Diritti “deboli” in tempo di crisi? Proprio no!

di Salvatore Nocera*
Lascia a dir poco perplessi una recente Sentenza prodotta dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, secondo la quale i diritti costituzionali - e nella fattispecie quello allo studio degli alunni con disabilità - si affievolirebbero in presenza di situazioni di crisi della finanza pubblica. Per non parlare di quando si afferma che in tema di assistenza ed educazione ai minori l’obbligo del servizio pubblico sia meramente “sussidiario”...

Studenti con disabilitàTramite la Sentenza n. 617 del 17 novembre scorso, il Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) della Regione Siciliana ha confermato la precedente Sentenza 369/14 del TAR Sicilia (Tribunale Amministrativo Regionale), che aveva aumentato le ore di sostegno a un alunno con disabilità grave, ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, negando però ai genitori il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, con una serie di motivazioni che lasciano quanto meno perplessi e che riteniamo opportuno riportare testualmente qui di seguito.

«Se è vero – si legge dunque nella Sentenza del CGA della Sicilia – come periodicamente ribadito anche dalla giurisprudenza, che la “educazione ed istruzione”, piuttosto che la ‘salute’ quale “diritto fondamentale dell’individuo” […], specie se riferiti […] alla cura dei minori handicappati, costituiscono altrettanti diritti personali e sociali oggetto di tutela rafforzata, è anche vero che la tutela c.d. ‘incondizionata’ della salute, ribadita dal primo Giudice per concedere il sostegno nella misura richiesta dai genitori – depurata dalla forte caratura ideologica che ne ha accompagnato la sua rappresentazione politica e giuridica (anche nella cit. sentenza n. 80/2010 della Corte Costituzionale), oltre che mai realizzata nei fatti, sia in termini di prevenzione che di cura – non può per altro verso non subire oscillazioni, specialmente in tempi di crisi finanziaria acuta, come accade per la stagione attuale di finanza pubblica, che inevitabilmente si riverberano sulle scelte dell’Amministrazione, ogni qualvolta questa è chiamata a dover ponderarne la misura».
Successivamente: “a) il fatto che la misura della protezione accordata ai sensi della legge n. 104/1992 – e ciò soprattutto sta emergendo in questo tempo di crisi – è stata spesso il frutto di una determinazione condiscendente a vari interessi, che, poi, ad un più oculato controllo, sia in fatto che in diritto, si è dimostrata indebitamente determinata b) il fatto – sovente non considerato – che l’assistenza pubblica ai minori, in tutte le forme con cui questa può essere prestata, è da reputare in via di principio ‘sussidiaria’, o, comunque, non sostitutiva rispetto agli obblighi di assistenza ed educazione che prioritariamente incombono sui genitori che su di essi esercitano la potestà».
E infine: “Va rilevato che la richiesta [di risarcimento del danno patrimoniale, N.d.R.] non tiene conto che la stessa dichiarata ‘supplenza’ della madre può reputarsi una compensazione, oltre che dovuta, in larga misura adeguata – se non superiore, come altrimenti la stessa letteratura scientifica in materia insiste da tempo nell’affermare – a sopperire al ‘vuoto’ esistenziale che si pretende essere stato generato nella figlia minore a causa della ridotta copertura oraria di sostegno. Inoltre, con riguardo al danno patrimoniale, che si vuole subìto dalla madre per aver dovuto rinunciare all’insegnamento per coprire il ‘vuoto’ di assistenza alla figlia disabile generato dalla medesima riduzione oraria di sostegno, vale quanto sopra rilevato circa il carattere sussidiario dell’assistenza pubblica rispetto al dovere primario che comunque incombe sui genitori:, i quali, seppure possono pretendere misure di ausilio nei modi e nelle misure previste dal legislatore, non possono altrimenti pretendere risarcimenti di sorta laddove, sulla base di decisioni politiche, ovvero di plausibile contenuto amministrativo […] la misura accordata non dovesse corrispondere a quella pretesa, non ricorrendo l’essenziale requisito della ‘ingiustizia del danno’ come richiesto dall’art. 2043 c.c.».

Va sottolineato innanzitutto che rispetto al primo dei motivi sopra citati, non può trovare condivisione l’affermazione del Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliano, secondo cui i diritti costituzionali si affievoliscono in presenza di situazioni di crisi della finanza pubblica, affermazione opposta a quella di una costante giurisprudenza costituzionale e, da ultimo, della stessa Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale, che la Corte siciliana dichiara ritenere frutto di una «forte caratura ideologica».

Quanto al secondo motivo sopracitato, con la lettera a) si intende giustificare il rigore del CGA Sicilia nel negare il risarcimento come un argine a una «determinazione condiscendente a vari interessi, che, poi, ad un più oculato controllo, sia in fatto che in diritto, si è dimostrata indebitamente determinata».
Ebbene, sembra assai strano che un Giudice, anziché risolvere un caso concreto sulla base dei dati in suo possesso, voglia ergersi a difensore di quello che ritiene un orientamento generale lassista.
Riguardo poi alla lettera b), qui lascia realmente stupefatti l’affermazione che in tema di assistenza ed educazione ai minori l’obbligo principale incomba ai genitori e quello del servizio pubblico sia meramente “sussidiario”.
Ora, se è vero che l’articolo 30, comma 1 della Costituzione stabilisce che «è dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare i figli» e che (comma 2) «nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti», è pur vero che queste espressioni vanno intese nel senso che spetta ai genitori scegliere tra l’istruzione pubblica e quella privata e garantire comunque un’istruzione ai figli, con l’intervento sussidiario dello Stato che opera solo in caso di loro omissione. Ma questo non significa affatto che, laddove i genitori abbiano scelto l’istruzione pubblica, l’intento dello Stato – ad esempio nel fornire le dovute ore di sostegno – divenga sussidiario rispetto all’obbligo di educazione spettante ai genitori.
A confutare del resto la motivazione del CGA Sicilia, basta l’articolo 3, comma 2 della Costituzione stessa, secondo cui è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono di fatto l’eguaglianza dei cittadini; tale norma costituzionale ha giustificato ininterrottamente le varie Sentenze circa l’obbligo dell’Amministrazione Scolastica di fornire un numero di ore di sostegno corrispondenti alle «effettive esigenze» degli alunni con disabilità.

Quanto infine alla terza motivazione sopracitata, nei confronti della quale valgono le critiche testé svolte, si potrebbe osservare anche che – a voler essere paradossali, ma coerenti con le motivazioni adottate dal CGA Sicilia – in periodi di crisi finanziaria dovrebbero provvedere in primo luogo le famiglie a garantire a proprie spese le ore di sostegno e solo “in via sussidiaria” dovrebbe provvedere il Ministero dell’istruzione. E una tale argomentazione non dovrebbe valere anche per gli altri docenti curricolari della scuola pubblica?

Riteniamo pertanto che le famiglie dovrebbero analizzare con molta attenzione queste motivazioni perché ci sembra che in esse si annidi il germe di una totale delega ai privati delle funzioni pubbliche. A meno che non abbiamo compreso male i contenuti della Sentenza prodotta dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia…

Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale; responsabile del Settore Legale dell’Osservatorio Scolastico dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Il presente testo è il riadattamento di una scheda apparsa anche nel sito dell’AIPD.

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