Quella Sentenza parla chiaro: offendi uno, offendi tutti!

È per molti aspetti una Sentenza “storica”, quella pronunciata dal Tribunale di Verbania, che ha condannato due persone a dodici mesi di reclusione, per avere offeso una donna tramite Facebook, a causa della sua disabilità. È stato inoltre stabilito il risarcimento dei danni non solo a favore della vittima, ma anche delle tre Associazioni costituitesi parte civile, tra cui la Federazione LEDHA, secondo la quale «il Giudice ha riconosciuto che offendere una singola persona significa farlo anche con tutte le altre persone con disabilità»

Martelletto del giudice«Questa è una Sentenza molto importante perché il Giudice ha riconosciuto che l’offesa a una singola persona con disabilità non solo offende la ricorrente, ma tutte le altre persone con disabilità. Tale comportamento, inoltre, pregiudica e lede la faticosa quotidiana attività delle Associazioni che si battono per promuoverne la piena inclusione sociale e il rispetto dei loro diritti»: così Gaetano De Luca, avvocato del Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi” della LEDHA – la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – commenta l’importante Sentenza pronunciata nei giorni scorsi dal Tribunale di Verbania, giunta al termine di un procedimento del quale anche il nostro giornale si era già ampiamente occupato, che ha visto quale vittima una donna affetta da acondroplasia, patologia congenita di nanismo.
La vicenda, va ricordato, era iniziata e si era sviluppata nell’àmbito dell’attività professionale di avvocato esercitata dalla parte offesa. La donna, infatti, era stata pesantemente insultata e denigrata a causa della sua disabilità da due persone, mediante la pubblicazione su Facebook di frasi ed espressioni diffamatorie e discriminatorie, in quanto la diffamazione ruotava attorno al nanismo della donna stessa.

Ebbene, il Giudice del Tribunale di Verbania ha condannato i due imputati a dodici mesi di reclusione (la richiesta del Pubblico Ministero era stata di otto mesi) e al risarcimento dei danni a favore della vittima e anche delle tre Associazioni costituitesi parte civile, ovvero, insieme alla citata LEDHA, anche l’AISAC (Associazione per l’Informazione e lo Studio dell’Acondroplasia) e Acondroplasia – Insieme per crescere. L’ammontare complessivo delle provvisionali, comprese le spese legali di tutte le parti costituite, è stato di circa 50.000 euro.
«La Sentenza del Tribunale di Verbania – dichiara l’avvocato Giacinto Corace, difensore della vittima – ci riempie di soddisfazione, perché il Giudice ha compreso l’estrema gravità dei comportamenti dei due imputati, oltre a comprendere che strumenti come Facebook sono un veicolo per fare arrivare a molti i contenuti offensivi e denigratori in danno delle persone con disabilità. E che per questo motivo, per dare un monito anche ai più giovani, abbia voluto infliggere una punizione esemplare ai due colpevoli».

Soddisfazione viene espressa da Alberto Fontana, presidente della LEDHA, che ricorda come «per la prima volta la nostra Federazione abbia scelto di costituirsi parte civile, accanto a una persona vittima di discriminazione, con la convinzione che questa azione rientri pienamente nell’àmbito della nostra mission. E la Sentenza del Tribunale di Verbania lo conferma».
Parla infine di «positivo risultato complessivo» Marco Sessa, presidente dell’AISAC, «anche se probabilmente – aggiunge – accanto a una sanzione di tipo economico sarebbe stata più opportuna una Sentenza dalla maggiore valenza educativa, ad esempio condannando gli imputati allo svolgimento di lavori socialmente utili presso una delle nostre Associazioni». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it (Ilaria Sesana).

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