A chi serve tanta burocrazia?

di Carlotta Bisio*
Se lo chiede la Vicepresidente dell’Associazione di Promozione Sociale Affetti Collaterali di Torino, di fronte alle “montagne” di moduli, documenti e materiali richiesti ogni due anni alla sua organizzazione - di cui è ben noto anche il laboratorio teatrale aperto a persone con diverse disabilità - e si chiede anche: «Come può tanta burocrazia migliorare la vita sociale delle persone con disabilità?»

Due mani che spuntano da montagne di praticheSono vicepresidente dell’Associazione di Promozione Sociale Affetti Collaterali di Torino e vorrei qui segnalare ed esprimere tutto il mio malcontento – anche come persona con disabilità visiva – per le eccessive e inutili lungaggini burocratiche cui veniamo sottoposti dagli Uffici del Terzo Settore nel nostro territorio.
Svolgiamo da oltre quindici anni attività riconosciute dagli enti e dalla popolazione del territorio piemontese – tra cui anche un noto laboratorio teatrale di integrazione, rivolto a persone con diverse disabilità – e abbiamo ricevuto molti riconoscimenti, non ultimo il Primo Premio Nazionale Assoluto Persona e Comunità (Sezione Cultura), con la Medaglia della Presidenza della Camera. Lo facciamo con forte spirito umanitario e dedizione e il tempo impiegato non è poco.
Ad oggi – siamo Associazione di Promozione Sociale dal 2010 – non abbiamo mai ricevuto sostegni dal Terzo Settore, né economici (i bandi sono solo per le Associazioni di Volontariato), né per la divulgazione delle nostre attività. In compenso ci viene chiesto di presentare ogni bienno “chili e chili” di documentazione, materiale, tra l’altro, che non sempre è di facile compilazione.
Quest’anno, addirittura, ci è stato chiesto di scrivere in dettaglio – oltre all’elenco delle attività svolte (ciò che è normale e fattibile), insieme a tanti altri moduli da compilare e documenti da presentare – anche il numero di ore per ogni attività, il numero di partecipanti, quanti volontari e altre “cosucce”.

Ebbene, le ore variano a seconda di ogni singola attività (e all’interno di queste, di ogni singola richiesta); i partecipanti variano a seconda di attività/insegnamento/spettacolo/intrattenimenti/ecc.; varia naturalmente anche il pubblico, soprattutto in teatro, e quindi non è sempre quantificabile; gli spettacoli sono a richiesta e di diversa finalità, ergo sono variabili anche questi.
Detto dunque tutto questo, mi vien da chiedere: quanto tempo dobbiamo passare attaccati al computer, per scrivere, compilare, ricostruire – ammesso che si riesca a risalire al tutto – adempiendo così alle richieste del Terzo Settore?
Personalmente credo che non si possa solo “chiedere senza mai dare”! Essere infatti diventati Associazione di Promozione Sociale e avere portato il nome della Provincia di Torino, con orgoglio, in ogni nostra attività, oggi ci porta a chiedere: «In base a tutti gli aiuti che abbiamo dato e alla promozione che abbiamo fatto al Terzo Settore, che cosa abbiamo avuto?». Direi solo assurda e inutile burocrazia, che ci priva del tempo che potremmo dedicare alle attività grazie alle quali abbiamo avuto il riconoscimento stesso di Associazione di Promozione Sociale.

Ma a chi serve tanta burocrazia? La popolazione del territorio ne trae qualche vantaggio? Come può migliorare la vita sociale delle persone con disabilità? E come possono impegnarsi nelle attività istituzionali i soci collaboratori delle Associazioni di Promozione Sociale, se devono passare il tempo a fare i burocrati?

Vicepresidente dell’Associazione di Promozione Sociale Affetti Collaterali di Torino.

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