Ci occuperemo di una (positiva) Sentenza, in questa nostra nota, ma prima di tutto cediamo la parola a chi per arrivare a quel provvedimento ha lottato con forza. Si tratta di Marina Cometto, fondatrice e presidente dell’Associazione Claudia Bottigelli (Difesa dei diritti umani e aiuto alle famiglie con figli disabili gravissimi), firma già ben nota anche ai Lettori del nostro giornale.
«Claudia – ci racconta Cometto, parlando della figlia affetta da sindrome di Rett, una rara malattia genetica dagli effetti assai gravi – non ha scelto di nascere malata, noi genitori non abbiamo scelto di avere una figlia con una malattia devastante, è stata la vita che ci ha fatto incontrare e ha fatto intrecciare le nostre vite. Ma lo Stato in cui viviamo ha il dovere di renderci la vita meno difficile, invece di ostacolarci ogni giorno per innumerevoli motivi. Solo rivolgendoci alle Legge oggi possiamo sperare in un riconoscimento dei Diritti Umani. Ai genitori stanchi, oppressi dal dolore e rassegnati a questo sistema disumano, dico di non rassegnarsi: i vostri figli hanno solo voi, se li abbandonate anche voi, non hanno speranza né futuro».
Ebbene, è proprio a «non rassegnarsi» e a ricorrere alla Giustizia, per far valere i propri diritti – non solo da parte delle famiglie coinvolte nella sindrome di Rett – che conducono Sentenze come quella pronunciata qualche settimana fa dal Giudice di Pace di Torino, con la condanna della Regione Piemonte e dell’ASL di riferimento.
Ma di che cosa si tratta esattamente? La storia di Marina Cometto e della figlia Claudia l’abbiamo ampiamente raccontata non molto tempo fa, una storia di decenni passati a cercare una diagnosi, arrivata solo tre anni fa, presso il Centro Nazionale di Riferimento per la sindrome di Rett a Siena.
Cosa chiedeva in sostanza Cometto? «L’ottenimento – come si legge nella Sentenza – in qualità di tutore della disabile, del rimborso delle spese di accompagnamento presso il Policlinico Le Scotte di Siena, ai fini di cure mediche extra Regione prestate negli anni 2011 e 2012 e 2013 appunto in favore della figlia gravemente invalida da malattia rara o Sindrome di Rett, avendo dedotto l’assoluta necessità di ricorso a Struttura Ospedaliera Specializzata extra moenia in assenza di analoga su tutto il territorio del Piemonte [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».
Infatti, si legge ancora, «nella Regione Piemonte non vi è alcun Centro di riferimento per la Sindrome di Rett riconosciuto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per tale patologia; né vi sono Presìdi di rete, strutture specifiche e adeguiate in grado di assicurare cure, monitoraggio e terapie per questa malattia», e nella Regione stessa «nessuna struttura aveva diagnosticato prima l’esatta natura della patologia».
Significativa anche l’argomentazione adottata dal legale di Cometto, nel sostenere la fondatezza della richiesta: «Trattasi di difesa di un diritto alla salute della persona disabile, che ha il diritto di essere curata dal Servizio Sanitario Nazionale in una struttura adeguata per il trattamento della sua malattia e di essere sollevata da tutti i costi relativi». E ancora: «L’art. 26 L. 833/78 [istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, N.d.R.] prevede che […] le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, sono erogate dalle unità sanitarie locali attraverso i propri servizi. L’unità sanitaria locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvede mediante convenzioni con istituti esistenti nella regione in cui abita l’utente o anche in altre regioni, aventi i requisiti indicati dalla legge».
Il lungo testo integrale della Sentenza è disponibile, su richiesta, presso la nostra redazione. Qui ci preme saltare direttamente alle conclusioni del Giudice di Pace, il quale ha dichiarato «la sussistenza del diritto […] al rimborso delle spese di accompagnamento presso un Centro Ospedaliero Specializzato fuori regione di residenza, sostenute negli anni 2011, 2012 e 2013, per la figlia affetta da Sindrome di Rett» e ha condannato sia la Regione che l’ASL a tale rimborso, rivalutazione e interessi compresi.
Sintetizzando: se in una Regione non esistono strutture in grado di trattare (e diagnosticare) al meglio una determinata patologia e se solo altrove vi sono valide alternative cui ricorrere, per far sì che la situazione della persona non peggiori ulteriormente, dovranno essere le Istituzioni Amministrative e Sanitarie di quella stessa Regione a farsi carico delle spese connesse.
Questo ha stabilito il Giudice di Pace di Torino e questo ci sembra possa essere un utile riferimento per tante famiglie coinvolte in situazioni analoghe, ben oltre la malattia specifica di cui si è parlato.
Ricordiamo ancora che gli interessati possono richiedere direttamente alla nostra redazione (info@superando.it) il testo integrale della Sentenza di cui si parla nella presente nota.
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