L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona*, il 1° dicembre scorso, avrà importanti conseguenze per l’affermazione e il rispetto dei diritti delle persone con disabilità nell’Unione Europea. In primo luogo, infatti, dalla medesima data del 1° dicembre, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea è diventata parte integrante del diritto dell’Unione stessa, garantendo in tal modo una maggiore tutela delle persone con disabilità.
Nella Carta sono affermati il principio di non discriminazione sulla base della disabilità (articolo 21.1) e quello di inclusione sociale dei disabili (articolo 26). Nel dettaglio vi si recita esattamente: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convizioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali» (articolo 21.1, Non discriminazione). E successivamente (articolo 26, Inserimento dei disabili): «L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità».
In secondo luogo, il Trattato di Lisbona rafforza l’impegno dell’Unione Europea nella lotta alle discriminazioni fondate sulla disabilità, attraverso l’introduzione di una nuova norma (articolo 10) del Trattato sul Funzionamento dell’UE, la quale stabilisce che tale azione dovrà essere messa in pratica nella definizione e nell’attuazione di tutte le pertinenti politiche dell’Unione. Inoltre, viene riaffermata la competenza da parte di quest’ultima di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sulla disabilità, tramite quello che in precedenza era l’articolo 13 del Trattato istituente la Comunità Europea e ora è diventato l’articolo 19 del Trattato sul Funzionamento UE.
In quest’ultimo caso, è importante sottolineare il ruolo rafforzato che assume il Parlamento Europeo, in quanto esso dovrà dare la propria approvazione affinché tali provvedimenti siano adottati. Ciò significa che i rappresentanti eletti dai Cittadini Europei avranno un ruolo diretto nell’adozione dei provvedimenti contro le discriminazioni fondate sulla disabilità.
Anche qui vale la pena citare nel dettaglio i due articoli richiamati. Articolo 10: «Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione miira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convizioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale».
Articolo 19.1: «Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell’ambito delle competenze da essi conferite all’Unione, il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convizioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale».
*Noto anche come Trattato di Riforma, il Trattato di Lisbona è stato redatto per sostituire la Costituzione Europea bocciata dal “no” dei referendum francese e olandese del 2005 ed è entrato ufficialmente in vigore il 1° dicembre 2009.
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