Che sapesse portare l’emozione a livelli sublimi, chi lo aveva visto e ascoltato nei suoi concerti per il mondo lo sapeva bene. Compresi coloro che non si erano persi lo scorso dicembre l’evento al Teatro Dal Verme di Milano, per Il bello dell’Italia, elogio e racconto che il «Corriere della Sera» ha fatto a una delle componenti fondamentali del nostro Paese. Ma non per la sua condizione. Per la sua musica.
Ezio Bosso mostra ogni volta questo: vi entro nel cuore. Lo ha fatto in uno dei momenti più alti del Festival di Sanremo e questo va a merito degli autori e di Carlo Conti, anche per come ha saputo presentare uno dei grandi della musica, senza nascondere nulla degli effetti della malattia degenerativa che lo ha colpito pochi anni fa [la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, N.d.R.], ma centrando quei minuti su ciò che la musica trasmette e come.
Il palco di Sanremo per fortuna non è nuovo a mostrare chi riesce a farci dimenticare il prefisso “dis”, che un giorno arriveremo a non usare più. La mente va alle stesse grandi emozioni che diede Simona Atzori, stella della danza, quando ballando in apertura del Festival del 2012, non fece pensare a quelle braccia «che erano rimaste in cielo», come aveva saputo dire Candido Cannavò con un’immagine bellissima [scomparso nel 2009, il giornalista Candido Cannavò aveva dedicato a Simona Atzori una delle storie e anche la copertina del suo libro del 2005 intitolato “E li chiamano disabili”, N.d.R.].
La cultura dell’abilità: cominciamo a entrare in questo modo di pensare la società. Guardare le abilità vuol dire uscire dal pregiudizio. Esaltare la persona nella pienezza della sua esistenza. L’arte e lo sport – e in questo caso basta aspettare la Paralimpiade di Rio de Janeiro del settembre prossimo – sono i due àmbiti principali dove questo avviene. Bosso ne è uno degli esempi più significativi.
Compositore fra gli eccelsi nel mondo, è passato attraverso la malattia che gli ha portato difficoltà in movimenti e linguaggio. Ma la parola e la musica nascono dal cuore e si sviluppano lì. Una straordinaria esibizione, dove queste difficoltà non sono scomparse come per incanto. Erano invisibili perché portavano a essere rapiti da altro. Le capacità di Bosso nel proporre al piano quel suono di una musica che aveva immaginato.
Ecco il passaggio che la società deve fare: togliere le parole disabilità, integrazione, inclusione. Pensare e guardare alle abilità, quelle di ognuno secondo le sue capacità. È il grande messaggio culturale che Ezio Bosso ci ha lanciato da Sanremo. Cogliamolo per cambiare il mondo.
Testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Bosso e l’abilità senza ‘dis’”). Viene qui ripreso, con alcuni minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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