«Tra i temi di forte rilevanza sociale, la disabilità sembra tra quelli maggiormente “sdoganati” nell’informazione italiana. Sono lontani i tempi in cui gli handicappati di fatto non avevano voce, erano spesso rinchiusi negli istituti o nella vergogna delle famiglie. I tempi in cui si usavano con disinvoltura parole come subnormale, minorato, ritardato… Ma è davvero così? Davvero oggi è tutto “risolto” per le persone con disabilità?».
Se lo chiedono i promotori del seminario di formazione per giornalisti denominato La disabilità dell’informazione, che si terrà mercoledì 14 ottobre a Torino, a cura della Fondazione CRT, in collaborazione con l’Agenzia «Redattore Sociale»-«SuperAbile», con il Segretariato Sociale della RAI, con il Master di Giornalismo dell’Università di Torino e con il Gruppo Weber Shandwick, nell’ambito dell’iniziativa Beyond Paralympics.
E alla domanda se «davvero oggi sia tutto “risolto” per le persone con disabilità», viene anche risposto: «No, non lo è. Come può testimoniare la gran parte delle persone che convive con serie limitazioni fisiche o psichiche, che fa i conti di frequente con varie forme di discriminazione (aperte o subdole), con atteggiamenti pietistici, con una rappresentazione della “categoria” scorretta o inadeguata. La disabilità, insomma, è un argomento che va ancora conosciuto a fondo, studiato e trattato, con modalità e termini aggiornati alla sua evoluzione, con un’attenzione incessante al tema dei diritti e al suo significato anche culturale per la società dei “normali”».
Il seminario tematico – organizzato sul modello dei numerosi incontri promossi dall’Agenzia «Redattore Sociale» – intende dunque fornire a giornalisti e addetti alla comunicazione alcuni strumenti, nozioni e chiavi di lettura per raccontare la disabilità con cognizione e rispetto, evitando stereotipi e senza dare nulla per scontato. «Perché nulla è scontato nella disabilità», si scrive ancora nella presentazione dell’iniziativa, i cui lavori verranno aperti da Angelo Miglietta, segretario generale della Fondazione CRT (Da Torino a Vancouver, l’eredità delle Paralimpiadi), Vera Schiavazzi, giornalista, coordinatrice del Master di Giornalismo dell’Università di Torino (Visibili, invisibili: gli atleti disabili e i media) ed Enzo Cucco, segretario della Sede Permanente di Confronto tra RAI e Ministero delle Comunicazioni (Spunti di riflessione dall’esperienza del Segretariato Sociale RAI).
Seguiranno le relazioni di Matteo Schianchi, storico (I fatti: ciò che si sa, ciò che si crede di sapere) e Franco Bomprezzi, giornalista, direttore responsabile, tra l’altro, del nostro sito (Il linguaggio: per una “inclusione verbale” della disabilità), del quale riportiamo in calce un commento dedicato al seminario. A coordinare questo spazio sarà Stefano Trasatti, direttore di «Redattore Sociale» e direttore editoriale di «SuperAbile».
La parte conclusiva sarà dedicata all’intervista di Pierangelo Sapegno, giornalista e scrittore, a Cerrie Burnell, presentatrice in Gran Bretagna di un programma per bambini della BBC, recentemente protagonista di polemiche per la sua scelta di comparire in video senza la protesi che sostituisce il suo avambraccio e a John Foppe, giovane “motivatore” americano conosciuto in tutto il mondo per le sue conferenze ad alto impatto emotivo. Nato nel 1970, con gravi disabilità fisiche, Foppe è stato inserito fra i Ten Outstanding Young Americans, prestigioso riconoscimento che premia i giovani per i loro utili contributi alla società.
Il progetto Beyond Paralympics trae origine dall’esperienza della Fondazione CRT come “primo tifoso” dei IX Giochi Paralimpici Invernali di Torino 2006. La reazione suscitata dall’evento ha spinto infatti la Fondazione a raccogliere l’eredità di quell’impegno, per metterla a frutto nelle proprie attività e per trasmetterla agli organizzatori delle future edizioni dei Giochi. Da qui trae origine un filone di attività particolarmente attente all’inclusione delle persone con disabilità. (S.B.)
di Franco Bomprezzi*
Mercoledì 14 ottobre parteciperò a Torino al seminario di formazione dedicato ai giornalisti e agli aspiranti giornalisti, denominato La disabilità dell’informazione. Il tema è intrigante e consentirà ai relatori e a chi scrive di cercare di fare il punto su quello che manca per una corretta e competente informazione giornalistica sulla disabilità.
Questo argomento ogni tanto riappare, e mi vede sempre impegnato a spiegare, con pazienza, per fare solo un esempio, che «costretto su una sedia a rotelle» è un pessimo luogo comune, profondamente sbagliato, perché in realtà la sedia a rotelle “libera” e permette il movimento di chi altrimenti rimarrebbe immobile, come me.
Naturalmente la questione è assai complessa, e riguarda soprattutto il dis-valore che si lega sempre ai termini riguardanti la condizione di disabilità, e perciò le parole si logorano, perdono efficacia, diventano inutilizzabili nel giro di pochi anni, come è accaduto ad “handicappato” o “portatore di handicap”, giusto per citare altre due parole usatissime (per la verità ancora adesso).
Bene che ad ascoltare ci siano un po’ di studenti di giornalismo, se avranno voglia di ascoltare con curiosità, ciò che appartiene a un mondo ricco di cultura e di competenze, assai poco note perché quasi mai cercate dai media, che preferiscono la scorciatoia del pietismo, del sensazionalismo, della storia umana, con relativa denuncia sociale più che scontata.
Pochissime e di nicchia le inchieste degne di questo nome, nessuna competenza professionale nei media generalisti, se non con rarissime eccezioni. Tutto questo è già ampiamente noto. Ma quello che è peggio è che ultimamente la rissosità del linguaggio politico ha tracimato, involgarendo e usando sempre più spesso insulti che si riferiscono all’aspetto fisico.
L’ultimo in ordine di tempo è quello di Silvio Berlusconi rivolto a Rosy Bindi («più bella che intelligente», dove è evidente la convinzione che la combattiva leader del Partito Democratico non sia particolarmente attraente). Ma prima di questa improvvida uscita abbondano i riferimenti al “nano” Brunetta, e addirittura Beppe Grillo ripete sarcastico lo “psiconano”, riferendosi a Berlusconi. A nessuno passa per la testa che un uso insultante di questi riferimenti fisici può ferire, per davvero, non i destinatari politici, che hanno la pelle assai spessa, ma chi effettivamente vive un deficit così stigmatizzante.
Perciò la prima cosa da fare sarebbe un serio esame di coscienza da parte di chi ogni giorno vive di parole al vento, di parole come pietre, sempre più urlate, sempre peggiori. Lasciate perdere la fisicità, la bellezza, l’handicap. Se proprio dovete insultare, limitatevi alla sostanza, colpite duro, ma lealmente. La disabilità non c’entra.
*Testo apparso, con il medesimo titolo, anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog.
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