Nel 2007, l’ultima volta che Danny Abu Haidar, persona con disabilità in carrozzina, tentò di partecipare attivamente al processo democratico che cerca faticosamente di farsi strada in Libano, egli dovette toccare con mano il fatto di non poter votare autonomamente alle elezioni suppletive del suo Paese, e non certo per pressioni politiche, ma per il “semplice” fatto di non poter fisicamente accedere al seggio.
«Una volta arrivato alla sede elettorale – racconta infatti lo stesso Haidar – ho dovuto innanzitutto parcheggiare la macchina a oltre centocinquanta metri di distanza e poi, arrivato al seggio grazie all’aiuto di altri, ho scoperto che esso era situato al secondo piano dell’edificio. Per superare i tanti gradini, quindi, due persone hanno dovuto trasportarmi e come “ciliegina finale” ho scoperto che il tavolo dov’era sistemata la scheda era troppo alto per consentirmi di compilarlo da solo e di votare i candidati che desideravo».
Come componente della grande comunità di persone con disabilità del Libano, Danny Abu Haidar dovrebbe veder garantite le sue pari opportunità al lavoro, all’istruzione, alla salute e al voto dalle leggi del suo Paese. E tuttavia sono in molti a sostenere che nello Stato mediorientale la disabilità resta ampiamente ai margini, ciò che è dovuto in gran parte al fatto che non è mai nemmeno stato realizzato un censimento di quante siano le stesse persone con disabilità.
Se infatti c’è uno studio del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), curato nel 1990, poco dopo la fine di quindici disastrosi anni di guerra civile, che stima come disabile un libanese su dieci (più di 300.000 persone su una popolazione totale di circa 3 milioni e 900.000 abitanti), ancor oggi al Ministero degli Affari Sociali risultano ufficialmente registrate solo 70.000 persone.
In un Paese, quindi, che per decenni ha vissuto in uno stato di guerra e di occupazione, tra bombardamenti, rivolte armate e violenza, dove tra l’altro alcune aree restano sostanzialmente inaccessibili, a causa degli ordigni inesplosi, diventa assai complicato definire quante esattamente siano le persone con disabilità.
Recentemente, però, il ministro dell’Interno Ziad Baroud ha approvato un Decreto che per la prima volta stabilisce il diritto delle persone con disabilità libanesi a votare con le medesime opportunità degli altri cittadini. «Ci rendiamo ben conto – commenta lo stesso ministro – di quanto sia lungo il cammino per raggiungere gli standard internazionali di accessibilità ai seggi elettorali e tuttavia questo Decreto è certamente un primo passo molto importante».
Soddisfazione in tal senso è stata espressa anche dalla LPHU (Lebanese Physical Handicapped Union), l’Unione Libanese delle Persone con Disabilità Motoria, che lo ritiene come il primo riconoscimento ufficiale alle sue campagne pubbliche di informazione e sensibilizzazione. «Non poter votare in modo autonomo – ha sottolineato ad esempio la responsabile dell’associazione Sylvana Lakkis – significa non riuscire a far sentire la propria voce. E finora le persone con disabilità che volevano votare dovevano sempre farlo aiutate da qualcuno che le accompagnasse al seggio, spesso influenzandone la scelta elettorale».
Proseguendo dunque una campagna lanciata già nel 2005 dalla YAB (Youth Associazione for the Blind), l’Associazione dei Giovani Non Vedenti, e ritenendo che questa possa diventare una vera e propria “chiave di volta” per assicurare vari diritti fondamentali alle persone con disabilità, la LPHU ha realizzato un censimento dei seggi elettorali, con gruppi di volontari che ne hanno visitati ben 1.779, documentandone la situazione, in vista delle elezioni legislative previste nel prossimo mese di giugno.
I risultati dell’indagine – altro elemento di novità che conferma l’importanza di internet in certe realtà, più ancora che in altre – saranno disponibili nel prossimo mese di aprile all’interno del sito dell’associazione, consentendo a tutte le persone con disabilità di vedere dove esistono dei seggi accessibili.
Finora, purtroppo, i risultati non sono stati certo promettenti. Infatti, calcolando un campione di settanta seggi nella capitale Beirut, si può dire che solo due di essi siano attrezzati a ricevere le persone con disabilità motoria, durante le elezioni, senza che queste siano aiutati da altri. Altri sette, poi, sono stati ritenuti in grado di poter diventare accessibili in tempo per le elezioni di giugno.
«C’è ancora tanto da fare – commenta Sylvana Lakkis – in un Paese che si può definire per noi quasi “completamente inaccessibile”. E tuttavia, siccome i seggi elettorali sono in genere situati nelle scuole, stiamo cercando di far sì che il Governo apra una linea costante di finanziamenti, per far sì che in futuro tutte le scuole diventino accessibili. Questo garantirebbe il rispetto di ben tre diritti fondamentali: l’istruzione, il voto e anche l’accesso ai rifugi di emergenza, come spesso è capitato alle scuole di diventare in tanti momenti di storia del nostro Paese».
A questo punto, vista l’attuale situazione, un obiettivo più plausibile per ottenere risultati concreti, potrebbero essere le elezioni amministrative del 2010. Anche su questo l’Unione Libanese sta lavorando in collaborazione con il Ministero dell’Interno. Un lavoro – per tornare al “protagonista” iniziale di questo racconto, vale a dire Danny Abu Haidar e il suo “voto impossibile” del 2007 – che egli stesso definisce come «fondamentale per l’autonomia e la dignità di chi vive con le mie stesse difficoltà».
Qualcosa insomma sembra muoversi positivamente anche in questo tormentato Paese che – lo ricordiamo – non ha ancora ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, pur avendola sottoscritta – insieme al Protocollo Opzionale – il 14 giugno 2007.
Si ringrazia per il materiale fornito Frank Mulcahy (Irlanda). Traduzione e adattamento a cura di Stefano Borgato. Al sito della LPHU (Lebanese Physical Handicapped Union), con testi anche in inglese, si accede cliccando qui.
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