro il 2025, ogni nascita sia seguita da operatori sanitari formati ed equipaggiati, che possano offrire interventi sanitari essenziali ai neonati e alle loro madri;
3. aumentare la spesa destinata alla salute, per arrivare all’obiettivo di almeno 60 dollari a persona previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità;
4. investire nella formazione, nell’equipaggiamento e nel sostegno di operatori sanitari, e assicurare la gratuità delle nascite, così come quella degli interventi ostetrici di emergenza;
5. il settore privato, comprese le società farmaceutiche, contribuisca ad affrontare i bisogni insoddisfatti, sviluppando soluzioni innovative e aumentando la disponibilità – per le madri, i neonati e i bambini più poveri – dei prodotti già esistenti, e ideandone di nuovi. (Ufficio Stampa Save the Children)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: press@savethechildren.it.

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