Il termine inglese caregiver può essere tradotto come “colui o colei che si prende cura” e in concreto designa quella figura – in genere un familiare, in larga prevalenza una donna – che volontariamente, in modo continuativo (o quasi), gratuito e responsabile, si prende cura di una persona che si trova in una situazione tale da avere necessità di assistenza, come ad esempio le persone con disabilità importanti o le persone anziane non autosufficienti. Si tratta di un lavoro gratuito di grande rilevanza sociale al quale in Italia non viene accordato alcun riconoscimento giuridico. La stessa circostanza che il termine inglese non abbia ancora un corrispettivo italiano esprime in modo eloquente il grado di attenzione riservato a questo lavoro e a chi lo svolge.
Nel corso degli anni sono state intraprese varie iniziative volte a supportare i caregiver. Ricordiamo, ad esempio, quella per il prepensionamento dei genitori con figli disabili gravi o gravissimi e, in tempi più recenti quella tuttora in corso per il riconoscimento giuridico ed economico-previdenziale del caregiver familiare, coordinata dal blog La Cura Invisibile, attraverso un’attività di sensibilizzazione e diverse azioni legali, tra cui un ricorso collettivo nazionale [di quest’ultima iniziativa si legga ampiamente anche nel nostro giornale. Dopo una prima udienza a Milano, che non ha avuto successo, la prossima è ora in programma per il 22 settembre a Roma, N.d.R.]. Tuttavia, sino ad oggi, non sono stati raggiunti i risultati sperati.
Il 25 marzo scorso l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna, con la Deliberazione Legislativa n. 87, ha approvato le Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza).
Non siamo qui in grado di dire se anche altre Regioni abbiano regolamentato la materia, o se prevedano di farlo. Riteniamo però che qualsiasi testo normativo che si muova nella direzione del riconoscimento di questa figura vada senz’altro guardato con attenzione.
Ma cosa prevede esattamente quella Delibera? Essa stabilisce che la Regione Emilia-Romagna «riconosce e valorizza la figura del caregiver familiare in quanto componente informale della rete di assistenza alla persona e risorsa del sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari» (articolo 1, comma 2).
Il/la caregiver familiare viene poi definito/a come «la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura, nell’ambito del piano assistenziale individualizzato (di seguito denominato PAI) di una persona cara consenziente, in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé» (articolo 2, comma 1).
In sostanza il/la caregiver diventa un elemento della rete del welfare locale e, in quanto tale – previo consenso della persona assistita (o di chi ne esercita la tutela) – ha accesso alle informazioni inerenti la stessa persona assistita, diventa destinatario/a di iniziative di formazione e orientamento, partecipando alla definizione del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI).
Lo stesso «PAI esplicita il contributo di cura e le attività del caregiver familiare nonché le prestazioni, gli ausili, i contributi necessari ed i supporti che i servizi sociali e sanitari si impegnano a fornire al fine di permettere al caregiver familiare di affrontare al meglio possibili difficoltà od urgenze e di svolgere le normali attività di assistenza e di cura in maniera appropriata e senza rischi per l’assistito e per sé medesimo» (articolo 3, comma 6).
Successivamente l’articolo 4 prevede che i/le caregiver si dotino di proprie rappresentanze e che queste ultime siano sentite nell’àmbito della programmazione sociale, socio-sanitaria e sanitaria.
Sempre l’articolo 4 definisce quindi gli interventi a favore del /la caregiver familiare, individuando quelli spettanti alla Regione e quelli a carico dei Comuni e delle Aziende USL, ponendo per altro, in tutti i casi, il «limite delle risorse disponibili».
In base quindi alla Delibera, la Regione:
°prevede azioni a supporto del caregiver familiare;
°promuove forme di sostegno economico attraverso l’erogazione dell’assegno di cura e di interventi economici per l’adattamento domestico;
°può favorire accordi con le rappresentanze delle compagnie assicurative che prevedano premi agevolati per le polizze eventualmente stipulate dal caregiver familiare che opera nell’ambito del PAI per la copertura degli infortuni o della responsabilità civile collegati all’attività prestata;
°promuove intese e accordi con le associazioni datoriali, tesi a una maggiore flessibilità oraria, che permetta di conciliare la vita lavorativa con le esigenze di cura;
°cura programmi di aggiornamento degli operatori sociali, socio-sanitari e sanitari sui temi legati alla valorizzazione dei/lle caregiver familiari e sulla relazione e comunicazione con gli stessi.
È invece compito dei Comuni e delle Aziende USL:
°assicurare al/alla caregiver familiare l’informazione, l’orientamento e l’affiancamento nell’accesso ai servizi necessari ai fini assistenziali;
°la formazione e l’addestramento finalizzati al corretto svolgimento del lavoro di cura;
°il supporto utile a evitare l’isolamento e il rischio di burnout, inteso come esito patologico di un “processo stressogeno” che colpisce le persone che esercitano attività di cura, anche attraverso l’attivazione di reti solidali, il supporto psicologico e la partecipazione a gruppi di auto mutuo aiuto di caregiver familiari;
°la definizione del responsabile delle cure nell’àmbito del PAI della persona assistita;
°l’individuazione di soluzioni condivise nelle situazioni di emergenza personale o assistenziale segnalate dal caregiver familiare, con un possibile piano per fronteggiare l’emergenza o la ridefinizione del PAI stesso, qualora la situazione imprevista assuma carattere di stabilità;
°il sollievo di emergenza e di tipo programmato;
°la domiciliarizzazione delle visite specialistiche nei casi di difficoltà di spostamento dell’assistito, compatibilmente con la disponibilità del personale medico e l’organizzazione dei servizi sanitari.
È quindi l’articolo 6 a stabilire una procedura di formalizzazione o certificazione delle competenze maturate nell’attività di assistenza e cura prestata in qualità di caregiver familiare, spendibile ai fini dell’accesso al lavoro, o del reinserimento lavorativo, dello/a stesso/a caregiver.
Infine (articolo 7), per sensibilizzare la comunità sul valore sociale del caregiver familiare, la Delibera istituisce il Caregiver Day, da celebrarsi ogni anno l’ultimo sabato di maggio.
Il presente approfondimento è apparso nel sito di Informare un’H – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contesto, per gentile concessione.
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