Il libro di Martina Naccarato Leggere la disabilità (Gattomerlino Edizioni, 2016) – alla cui recente presentazione chi scrive è stato invitato a partecipare – ha fatto risuonare in me le antiche emozioni che provai da bambino, quando mia madre e mio padre mi regalarono un caleidoscopio, quell’apparecchio ottico oggi quasi oscurato dagli effetti speciali dei videogiochi e dei computer.
Il mio caleidoscopio era un tubo di cartone, che per me era una sorta di cannocchiale. Guardandoci dentro e girandolo vedevo figure geometriche e simmetriche, sempre diverse, che nascevano l’una dall’altra.
I miei genitori mi spiegarono che quando si usa un caleidoscopio, per vedere le figure interne occorre orientarsi verso la luce. Ed è proprio grazie a quella luce di fondo che le immagini diventavano affascinanti.
Come nel caleidoscopio, dunque, c’è una luce di fondo che attraversa Leggere la disabilità. Si potrebbe dire che sia il libro stesso ad emanare una luce, una luce che lo anima, ed è grazie a lei che prendono forma le immagini colorate che via via appaiono sfogliando le pagine… le persone, le storie di vita raccontate, le poesie, le fiabe, i personaggi.
In questo mio breve commento non vorrei soffermarmi tanto sui dettagli, sulle immagini e sulle forme, certamente vere e affascinanti, ma appunto sulla luce che dà loro forma e senso.
La luce è il messaggio più prezioso di questo libro. E per leggere la disabilità, ci vuole la luce, soprattutto quella interiore.
La lettura è una forma di dialogo tra il libro e il lettore e, quindi, è una forma di ascolto. La luce che ha ispirato Martina Naccarato è proprio quella luminosa dell’ascolto. L’Autrice si pone in questa posizione e, con discrezione e umiltà, ci invita a fare altrettanto.
Ascoltare è molto diverso dal sentire. Il sentire non richiede un atto di volontà, in quanto è strettamente connesso a un’attività neurofisiologica automatica. Ascoltare, invece, implica accettare e desiderare che l’altro entri in comunicazione con noi, consiste nel fargli spazio… per accoglierlo; richiede un atteggiamento di disponibilità.
La capacità di ascoltare, come mostrato dall’Autrice, è la via che può condurre alla comprensione, all’accoglienza e alla condivisione della sofferenza, ma anche della gioia che il nostro prossimo può donarci. E infatti le storie di vita contenute nel libro sono una bellissima testimonianza di ascolto.
Questo libro ci insegna a guardare oltre le apparenze, ci fa scoprire che oltre la malattia e la difficoltà di vivere, c’è una persona con tutto il suo universo, i suoi desideri, il suo bisogno di essere amata e la sua capacità di amare.
Ma ci fa scoprire anche che la disabilità, così come la salute, è una condizione che risente significativamente dell’influenza del contesto di appartenenza; e il contesto non è solo l’ambiente fisico, ma include anche altri aspetti meno percepibili e misurabili.
«Ci sono mattine
che pensare ai gradini del giorno
mi sfinisce le ossa;
e le scale a chiocciola
arrotolate a ogni ora come serpenti
pelle dei miei polsi
mi fanno sperare prematura la notte
il suo chiudere gli occhi.
Concedetemi un non pensiero
dove nascondermi da tutto.
(Pierluigi Lenzi, Ci sono mattine, citato in Leggere la disabilità).
Purtroppo ci sono barriere di ben altro tipo, che non quelle meramente architettoniche che si possono più facilmente demolire rispetto a quelle mentali e culturali.
Ad esempio, certi stereotipi e pregiudizi che, come dice l’Autrice, spesso diventano motivo di discriminazione («Ho visto gli sguardi della gente… Ho visto le barriere mentali prima di quelle architettoniche». Roberta Macrì, citata in Leggere la disabilità).
E le barriere che rendono difficoltoso l’accesso a servizi di sostegno o la scarsità di ausili tecnologici: l’Autrice, ad esempio, parla dei libri tattili TIB [Tactile Illustrated Books, N.d.R.] come di «strumenti preziosi che consentono di aprire gli occhi interiori…» e sottolinea che «purtroppo ad oggi hanno una diffusione limitata».
E quindi, la mancanza di pari opportunità.
Questi sono solo alcuni esempi di violazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini che alimentano e amplificano disabilità e fragilità e a volte, addirittura, ne sono la prima causa.
Martina Naccarato ci mostra che tutti possiamo imparare ad ascoltare, tutti possiamo “leggere” l’altro, sintonizzarci sul nostro prossimo e che, come le immagini del caleidoscopio, siamo tutti interdipendenti e portatori di una qualche fragilità, considerato che la stessa natura dell’essere umano affonda le radici nella fragilità, in quanto vulnerabile.
L’Autrice ci insegna, soprattutto, che se ci poniamo in una posizione di autentico ascolto, possiamo essere attraversati da quella luce antica che può dare alle immagini e alle emozioni, di cui è composta la nostra esistenza, maggiore intensità e significato.
Esistono davvero strumenti preziosi che consentono di aprire gli “occhi interiori”.
PhD, psicoterapeuta, psicologo, giudice onorario della Sezione Minorenni della Corte d’Appello di Roma.
Del libro Leggere la disabilità di Martina Naccarato, segnaliamo anche, sempre nel nostro giornale, le riflessioni di Stefania Leone, pubblicate con il titolo La persona con disabilità è un bene altrettanto oggettivo.
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