Con le carrozzine che volano e il cuore che corre

di Andrea Venuto*
«Il wheelchair hockey (hockey in carrozzina elettrica) - scrive Claudio Arrigoni - è una disciplina meravigliosa. Una di quelle che fanno capire la straordinaria unicità dello sport paralimpico. Ci sono anche atleti che muovono appena qualche muscolo, della testa o della mano. Campioni». E campioni sono stati gli Azzurri che in Olanda hanno conquistato un prestigioso e “storico” secondo posto ai Campionati Europei, «ragazzi con le sedie a rotelle che volano e il cuore che corre», come scrive Andrea Venuto, che qualche anno prima aveva vinto la medaglia di bronzo
Nazionale Italiana di wheelchair hockey seconda agli Europei del 2016 in Olanda (©Photo Studio - PS)
La Nazionale Italiana di wheelchair hockey che ha vinto la medaglia d’argento ai Campionati Europei in Olanda (©Photo Studio – PS)

Un successo bello perché entra nella storia. Il wheelchair hockey (hockey in carrozzina elettrica) è una disciplina meravigliosa. Una di quelle che fanno capire la straordinaria unicità dello sport paralimpico. Ci sono anche atleti che muovono appena qualche muscolo, della testa o della mano. Campioni. Si usano carrozzine elettriche e viene praticato da persone con distrofia muscolare, ma non solo. Comunque con disabilità da gravi patologie. Le regole sono quelle dell’hockey e le carrozzine sono elaborate per essere delle “Formula 1”, ma permette anche a chi non può usare una mazza di giocare; c’è un attrezzo, fissato sul parte anteriore della sedia, che serve per colpire la pallina senza usare braccia e mani.
I giocatori possono essere
Mazze e Sticker, con un punteggio che obbliga a schierare anche chi non usa la mazza. Ci sono campionati e tornei, organizzati dalla FIWH, la Federazione guidata dal Presidente Antonio Spinelli, con il quale nel “powerchair”, come anche viene chiamato, l’Italia è diventata la seconda forza del continente. Agli Europei che si sono svolti in Olanda, la nazione dove questo sport è nato, ha vinto infatti la medaglia d’argento, proprio dietro agli imbattibili olandesi. Un risultato eccezionale, nello sport che mostra come tutti, in qualunque condizione, possano essere grandi atleti e grandi campioni.
Le emozioni che questa medaglia ha dato le racconta, proprio bene, Andrea Venuto, che qualche anno prima aveva raggiunto il bronzo. (Claudio Arrigoni)

Alla fine è successo. Devo dire che in questi giorni qualcosa era nell’aria: mi girava la testa quando guardavo le foto sbiadite sulla scrivania con il casco in testa, qualche palpito quando la maglietta azzurra numero 6 mi è quasi caduta in testa dalla bacheca appesa in ufficio, un piccolo giro di carrozzina a vuoto, quando ho inciampato (si fa per dire) sulla pallina di plastica forata che ha misteriosamente rotolato dietro la porta della cantina.
Alla fine è successo. E proprio nella maniera più bella, quella comunque vincente, anche se sei arrivato secondo. Perché l’Italia del wheelchair hockey, quello sport giocato con le carrozzine elettriche che sfrecciano a 15 chilometri all’ora, si è messa al collo la medaglia d’argento agli Europei di De Rijp in Olanda. La più alta onorificenza per la compagine azzurra da quando esiste il movimento hockeistico italiano in una competizione internazionale ufficiale.
Alla fine è successo. Il “record” che avevo in casa, perché il sottoscritto la maglia azzurra del wheelchair hockey (anche se oramai nel paleozoico…) l’ha indossata, è stato battuto. La mia medaglia di bronzo vinta agli Europei di Roma del 2005 iniziava a puzzare di vecchio. Serviva una scossa al movimento hockeistico. I ragazzi di coach Vadalà e del suo vice Marinelli hanno messo tutti in fila. Chapeau.
Alla fine è successo. Gli amici, ma non diciamo quanto, della Germania sono stati “asfaltati” (così capite quanto amici) in semifinale, con un tondo, tondissimo 6-3 e il metallo che luccica d’argento si è cinto alla collo. Poco importa che poi si sia perso 7-2 in finale con i mostri dell’Olanda; nessuno ancora può battere la nazione dove quello sport è nato più di trent’anni fa, l’importante è stato onorare l’impegno profuso da tutti. Perché il wheelchair hockey è ancora uno sport “povero” di visibilità tra quelli praticati dalle persone con disabilità, ma pieno di uomini e donne di grande volontà e valori che seguono sia la Nazionale Azzurra sia le dodici squadre di Serie A1 che le diciassette di A2. Si va dal profondo Sud con i Leoni Sicani di Sciacca all’estremo nord dei Tiger di Bolzano.
Alla fine è successo, e gli azzurri storici come Daniele Lazzari e Claudio Carelli, che quella medaglia di bronzo l’avevano vinta con me a Roma, finalmente potranno mettere da parte quel reperto storico per il ben più importante argento vinto adesso nei Paesi Bassi.
Un plauso va al presidente della FIWH Antonio Spinelli, che dal lontano ’99 si batte in giro per l’Italia per incoraggiare le famiglie a fare uscire di casa i ragazzi con disabilità, lotta per cercare fondi per promuove questa disciplina, diffonde e infonde insieme a tutti i dirigenti lo spirito sportivo di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo sogno.
L’altro plauso va a chi la Nazionale se la coccola insieme ai già citati coach: gli accompagnatori, i meccanici e tutto lo staff azzuro.
L’ultimo plauso a tutti quelli che, nonostante tutto, ce la mettono tutta per correre (e non si fa per dire) dietro a quella pallina di plastica forata che sbuca fuori da ogni cantina, da ogni cameretta, da ogni corsia di ospedale di tutti quei ragazzi disabili, che sono invalidi solo sui certificati per una società non a loro misura e non nella volontà di vivere sempre e comunque.
Alla fine è successo. Mi sono messo al computer e con lo sguardo al quel numero 6 azzurro appeso alla parete del mio ufficio, ho potuto scrivere e raccontare finalmente di essere invecchiato – non poi così tanto – prima che l’Italia del wheelchair hockey abbia fatto qualcosa di grande. E ora mi raccomando, ragazzi con le sedie a rotelle che volano e il cuore che corre, voglio che l’oro vi sia cinto al collo prima che la mia maglietta e la mia medaglia se la mangi il mio gatto!
Alè Azzurri. Alè a tutta la formazione d’argento: Fabio Toniolo, Daniele Lazzari, Claudio Carelli, Luca Vittadello, Marco Ferrazza, Claudio Comino, Mattia Muratore, Emanuel Farcasel, Jon Jignea, Andrea Felicani.

Il presente testo, corredato dal nostro box qui in calce, è già apparso in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Ecco l’Italia d’argento del wheelchair hockey” e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Dopo l’argento olandese: le dichiarazioni “a caldo”
«Sono orgoglioso, ma ancora frastornato e carico di emozione per questo storico risultato, inimmaginabile alla vigilia. Questo è il successo di un intero movimento in crescita e il mio ringraziamento va in primo luogo ai ragazzi che hanno superato se stessi, ai mister Saul Vadalà e Alessandro Marinelli, autentici protagonisti dell’impresa e all’intero staff per l’eccezionale lavoro svolto. Un grazie,infine, di cuore a tutti i tifosi presenti in Olanda, per il loro encomiabile sostegno e a quanti ci hanno seguito e incoraggiato dall’Italia»: queste le parole “a caldo” di Antonio Spinelli, presidente della FIWH (Federazione Italiana Wheelchair Hockey), dopo il prestigioso e “storico” secondo posto conquistato dalla Nazionale Italiana di wheelchair hockey ai Campionati Europei di De Rijp in Olanda.
«Questo percorso – aggiunge dal canto suo il commissario tecnico degli Azzurri Saul Vadalà – è durato due anni e in diverse tappe ci ha fatto crescere durante il cammino. Dovevamo dimostrare a noi stessi e agli altri di essere migliorati. Certo, nessuno si aspettava questo successo, ma abbiamo dimostrato sul campo di essere migliorati e di potercela giocare con tutti. L’ultimo grande scalino ancora da fare è quello di arrivare ad avvicinare una squadra come l’Olanda, ancora tecnicamente e tatticamente molto superiore a noi. Ma questo dev’essere da stimolo per i giocatori e per lo staff, al fine di migliorare ulteriormente questa distanza. E tuttavia il futuro lo vedremo da domani. Intanto godiamoci questa medaglia d’argento, dopodiché valuteremo con lo staff e i giocatori quali aspetti devono ancora migliorare e ci prepareremo al meglio al prossimo evento».

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