«C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo. Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio»: viene citato Milan Kundera e il suo celebre libro La lentezza, dall’AIPD, l’Associazione Italiana Persone Down aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), nel segnalare la propria piena sintonia con la lunga Giornata Mondiale della Lentezza, la cui nona edizione si è aperta il 7 giugno e si articolerà su varie iniziative fino al 13 di questo mese.
Si tratta, lo ricordiamo, di un’iniziativa promossa dall’Associazione L’Arte del Vivere con Lentezza, che «rivolge a tutti i cittadini del globo un invito ad ascoltare il ritmo del tempo per ritrovare uno stile di vita armonico, rispettoso e frugale che consenta di superare i danni causati dalla frenesia con la semplicità di una pausa, di un gesto e di un sorriso».
«Le persone con sindrome di Down – sottolineano dunque dall’AIPD – conoscono bene la lentezza, è una loro compagna costante, nel bene e nel male. I ritmi più lenti, però, non sono solo un limite, ma anche una fortuna, se visti con un altro sguardo, come ad esempio insegnò a suo tempo Alessandro a Roberto Benigni».
Il riferimento al celebre attore e regista riguarda, nello specifico, la realizzazione grafica prodotta per l’occasione dalla stessa AIPD, dove ad accompagnare le foto di alcune persone, vi sono le parole pronunciate appunto da Benigni, dopo la fine delle riprese, nel 1991, del suo film Johnny Stecchino, tra i cui interpreti, nella parte di Lillo, vi era stato Alessandro De Santis, giovane con sindrome di Down. «Caro Alessandro – aveva scritto Benigni -, ti posso dire da regista che sei stato per me un bravissimo attore, e da attore che sei stato per me un bravissimo regista. Anche quando ti chiamavano sul set e tu mi rispondevi: “ora noi, devo finire il mio cappuccino!”. Anche questo ho imparato da te. L’ho fatto anch’io nel mio ultimo film che ho appena finito di girare con gli americani e funzionava».
Un bel monito, questo, anche pensando a tristi episodi di discriminazione, come quello subìto recentemente in Veneto, da alcuni giovani con sindrome di Down, accusati di “eccessiva lentezza” nel fare il biglietto del treno. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampaaipd@gmail.com (Marta Rovagna).
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