«Se è vero che una quota consistente degli sprechi in Sanità consegue alla prescrizione e all’erogazione di interventi sanitari inefficaci, inappropriati e dal low value [“basso rendimento”, N.d.R.], è indispensabile ripartire dalle migliori evidenze scientifiche per identificare tali interventi, al fine di ridurre le asimmetrie informative tra il mondo della ricerca e quello dell’assistenza sanitaria».
Lo dichiara in una nota Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, organizzazione costituita qualche anno fa dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che recentemente, nell’àmbito del progetto Salviamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale, ha inaugurato nella propria rivista «Evidence» una rubrica in cui viene tradotta e adattata al contesto nazionale una lista pubblicata da «Prescrire International», rivista d’informazione indipendente sui farmaci che fornisce a professionisti sanitari e pazienti informazioni affidabili, aggiornate e libere da conflitti di interesse e pressioni commerciali.
«I destinatari di tale lista – sottolinea Cartabellotta – sono innanzitutto i medici che dovrebbero valutare con estrema cautela la prescrizione di quei farmaci, ma anche le autorità regolatorie, perché allo stato attuale delle conoscenze il profilo rischio-beneficio dei farmaci inclusi è sfavorevole in tutte le indicazioni approvate. Di conseguenza, per un’adeguata tutela dei pazienti, è necessario valutare l’opportunità di mantenerli sul mercato o di limitarne le indicazioni autorizzate».
Nel dettaglio, i cinquantaquattro farmaci di quella “lista nera” appartengono a quattro diverse categorie, vale a dire quelle dei farmaci con effetti collaterali eccessivi rispetto ai benefici, dei vecchi farmaci con profilo rischio-beneficio meno favorevole rispetto a nuove molecole, dei nuovi farmaci con profilo rischio-beneficio meno favorevole rispetto alle alternative e dei farmaci per i quali non esistono adeguate prove di efficacia, ma è ben documentato il rischio di gravi effetti avversi.
«Anche quando non esistono alternative soddisfacenti a questi farmaci – conclude il Presidente di GIMBE – non è mai giustificato, in assenza di prove di efficacia, esporre i pazienti a rischi severi, anche nelle gravi patologie. In assenza di trattamenti efficaci nel migliorare la prognosi della malattia, l’opzione migliore è sempre rappresentata da una terapia di supporto personalizzata, perché la sicurezza del paziente viene prima di tutto». (S.B.)
È disponibile il testo integrale dell’articolo di «Evidence» citato nella presente nota. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@gimbe.org.
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