Videosorveglianza? Prima chiudete i lager

di Carlo Giacobini
Il 15 di giugno congiuntamente due Commissioni Parlamentari (I, Affari costituzionali e XI, Lavoro) hanno iniziato l’esame complessivo di ben 7 diverse proposte di legge che prevedono di rendere obbligatorio l’uso della videosorveglianza in asili-nido, scuole, strutture per disabili e anziani. Proposte che sembrano avere la strada spianata e raccogliere il plauso di molti. Ma i coni d’ombra e gli interrogativi, etici e pratici, non mancano.

Impianto di videosorveglianzaMesi di cronaca – cataloghiamola come nera – di pestaggi, abusi, maltrattamenti in lager denominati asili-nido, case di riposo, istituti e comunità per disabili, stanno partorendo qualche effetto. Ma non certo di quelli attesi.

Sette, ben sette proposte di legge, sono all’esame congiunto di due Commissioni della Camera. Alcune si limitano agli asili-nido e alle scuole di infanzia, altre estendono il raggio di azione anche a strutture per anziani o disabili. Tutte, tanto per citare la esemplare relazione dell’onorevole Invernizzi, dovranno “dotarsi di strumenti di videosorveglianza a circuito chiuso al fine, da un lato, di costituire un deterrente a tali crimini e, dall’altro, di garantire maggiore sicurezza alle famiglie che affidano i propri cari a tali strutture.”

Problema: abusi e violenze. Soluzione: videosorveglianza.

Lungi da noi sminuire la sensibilità dei proponenti ma, davvero, ci pare che le proposte siano piuttosto esili nell’analisi del fenomeno e dei presupposti. Ci sembra predomini un esangue retropensiero tranquillizzante che si materializza  in un intervento ansiolitico e rassicurante. Assolutorio di responsabilità collettive. Ignavo nell’assumere ben altre radicali ed epocali decisioni. Un’altra occasione perduta.

In questa visione, di cui i Parlamentari sono solo gli ultimi tedofori di una moltitudine ben più ampia, il crimine va prevenuto con strumenti di deterrenza (di indimostrata efficacia).
Del crimine esiste un solo reo: l’operatore che gonfia di botte il malcapitato “soggetto indifeso”, tanto per citare l’esemplare definizione dell’Onorevole De Girolamo.

Il potenziale reo è l’operatore di cui va verificata periodicamente l’idoneità psicologica e comportamentale che una volta dimostratasi insussistente va spostato ad altre mansioni.
Il reo sembra avulso dal contesto in cui opera, sembra non avere responsabili, colleghi, conoscenti. La struttura sembra non avere alcuna rilevanza, né ha importanza l’organizzazione del lavoro.
Chi l’ha autorizzata, finanziata, alimentata sembra non avere alcuna responsabilità politica né civile.

Lungi dall’assolvere le responsabilità individuali o dal cercarne attenuanti, crediamo ci si debba interrogare sugli ambienti in cui questi reati vengono perpetrati. Nelle istituzioni totali e segreganti, nelle strutture che inducono l’isolamento questi episodi di violenza, più o meno evidente, sono inevitabili. Sono forse addirittura funzionali alle strutture stesse, al controllo sulle persone, alla loro dipendenza. E non c’è videocamera che possa modificare questi inumani meccanismi.

Si fissano norme e requisiti, standard per la sicurezza, per l’igiene, per la prevenzione degli incendi, per il numero di operatori, ma ben poco si sancisce in termini di contrasto agli abusi, dei trattamenti degradanti, delle negligenze, dell’eccesso di sedazione, dell’abuso della contenzione.

Ancora meno si esprime sulla formazione, sull’aggiornamento continuo, sullo sviluppo delle competenze, sulla preparazione nella gestione dei cosiddetti “comportamenti problema”, sull’adozione di strumenti e metodi per il benessere degli operatori.
Per tacere dei rapporti fra le strutture (chiamiamole così) e il territorio e la collettività di riferimento. In luoghi aperti, frequentati, contaminati dalle comunità di riferimento sono assai più improbabili fenomeni di violenza o di isolamento.

I manicomi sono stati chiusi. Per gli ospedali psichiatrici giudiziari stiamo lavorando. Ma le strutture segreganti che ospitano decine o centinaia di anziani e persone con disabilità (talvolta sotto lo stesso tetto) sono ancora benedette e finanziate nel nostro Paese. E spesso ritenute risorsa inestimabile. Con buona pace della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che vorrebbe che ognuno potesse scegliere dove, come e con chi vivere.

Ma torniamo alla videosorveglianza. A parte che dopo la modifica dello Statuto dei Lavoratori (art. 4) che tutte le proposte di legge giacenti sembrano ignorare, l’uso di “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo” non è più rigidamente vietato ma ammesso per esigenze organizzative, l’unica preoccupazione dei proponenti sembra essere di come salvaguardare almeno formalmente la normativa sulla privacy, fissando delle restrizioni, più o meno rigide, all’accesso dei filmati.

Addirittura l’Onorevole Roccella, tanto per citarne l’esemplare soluzione, propone di “avvalersi esclusivamente di telecamere a circuito chiuso conformate per garantire l’anonimità dei soggetti sorvegliati”.

Non abbiamo ben compreso se l’Onorevole Roccella ritenga esistano videocamere che pixellano in automatico i volti dei sorvegliati rendendoli anonimi. E in tal caso, se sono anonimizzati, i rei come possano essere perseguiti. O – ma sarebbe irriverente immaginarlo – se per “sorvegliati” si intendano i bambini, anziani, disabili.

Anche qui facciamo i conti con un retropensiero non troppo rispettoso della dignità umana: per proteggere coattivamente un soggetto (usiamo apposta questo termine) da se stesso e dagli altri si calpesta un altro suo diritto umano senza nemmeno chiedere il suo assenso. Tanto è per il suo bene.

Il diritto alla riservatezza, al rispetto dei propri spazi e delle proprie cose nelle istituzioni totali, che spesso assumono denominazioni rassicuranti, familiari se non arcadiche, sono già un optional di lusso anche senza videocamere. Figuriamoci con una videocamera che violenta anche i momenti di intimo raccoglimento, lontano dalle sale TV con il volume a palla, o dai refettori, o da …

Crediamo che prima di ipotizzare videosorveglianze dagli esiti improbabili, vadano chiusi i lager, vietata quella segregazione che – anche se preferiamo girare il capo dall’altra parte – ancora esiste nel nostro Paese. E vadano seriamente ripensati i servizi per l’abitare o la domiciliarità incentrati sulla dignità e sui diritti umani di ognuno. Oggi non è così.

Viceversa resta la videosorveglianza che tranquillizza i famialiari.

La videocamera di domani potrà riprendere l’operatore che, accarezzando la testina canuta di un’anziana signora, l’aiuta a sorseggiare un bicchiere d’acqua. Una scena rassicurante dal circuito chiuso di videosorveglianza. Ma in quel bicchiere, il terzo del giorno, ci sono 60 gocce di Valium.

La videocamera di domani potrà riprendere chi scrive, ormai 90enne ricoverato in RSA, sdraiato, nudo a gambe larghe e lordo feci fresche. Sporco ma beatamente certo che all’operatore che gli sta sbrigativamente cambiando il pannolone non scapperà qualche cazzotto rabbioso. Evviva la dignità umana!

Direttore editoriale di «Superando.it».

Le Proposte di Legge
Di seguito le proposte di legge cui fa riferimento l’editoriale, attualmente in discussione presso le Commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro della Camera dei Deputati.

VEZZALI ed altri: “Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 2705)

FUCCI: “Delega al Governo per l’adozione di norme volte a garantire il possesso dei requisiti di professionalità e di capacità psico-attitudinale da parte del personale educativo degli asili-nido” (Atto della Camera 261)

MINARDO: “Abrogazione dell’articolo 571 e modifiche all’articolo 572 del codice penale, in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché disposizioni concernenti l’installazione di dispositivi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia” (Atto della Camera 3597)

ROCCELLA: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture ricreative pubbliche e private destinate ai minori e istituzione del Garante comunale dell’infanzia vulnerabile” (Atto della Camera 3818)

INVERNIZZI ed altri: “Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 3829)

DE GIROLAMO: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio e altre disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario” (Atto della Camera 3629)

GIAMMANCO ed altri: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 1037)

DE GIROLAMO ed altri: “Disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale dei docenti delle scuole dell’infanzia e primarie e del personale degli asili nido” (Atto della Camera 2647

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