Tutti insieme contro la sclerodermia

Solo infatti un’efficace collaborazione tra medici, associazioni e pazienti potrà finalmente aprire una prospettiva concreta per una diagnosi precoce di questa grave malattia cronica e progressiva, nota anche come sclerosi sistemica, oltreché per la ricerca di interventi terapeutici più mirati ed efficaci. È quanto emerge anche da una recente indagine condotta insieme a migliaia di pazienti e curata dalle Associazioni AILS e GILS
Visita alle mani di una persona affetta da sclerodermia
La visita alle mani di una persona affetta da sclerodermia

La sclerodermia – termine che etimologicamente significa “pelle dura” – è conosciuta anche come sclerosi sistemica ed è una grave malattia cronica e progressiva la cui origine non è ancora ben nota, anche se il meccanismo che la causa è certamente di tipo autoimmune, dovuto cioè a un vero e proprio “impazzimento” del sistema immunitario, che attacca i tessuti sani della persona, con conseguenze potenzialmente devastanti. Oltre alla cute, infatti, vengono colpiti organi vitali quali il cuore, i polmoni, i reni e l’intero apparato gastrointestinale. Le lesioni della pelle sono quindi solo l’aspetto esteriore e più evidente della gravità di una patologia che di fatto riguarda tutto l’organismo.
La comparsa di ulcere cutanee, in ogni caso, è una spia della progressione della malattia e del conseguente peggioramento della qualità e della prospettiva di vita, un’invalidità che sconvolge in genere l’autonomia del paziente, compromettendone le attività quotidiane più semplici e apparentemente banali.
Considerata “Rara” nel mondo, la sclerodermia non lo è ancora in Italia, se non nelle Regioni Piemonte e Toscana: eppure si stima che i malati siano circa 20.000 e vi siano quindi i parametri per dichiararla tale. Fondamentale è dunque l’informazione, per una crescente diagnosi precoce, con l’obiettivo di riconoscere il prima possibile i segni di progressione e offrire tempestivamente i trattamenti più adeguati.

Un’interessante indagine, promossa dall’AILS (Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia) e dal GILS (Gruppo Italiano per la Lotta alla Sclerodermia), è stata presentata nei giorni scorsi a Milano, da Ines Benedetti e Carla Garbagnati, che rispettivamente presiedono le due Associazioni, con il supporto di due medici dei propri Comitati Scientifici, vale a dire Nicoletta Del Papa e Lorenzo Beretta.
La ricerca ha coinvolto migliaia di persone affette da sclerodermia, tramite un questionario mirato a comprenderne il vissuto, la sofferenza e le aspettative. Va detto subito che un’importante indicazione emersa dai dati raccolti riguarda proprio la necessità di offrire maggiori informazioni sulla patologia agli stessi pazienti, dato che, ad esempio, il 10% di loro non ha ben chiara quale sia la forma di sclerodermia loro diagnosticata.
Un altro aspetto importante e di per sé drammatico è che il 50% dei pazienti ha o avuto ulcere cutanee alle dita delle mani – fenomeno sul quale l’indagine era particolarmente focalizzata – ma che solo il 58% di loro si è immediatamente rivolto allo specialista di riferimento (reumatologo/immunologo) alla comparsa delle prime lesioni, fatto, questo, che rischia di provocare un ritardo nella diagnosi e nei trattamenti per oltre il 40% dei casi.

Nel dettaglio, si conferma che le ulcere digitali sconvolgono letteralmente la vita quotidiana delle persone che ne soffrono. Infatti, ben l’86% dei pazienti interpellati ha dichiarato di avere subìto un significativo peggioramento della qualità di vita, a causa di una condizione dolorosa difficilmente gestibile. L’84%, inoltre, ha richiamato l’attenzione sulla limitazione causata dalle ulcere digitali nello svolgimento del proprio lavoro e il 71% un peggioramento nella gestione delle relazioni sociali. A causa, per altro, di una comunicazione frequentemente difficile tra il medico e il paziente, il 30% dei malati non è a conoscenza del fatto che esistono specifici trattamenti locali e il 33% non assume farmaci specifici per ridurre la comparsa di nuove ulcere.

La speranza, quindi, sia dei malati (il 97%!) che delle Associazioni AILS e GILS è rivolta alla consapevolezza che esistono centri ospedalieri specializzati, dedicati al trattamento e alla prevenzione sia delle ulcere digitali che delle altre complicanze tipiche della sclerodermia, ma solo un’efficace collaborazione tra medici, associazioni e pazienti potrà finalmente aprire una prospettiva concreta per una diagnosi precoce della malattia e della sua progressione, oltreché, naturalmente, per la ricerca di interventi terapeutici più mirati ed efficaci. (M.P.)

Per visionare i dati completi contenuti nell’indagine sulla sclerodermia e le ulcere cutanee, promossa da AILS e GILS, oltreché per ulteriori informazioni e approfondimenti: Monica Paderno, ails@tiscali.it.

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