Partirà il 23 marzo su Real Time The Undateables: l’amore non ha barriere, serie televisiva prodotta dall’inglese Betty Tv per Channel 4, arrivata alla terza edizione nel Regno Unito, che affronta il tema dell’affettività vissuta dalle persone disabili.
Otto puntate di 60 minuti ogni domenica alle 23.05 sul canale della galassia Discovery, emittente dal 5% di share, vale a dire il terzo operatore televisivo in chiaro dopo RAI e Mediaset. Non sarà una trovata per sbirciare “dal buco della serratura” i comportamenti emotivi di una categoria di persone “poco usuali”, che per questo possono indurre al chiacchiericcio e fare audience?
Il produttore esecutivo Walter Iuzzolino garantisce che «The Undateables è stato concepito con un obiettivo culturale e mediatico molto preciso: celebrare l’universalità di un sentimento che ci accomuna tutti, la ricerca di amore». Dietro alle riprese, che danno l’impressione di qualcosa di molto semplice che si dipana e spiega da sé, c’è un lavoro molto complesso che coinvolge i protagonisti, i familiari, gli assistenti e tutto quanto ruota attorno alla persona con disabilità. Buon segno.
Ogni puntata si compone di più storie di persone disabili alle prese con altre che possano coinvolgerle emotivamente. Sotto gli obiettivi delle telecamere tutto avviene in maniera naturale. La persona si rivolge a un’agenzia di incontri, lascia i propri dati con le proprie caratteristiche e resta in attesa che venga chiamata per essere informata che c’è qualcuno di affine. Ci si dà appuntamento, ci si vede, si torna a casa. C’è a chi va bene e a chi no. Non è detto che si incontrino altre persone disabili. Potranno essere belle, sgradevoli, simpatiche, insopportabili…
Laura Carafoli, vicepresidente content and programming di Discovery Italia, sostiene che il tema della diversità e dell’inclusione è elemento integrante dei contenuti dell’emittente e che l’obiettivo è di suscitare l’interesse dell’opinione pubblica e di favorire la maggior conoscenza delle persone con disabilità, anche nella loro dimensione emotiva. Ma ce n’è davvero bisogno?
Stando al successo all’estero sì, c’è bisogno. La quantità di gente che ha guardato la serie, un pubblico prevalentemente giovane, indica che c’è volontà di conoscenza, per essere pronti ad affrontare direttamente una situazione del genere, per essere informati, dacché le persone con disabilità entrano sempre più a far parte del tessuto sociale e si vuole essere consapevoli oppure sarà solo il gusto di stare a guardare come queste persone undateables, “in accoppiabili”, possano diventare dateables, anzi, come effettivamente lo siano? Voyeurismo? Stento a crederlo. La serie, a giudicare dall’anteprima, non mostra nulla di pruriginoso o di freak, di morbosamente abnorme.
Se c’è una persona che soffre di un disturbo per cui sbotta d’improvviso in epiteti è perché fa parte della varietà delle persone con disabilità. C’è anche la ragazza timida e sognatrice che non ha nulla di eccessivo su cui speculare.
La mia personalissima sensazione è quella che in questo modo le persone con disabilità si trovino sotto la lente di un documentarista. Uno di quelli preparatissimi che non si fanno vedere e filmano la natura nella sua piena spontaneità. Una sensazione un po’ sgradevole che mi fa tanto panda scrutato mentre sgranocchio il mio bambù. Ma se non ci fossero programmi così io sarei tanto più a grave rischio di estinzione!
Testo apparso anche in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Inaccoppiabili!”). Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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