In queste ore il Senato sta approvando la legge di conversione del Decreto Legge 112/08 che tornerà poi alla Camera. Nel testo in esame è prevista una disposizione che mette a rischio l’erogazione dell’assegno sociale a migliaia di cittadini, in particolare alle persone con disabilità con più di 65 anni di età.
L’assegno sociale è – attualmente – una prestazione assistenziale, che prescinde cioè da qualsiasi versamento contributivo, rivolta al sostegno alle persone anziane a basso reddito (casalinghe, invalidi, indigenti). Per il 2008 l’assegno sociale è pari a 395,59 euro mensili.
L’assegno viene erogato solo dal compimento dei 65 anni di età e possono farne richiesta i residenti in Italia che siano cittadini italiani o della Comunità Europea e i cittadini extracomunitari in possesso della carta di soggiorno. Sono poi previsti dei limiti reddituali di chi ne fa richiesta e del coniuge.
Gli invalidi civili e i sordomuti sono direttamente interessati dall’assegno sociale. Infatti, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, le pensioni e gli assegni non vengono più erogati, ma vengono – almeno fino ad oggi – “convertiti”, appunto, in assegno sociale.
L’articolo 20, comma 10 del testo di conversione del Decreto Legge 112 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale venga corrisposto agli aventi diritto, a condizione che abbiano soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale.
La disposizione, tecnicamente “pasticciata”, finisce per investire tutte le persone che non hanno mai effettuato versamenti contributivi, come ad esempio le casalinghe o gli invalidi che, a causa della loro disabilità, non hanno mai svolto attività lavorativa. Si tratta, quindi, di un provvedimento che colpisce soprattutto le fasce più deboli e le priva anche di quel sostentamento già minimo fino ad oggi erogato.
Fortissimo lo sdegno della FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che si unisce a quello espresso a viva voce dalle parti sociali: «Si tratta di una misura che ci lascia sbigottiti – commenta Pietro Barbieri, presidente della FISH – riportando indietro un confronto che ritenevamo, fino a ieri, ancora possibile. Colpire i più deboli fra i deboli demolisce la possibilità di elaborare più organiche proposte su inclusione sociale, tutela e autonomia, poiché vengono divelte anche le garanzie minime di una vita dignitosa. Chiediamo dunque l’immediata cancellazione del testo». (Carlo Giacobini)
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