«Quello che viene presentato come una novità e una rivoluzione può trasformarsi nell’ennesimo buco nell’acqua che non risolve realmente il problema delle persone con disabilità». L’opinione è quella espressa in un comunicato stampa da Giuseppe Trieste, presidente del FIABA (Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche) e riguarda il disability manager, nuova figura professionale per la quale proprio nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il primo corso di formazione universitaria, parlandone, in quella sede, come di «un professionista capace di valutare le necessità delle persone con disabilità, con gli strumenti culturali e le competenze specifiche per migliorare la qualità e l’efficacia delle politiche territoriali, soprattutto per quanto concerne l’accessibilità dei centri urbani, tramite l’abbattimento delle barriere architettoniche e la progettazione di strutture e servizi davvero accessibili a tutti» (se ne legga più ampiamente nel nostro sito, cliccando qui).
«Purtroppo, infatti – continua Trieste – il disability manager seguirà il destino di altri tre grandi insuccessi della nostra storia recente, come il caso degli insegnanti di sostegno: una professione scelta più per arrivare all’insegnamento di ruolo che per una vocazione professionale. O quello, ad esempio, dei docenti universitari cui viene assegnato l’incarico di referente per gli studenti disabili che, invece, tende a restare solo una carica fine a se stessa. E infine, come ultimo caso, penso al delegato del sindaco per da Disabilità, con cui è difficile instaurare un dialogo diretto e che spesso non dispone di incisivi strumenti amministrativi per poter agire concretamente».
«Il fatto che al disability manager come unico requisito venga solo richiesta una laurea e poi la partecipazione a un corso di perfezionamento di pochi mesi – aggiunge il presidente del FIABA – mi fa pensare più che siamo di fronte a un’altra figura politica che ad un tecnico realmente esperto e in grado di muoversi agevolmente nel campo dell’accessibilità globale».
«Non dobbiamo rendere “potabile un ghetto” – conclude Giuseppe Trieste – ma lavorare per l’affermazione della qualità totale del vivere e quindi la vera novità sarebbe l’istituzione del total quality manager [letteralmente “manager della qualità totale”, N.d.R.], come garante della qualità percepita dalle persone nel vivere le proprie città. Ritengo di fondamentale importanza, infatti, garantire il comfort al 100% della popolazione, dando risposte certe e affidabili a tutti e non solo a chi ha esigenze particolari. Proprio per questo proponiamo la figura del total quality manager perché diventi un diritto di tutti vivere la propria città per turismo, lavoro e tempo libero con facilità e universalità». (S.B.)
Articoli Correlati
- Come il disability manager cambierà l’approccio all’inclusione lavorativa Presentiamo un ampio approfondimento dedicato al disability manager e al suo ruolo in un contesto aziendale, ovvero a quella persona che deve definire, coordinare e gestire diverse altre figure professionali,…
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Una buona cooperazione allo sviluppo fa bene a tutte le persone con disabilità «Se con i progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo - scrive Giampiero Griffo, concludendo la sua ampia analisi sulle azioni in questo settore - verrà rafforzata la voce delle persone…