In una nota diffusa in questi giorni, successiva alle Sentenze sull’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), con le quali il Consiglio di Stato ha confermato quanto già deciso lo scorso anno dal TAR del Lazio, l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), per tramite del proprio presidente nazionale Roberto Speziale, ha richiesto al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti «l’urgente convocazione del “tavolo di monitoraggio”, per mettere in atto la modifica dell’attuale ISEE per le parti dichiarate illegittime».
«Oggi – dichiara Speziale – un cittadino che si rivolgesse a un CAF o all’INPS per richiedere un ISEE, che cosa otterrebbe? Tale documento sarebbe legittimo? E gli ISEE rilasciati dopo le sentenze del TAR del Lazio e quindi risalenti allo scorso anno, anch’essi illegittimi, non dovrebbero essere revocati d’ufficio e risarcite le persone che a causa di un ISEE illegittimo non avessero avuto accesso a determinate prestazioni o avessero dovuto contribuire con una compartecipazione più alta di quella dovuta? E ancora, quante Regioni hanno emanato le linee guida e quanti Enti Locali hanno aggiornato conseguentemente i loro regolamenti, stabilendo soglie di accesso eque, senza scaricare, a loro volta, sui cittadini “compartecipazioni” estremamente onerose e “vessatorie”? E dove sono finite le risorse risparmiate che dovevano essere riallocate nel sociale?».
Come abbiamo già ampiamente riferito nel nostro giornale, il 29 febbraio scorso la Sezione IV del Consiglio di Stato ha respinto, con le Sentenze n. 838/16, n. 841/16 e n. 842/16, tutti i ricorsi contro quei provvedimenti assunti nel febbraio dello scorso anno da Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (n. 2454/15, n. 2458/15 e n. 2459/15), riguardanti il Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 159/13 e cioè il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE). Quest’ultimo, com’è ben noto, riguarda milioni di cittadini italiani, in quanto viene richiesto ad esempio per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate, ovvero a tutti i servizi o gli aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (prestazioni ai non autosufficienti; servizi per la prima infanzia; agevolazioni economiche sulle tasse universitarie; agevolazioni per le rette di ricovero in strutture assistenziali; eventuali agevolazioni su tributi locali).
In sostanza, le Sentenze del TAR del Lazio avevano respinto una serie di elementi sollevati dai ricorrenti, accogliendo invece due contestazioni centrali nell’impianto di calcolo dell’Indicatore della Situazione Reddituale, ovvero una delle due componenti dell’ISEE (l’altra è quella Patrimoniale). Letti pertanto in modo combinato, quei tre provvedimenti avevano stabilito «di escludere dal computo dell’Indicatore della Situazione Reddituale i “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche” (art. 4, comma 2 lettera f)», ovvero «tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.»; di annullare, inoltre, il DPCM 159/13 «nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (art. 4, lettera d, n. 1, 2, 3)».
«In Italia – commenta ora Speziale, dopo i pronunciamenti del Consiglio di Stato – ovvero in un Paese in cui sono enormi i tassi di evasione, corruttela ed elusione, disporre di un sistema equo, trasparente e semplice per stabilire la situazione economica e patrimoniale di singoli cittadini o nuclei familiari che richiedano l’accesso a prestazioni sociali agevolate e quindi a condizioni di miglior favore rispetto agli altri cittadini, proprio a causa delle loro oggettive difficoltà economiche, rappresenta un’esigenza imprescindibile, per evitare, appunto, che l’accesso alle prestazioni presenti lati oscuri che minino l’esigibilità concreta dei diritti dei cittadini. Non vorremmo, però, che il tutto si trasformasse in una vittoria di Pirro! Se infatti è vero come è vero che le provvidenze economiche non andavano computate nell’ISEE e che la nostra Associazione ha da sempre sostenuto tale principio, è anche vero che l’ISEE, grazie al sistema delle franchigie, nella stragrande maggioranza dei casi relativi alle persone con disabilità e alle loro famiglie, vedeva compensato il computo delle provvidenze, portando anche un risultato migliorativo rispetto al precedente sistema di calcolo. Ora, quindi, non vorremmo che qualcuno, vista l’espunzione dall’ISEE delle citate provvidenze e il dover rimettere mano all’Indicatore, prendesse la “palla al balzo” per peggiorare, anziché agevolare l’accesso alle prestazioni, scaricando ulteriormente il carico dell’assistenza sulle famiglie e innalzando la compartecipazione ai servizi. Piuttosto il nostro Paese si dovrebbe interrogare per quale motivo sempre più le persone con disabilità, anche singolarmente, le famiglie e le loro associazioni sono costrette a rivolgersi alla Magistratura, per vedersi riconosciuti i loro sacrosanti diritti, la maggior parte addirittura di rango costituzionale. Meccanismo, questo, che sta frazionando il mondo della disabilità, assistendo, sempre più spesso, a un’autentica “guerra tra poveri” con il rischio che chi rimane fuori dalla pur insufficiente rete dei servizi consideri dei “privilegiati” e degli “asserviti” al sistema coloro che con mille peripezie e difficoltà riescono ad ottenere qualche minima e vitale risposta. Per non parlare della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che pur essendo la Legge 18/09, dello Stato Italiano, continua ad essere praticamente ignorata!».
La nota dell’ANFFAS si sofferma poi sul merito delle tre Sentenze recentemente prodotte dal Consiglio di Stato, sottolineando quanto si rileva da esse, ovvero «l’illegittimità di richiedere nell’ISEE le provvidenze economiche connesse alla disabilità e la necessità di rivedere le franchigie presenti». «Il Consiglio di Stato – precisa dunque Speziale – ha confermato quanto già stabilito un anno fa dal TAR del Lazio, ma il Governo – nonostante forti sollecitazioni, anche da parte nostra – non solo non aveva dato seguito a tali pronunciamenti, ma addirittura aveva anche fatto appello nei confronti delle associazioni, delle persone con disabilità e dei familiari ricorrenti. Ora il Consiglio di Stato ha messo la parola fine, ribadendo che le provvidenze e i benefìci economici erogati dallo Stato per “compensare” la disabilità non sono da considerare nell’Indicatore della Situazione Reddituale, una delle componenti che vengono considerate nel calcolo dell’ISEE. A questo punto, auspichiamo quindi che il Governo si adegui immediatamente a tali pronunciamenti».
Altro importante passaggio su cui si sofferma l’ANFFAS è «l’illegittimità della differenziazione nelle franchigie – somme che abbassano la condizione reddituale finale in considerazione del maggior rischio di impoverimento delle persone con disabilità e delle loro famiglie – tra maggiorenni e minorenni (più alte, a priori, per questi ultimi)».
«Durante la costruzione del nuovo ISEE – sottolinea a tal proposito Speziale – avevamo tentato di migliorare la condizione dei minori con disabilità rispetto a qualsivoglia altro minore, richiedendo che ai minori con disabilità fosse estesa la già prevista disciplina di favore dei maggiorenni con disabilità, che accedono alle prestazioni socio-sanitarie ai sensi dell’articolo 6 del DPCM 159/13. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, invece, aveva pensato di introdurre in maniera grossolana, in favore dei minori con disabilità, solo maggiorazioni automatiche e oggettive (per il solo fatto dell’età) delle dette franchigie, che quindi inevitabilmente erano state dichiarare illegittime dal TAR Lazio per l’immotivata differenziazione di trattamento. Ci attendiamo, pertanto, che per i minori con disabilità sia estesa la stessa disciplina prevista per i maggiorenni con disabilità».
«Dopo le pronunce del Consiglio di Stato – conclude il Presidente dell’ANFFAS – occorre pertanto che il Governo ripensi subito il sistema e che le Regioni e gli Enti Locali facciano bene la loro parte. Nessuno deve più vessare le persone con disabilità e le loro famiglie e deve essere sempre garantito che ove la compartecipazione al costo sia imposta per legge, la stessa sia sempre equa, simbolica e sostenibile». (R.S. e S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: comunicazione@anffas.net (Roberta Speziale).
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