In Italia un bambino su 7 nasce e cresce in condizioni di povertà assoluta, uno su 20 assiste a violenza domestica e uno su 100 è vittima di maltrattamenti. Uno su 20, inoltre, vive in aree inquinate e a rischio di mortalità, uno su 50 soffre di una condizione che comporterà una disabilità significativa all’età dell’ingresso nella scuola primaria, uno su 500 vive in strutture di accoglienza.
E ancora, più di 8 bambini su 10 non possono usufruire di servizi socio-educativi nei primi tre anni di vita e uno su 10 nell’età compresa tra i 3 e i 5 anni. Nel 2013 in Italia sono andati al nido solo 218.412 bambini, pari al 13,5% della popolazione sotto i 3 anni. E la situazione nel Mezzogiorno è ancora più grave, se si considera che tutte le Regioni del Sud si collocano sotto la media nazionale, come la Sicilia, con appena il 5,6% dei bambini che ha avuto accesso al nido, la Puglia con il 4,4%, la Campania con il 2,7% e la Calabria con il 2,1%.
Sono questi i dati principali che emergono dall’8° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) in Italia, anno 2014-2015, presentato nel giugno scorso a Roma (e alla cui diffusione sono dedicati in particolare questi mesi autunnali) alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti e alla cui redazione hanno contribuito ben 124 operatori delle 90 organizzazioni del Gruppo CRC (se ne legga in calce). Tra queste ultime, dal 2014, vi è anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che come già in passato era accaduto con il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità), ha fatto valere la propria presenza in modo sostanziale, per porre in piena luce le gravi condizioni di discriminazione e di violazione dei diritti umani, subiti ancora sin troppo spesso dai bimbi e dalle bimbe con disabilità, per definizione “i più vulnerabili tra i vulnerabili”.
In sintesi, il nuovo Rapporto evidenzia che – a vent’anni esatti dal primo documento analogo, inviato dall’Italia al Comitato ONU per la CRC – «il sistema organico di politiche per l’infanzia», su cui il nostro Paese si era impegnato con la ratifica della Convenzione ONU, non è stato realizzato. In fase di presentazione, dunque, le varie organizzazioni coinvolte hanno auspicato che l’adozione del nuovo Piano Nazionale per l’Infanzia, con priorità e azioni ben definite e supportate da un adeguato impegno economico, possa essere il primo passo per rimettere al centro dell’agenda politica le misure per la tutela dei minori.
«Ci sono bambini – dichiara in tal senso Arianna Saulini di Save the Children, coordinatrice del Gruppo CRC – che fin dalla nascita soffrono di carenze che ne compromettono lo sviluppo fisico, mentale scolastico e relazionale. Tra questi eventi, indicati come fattori di rischio, figurano condizioni sfavorevoli durante la gravidanza, cure genitoriali inadeguate, violenza domestica ed esclusione sociale. Per questo chiediamo che il prossimo Piano Nazionale per l’Infanzia dedichi speciale attenzione ai primi anni di vita del bambino, che vengano realizzate politiche adeguate per superare il divario territoriale nell’offerta educativa e che si costruisca un qualificato sistema integrato per l’infanzia e l’adolescenza, impegnando adeguati e stabili investimenti finanziari e introducendo un meccanismo permanente di monitoraggio della spesa».
A proposito di risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza, il Rapporto denuncia che a distanza di anni non esiste ancora un monitoraggio a livello istituzionale e che manca una strategia nazionale e una visione di lungo periodo nell’allocazione delle risorse. Le carenze, tuttavia, non sono solo di tipo economico, ma anche di raccolta e coordinamento delle informazioni.
Così, ad esempio, se si considera il problema dei minori privi di un ambiente familiare, gli stessi dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali presentano lacune e incongruenze. Si sa infatti che al 31 dicembre 2012 i minorenni affidati a parenti erano 6.750, quelli affidati a terzi 7.444, per un totale complessivo di 14.191 affidamenti familiari, e che i minori inseriti in comunità erano 14.255. Poco o nulla, però, si sa in riferimento alle cause dell’allontanamento dalla famiglia e ai motivi che hanno portato a scegliere l’accoglienza in comunità o l’affido, il tipo di struttura di accoglienza e i tempi di permanenza. Informazioni che mancano soprattutto per i minorenni tra 0 e 5 anni.
A ciò si aggiunga che molte Regioni non forniscono i dati richiesti, come la Calabria, che non ha aderito alla rilevazione, la Liguria e la Sardegna, che hanno fornito dati discordanti rispetto ai criteri della rilevazione e l’Abruzzo, che non ha inviato i dati sull’affidamento familiare. Ed è incomprensibile anche il divario tra le statistiche del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e quelli del Dipartimento per la Giustizia Minorile sugli affidamenti familiari consensuali o giudiziari.
Infine, sempre in merito al sistema di raccolta dati, la Banca Dati Nazionale dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione è operativa soltanto in undici Tribunali per i Minorenni sui ventinove esistenti e ciò rende difficile garantire a ogni bambino la scelta della miglior famiglia, quantificare e monitorare la situazione dei piccoli che non vengono adottati, nonostante le tante famiglie disponibili.
Per quanto poi concerne le difficoltà economiche di molte famiglie con minori, pur riconoscendo l’impegno del Governo con la sperimentazione della nuova Social Card, Saulini sottolinea che «la povertà minorile in Italia è in continuo aumento (infatti, dal 2012 al 2013 i minori in condizioni di povertà assoluta sono passati da 1.058.000, il 10,3% a 1.434.000, il 13,8%)» e ribadisce «l’urgenza di un Piano Nazionale di Contrasto alla Povertà, che tenga in debita considerazione le famiglie con figli minorenni e che sia in grado di organizzare in maniera organica le varie e frammentate misure messe in campo in questi anni».
Il Rapporto dedica quindi un paragrafo ai minori stranieri non accompagnati – tema di grande attualità, considerati i numerosi sbarchi di questo periodo – rilevando la necessità di mettere subito a sistema il nuovo sistema di accoglienza.
Dal 1° gennaio al 31 marzo 2015 sono sbarcati in Italia 10.165 migranti, di cui 902 minori (289 accompagnati e 613 non accompagnati), dato che in questo mese di giugno è balzato a quasi 5.000 minori. Nel 2014, 26.122 minori avevano raggiunto le coste italiane e di questi 13.026 erano risultati essere non accompagnati, ovvero un numero pari a due volte e mezzo quello registrato nel 2013. Si tratta per la maggior parte di ragazzi tra i 15 e i 17 anni, originari dell’Eritrea (3.394), dell’Egitto (2.007) e della Somalia (1.481). Da menzionare anche l’elevato flusso migratorio via mare dalla Siria: nel 2014, infatti, erano sbarcati 10.965 minori (10.020 accompagnati e 945 non accompagnati).
Alla data di stesura del Rapporto, infine, erano oltre 500 i minori ancora in attesa del collocamento in comunità, che si trovano, da mesi, in strutture temporaneamente adibite alla loro accoglienza, attivate “in emergenza” a livello locale, in Sicilia, Puglia e Calabria. (C.C. e S.B.)
È disponibile anche un file in cui vengono evidenziate le varie Raccomandazioni (21 generiche al Governo, di cui 13 rivolte a più soggetti; 24 al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca; 20 al Ministero della Salute; 17 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 14 delle quali coinvolgono altri Ministeri/soggetti; 16 al Ministero della Giustizia; 22 al Parlamento; 20 alle Regioni).
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@savethechildren.org (Claudia Caputi); info@gruppocrc.net.Il Gruppo di Lavoro CRC
La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. L’Italia l’ha ratificata il 27 maggio 1991 con la Legge 176/91. Ad oggi essa è stata ratificata da oltre 190 nazioni, cioè praticamente da quasi tutti i Paesi, ed è lo strumento internazionale più ratificato al mondo.
Per verificare che i princìpi sanciti dall’importante documento siano effettivamente rispettati, le Nazioni Unite chiedono ad ogni Stato di redigere e presentare ogni cinque anni un rapporto. Inoltre, per dare voce anche al punto di vista della società civile, le Organizzazioni Non Governative e del Terzo Settore hanno la possibilità di elaborarne uno supplementare.
Per questa ragione, dalla fine del 2000 è attivo in Italia il Gruppo di Lavoro per la CRC che l’anno successivo ha redatto un rapporto sulla condizione dell’infanzia in Italia, supplementare a quello che il Governo Italiano aveva precedentemente presentato alle Nazioni Unite.
In seguito il Gruppo di Lavoro ha deciso di proseguire nella sua opera di monitoraggio, redigendo annualmente un rapporto di aggiornamento che verifica lo stato di applicazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel nostro Paese.
Sono oggi ben 90 le associazioni e le organizzazioni non profit a far parte del Gruppo di Lavoro per la CRC (in loro rappresentanza, per elaborare il Rapporto di quest’anno, hanno lavorato 124 operatori del Terzo Settore) e a coordinarle è Save the Children Italia.
Tra di esse – dal 2014 – vi è anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), insieme, tra le altre, all’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), alla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) e all’Associazione L’abilità di Milano.
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