Ci vuole proprio un fisico bestiale per fare le persone con disabilità! Sì, perché accanto alle difficoltà che si affrontano quotidianamente nel portarsi appresso i propri problemi fisici e psicologici (e le due cose sono abbinate), si aggiungono i muri culturali che la società, così abile e perfettamente aderente ai canoni stilistici della modernità, crea per proteggersi dal diverso. Difendersi anche dai disabili!
Una persona con disabilità che batte un “abile”, e dove si è mai visto? Se ci riesce è solo per pietà. In molti, infatti, hanno pensato che se Giusy Versace ha vinto alla nota trasmissione televisiva Ballando con le Stelle, è stato “grazie” alla sua disabilità. La sua condizione ha portato i votanti (e il televoto) a sceglierla per “buonismo”. Per farsi un’idea di questo sentire comune, invito a leggere alcuni commenti a un mio testo pubblicato in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it», per rendersi conto dell’ipocrisia della gente incapace di vedere oltre. Sì, l’ipocrisia di non guardarsi allo specchio e valutarsi per quello che si è realmente. Siamo un po’ “tutti dis-abili”, come diceva Franco Basaglia.
La scusa del pietismo era già stata usata per Annalisa Minetti, sia quando partecipò a Miss Italia nel 1997, sia quando vinse, nella categoria Nuove Proposte, il Festival di Sanremo nel 2005. Per non parlare delle polemiche attorno alle “lame”, le gambe da corsa del Pistorius sportivo (lasciamo cortesemente da parte la vicenda personale), che lo avrebbero favorito nel confronto con gli atleti senza disabilità. O ancora di un superatleta come Alex Zanardi…
Basta buonismo, quindi. E sia. Questa scusa del pietismo che porta alla vittoria non ricorda da vicino il pensiero, altrettanto stupido, che riguarda il mondo del lavoro femminile? Chissà perché, se una donna fa carriera si pensa che sotto ci sia una storia losca… magari di letto.
Mi domando se la vera disabilità stia nel non avere due gambe, nel non vedere o piuttosto nell’ignoranza, nell’ottusità, nell’incapacità di giudicare per quello che si è. Nel credersi sempre “superiori” e nel non accettare che anche gli altri abbiano abilità. Ma no, è molto più semplice trovare una scusa ai propri insuccessi. Il capo? Guarda caso è lì per conoscenze (e talvolta, purtroppo, in Italia è vero). Il o la collega è promosso? Beh, sicuramente avrà fatto qualche cortesia ai superiori. E invece, perché non rimboccarsi le maniche nel lavoro, in famiglia e nella vita per mettere in luce i lati positivi propri e altri?
Essere disabili non è un lusso o un privilegio. È una sfiga che è capitata e chissà, potrà capitare a chiunque. Non conosco nessun disabile che, se ne avesse la possibilità, non farebbe a cambio con la “non disabilità”. Giusy Versace, credo, scambierebbe volentieri il premio di Ballando per le sue gambe. Una persona in sedia a rotelle regalerebbe tutti i parcheggi per disabili del mondo ai furbetti che ne usurpano gli spazi in cambio di arti funzionanti. Un non vedente scambierebbe immediatamente la sua pensione d’invalidità e l’accompagnamento (ben 700 euro al mese in tutto!), con chiunque si prendesse la sua condizione. Per essere considerati sul lavoro bisogno addirittura essere due volte più bravi dei colleghi… e a volte non basta neanche.
Essere disabili non è una scelta, non è una malattia contagiosa, è una condizione. Rendete l’onore delle armi a chi per una volta spicca. Non ruba nulla, mostra semplicemente che si può raccogliere un piccolo, ma importante successo, a chi magari, per condizione o carattere, fa più fatica a vivere e sopravvivere alla propria disabilità quotidiana.
Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “‘Ci vuole un fisico bestiale per fare’… i disabili”). Viene qui ripreso, con una serie di riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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