«Mi chiamo Luca, ho 36 anni, abito a Milano e sono affetto da distrofia muscolare. Ogni mattina quando mi sveglio penso alla mia situazione, della malattia. Perché è toccato a me e poi come affrontare la giornata».
Inizia così, con le immagini e le parole di Luca, Articolo 3, il docu-drama della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), un video di trenta minuti con quattro storie di vita quotidiana di altrettanti malati che ogni giorno si trovano costretti ad affrontare non solo la malattia, ma anche l’indifferenza e l’incomprensione delle istituzioni e delle persone [il nostro sito se n’era già occupato nel testo disponibile cliccando qui; Articolo 3 è visionabile nel sito della UILDM, cliccando qui, N.d.R.].
A Luca, ad esempio, sono stata concesse solo sei ore settimanali (non quotidiane) di assistenza, e per fortuna ci sono le cooperative ad aiutarlo. Emma, 6 anni, di Padova, non può avere un accompagnatore che la segua a scuola. Federico, 14 anni, di Roma, si è trovato davanti un preside che non lo ha voluto nel suo istituto e che, andando contro la legge, al momento dell’iscrizione non ha presentato la domanda di assistenza al Comune e alla Provincia. Morale: Federico non si è potuto iscrivere e ha passato un anno a casa. Infine, Umberto, 50 anni, di Napoli, i cui condòmini due anni fa hanno fermato con una causa legale la costruzione dell’ascensore nel palazzo in cui vive. I ritardi per far ripartire i lavori lo costringono ancora oggi a salire fino al quinto piano con le scale, nonostante lui cammini con enormi difficoltà.
Articolo 3 è un vero e proprio “pugno nello stomaco”. Nessun commento superfluo, eppure ogni parola degli intervistati sembra una bastonata. «L’idea – racconta Alberto Fontana, presidente nazionale della UILDM – è nata per la nostra Giornata Nazionale e in particolare per denunciare che l’articolo 3 della Costituzione, quello che dice “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, non è affatto rispettato. Non a tutti è dato il sostegno necessario per avere le stesse possibilità».
Ideatore dell’iniziativa è stato lo stesso Fontana. «Un video – spiega – ha molta forza, le immagini rimangono impresse. Per la Giornata Nazionale ho pensato che servisse qualcosa di nuovo per raccontare che non tutto è risolto, che ci sono persone che soffrono in silenzio, al limite della decenza. E quelle che hanno accettato di apparire in Articolo 3 sono coraggiose, perché rischiano anche di essere riconosciute e trattate con pietà, e non con rispetto».
La parte tecnica del progetto è stata affidata a Casimiro Lieto e Matteo Capanna, due professionisti che hanno curato anche le campagne di Telethon: «Non abbiamo accettato mediazioni – ammette Lieto – e anche grazie a Fontana, non abbiamo avuto paura di raccontare il dolore. La TV spesso ha dei falsi pudori e lo evita, lo nasconde. Ma queste persone lo vivono e non hanno avuto problemi a mostrarlo». E su questo si trova d’accordo anche Capanna: «Prima di iniziare avevo un po’ di timore. Ma la forza dei protagonisti ci ha guidato. Quando sono arrivato, Emma guardava Peter Pan, dove la fatina Trilly fa volare i bambini. Un’immagine che mi ha colpito; lei non può neppure camminare. Ma ciò che mi ha più stupito è la voglia di futuro di queste persone, la forza di lottare».
E forse il documentario non è stata una cattiva idea, visto che la sua uscita sulle TV nazionali ha smosso le istituzioni. Tra le prime c’è il Comune di Milano, che ha concesso l’assistenza quotidiana a Luca. Voci di corridoio dicono che il merito è anche di Fontana, che sarebbe andato di persona negli uffici con il video in mano. Ma va bene così, l’importante è il risultato.
*Testo già apparso in «Vita.it – La voce del non profit» e qui ripreso per gentile concessione.
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