I recenti fatti di cronaca relativi alle annunciate intenzioni della famiglia Crisafulli di risolvere in maniera drammatica l’esistenza di Salvatore, qualora non venga per lui attivata al più presto un’adeguata assistenza domiciliare [tali intenzioni sono per altro rientrate, proprio in questi giorni, N.d.R.] pone ancora una volta il problema di definire l’esigibilità concreta, le prestazioni previste e la durata temporale del servizio di assistenza domiciliare alla persona con disabilità grave.
Ci prova qui la Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi), con una relazione di Giorgio Genta che verrà presentata a un prossimo convegno in Liguria sul tema. Anche per questo il testo contiene uno specifico riferimento alla situazione locale di quella Regione.
L’assistenza domiciliare della persona con disabilità grave si configura concordemente come la forma di relazione d’aiuto più avanzata e più gradita sia dalla persona direttamente interessata che dalla sua famiglia. Persona e famiglia: questi due termini, trattando della disabilità grave, vengono sempre citati congiuntamente perché in pratica coincidono: non si può pensare, infatti, a forme di assistenza domiciliare che non coinvolgano la famiglia, non ne riscontrino l’approvazione e la collaborazione, non ne allevino i problemi.
Dell'”assistenza non-domiciliare”, ovvero di tutte le possibili forme di “istitutizzazione” o di ricovero in residenze assistite o protette, non tratteremo, innanzitutto perché siamo “fieramente avversi” a tale soluzione, finché esista la benché minima possibilità di permanere al proprio domicilio, sia per motivazioni di carattere etico e sociale che anche per questioni finanziarie.
Sul nostro territorio [la Liguria occidentale, N.d.R.] l’assistenza domiciliare alla persona con disabilità grave nasce storicamente a livello dell’attuale distretto sociosanitario finalese [di Finale Ligure in provincia di Savona, N.d.R.], per l’iniziativa di sensibilizzazione operata dall’Associazione ABC Liguria (Associazione Bambini Cerebrolesi) verso i competenti uffici, affinché le possibilità di finanziamento previste dalla Legge 162/98 per i «disabili gravi» venissero appunto destinate ad avviare e a gestire tale servizio. Successivamente la medesima Associazione ha seguito con assiduità e spiccato senso di collaborazione l’evoluzione del servizio, rendendo il giusto merito alle positività introdotte e indicandone fermamente limiti e criticità. Tale rivendicazione di merito viene qui richiamata unicamente per rammentare il nostro buon titolo a intervenire “a nome e per conto dell’utenza” in un dibattito su questo tema.
In primo luogo, dunque, riteniamo utile richiamare le motivazioni che hanno portato all’istituzione del servizio, vale a dire:
– supportare le famiglie con disabilità grave, permettendo loro di continuare ad assistere i loro familiari a domicilio;
– evitare quindi il ricovero nelle strutture ogniqualvolta possibile, diminuendo i costi e permettendo una miglior qualità di vita alle persone con disabilità grave;
– evitare l’insorgere di nuovi costi assistenziali e umani per l’eccessivo logoramento dei caregiver [“coloro che prestano cura”, N.d.R.] familiari;
– fornire alle famiglie non un aiuto economico “risarcitorio”, ma un servizio efficace e qualificato.
Naturalmente l’attuazione pratica non sempre è stata all’altezza delle aspettative e tuttavia bisogna riconoscerne gli indubbi meriti, primo tra i quali l’avere trasformato un aiuto discrezionale e aleatorio in una prestazione codificata ed effettivamente esigibile. L’insediamento delle Unità di Valutazione Multidisciplinare, con il compito di valutare appunto le esigenze della persona con disabilità grave in ambito familiare, ha ampliato infatti la gamma di professionalità e di competenze che si occupano del servizio.
In tale sede l’apporto della famiglia – pur presente in fase di valutazione – non è ancora sufficientemente valorizzato e manca tuttora il riconoscimento della pari dignità tra famiglia stessa e professionisti, portatori di saperi diversi, ma entrambi indispensabili.
Esaminiamo ora quali dovrebbero essere – in base all’esperienza delle nostre famiglie – le caratteristiche peculiari di un valido servizio di assistenza domiciliare:
1. Dovrebbe essere svolto da personale idoneo, debitamente qualificato, ben motivato e di numero sufficiente ad assicurare una corretta turnazione.
2. Dovrebbe operare in empatia con la famiglia e naturalmente con la persona con disabilità grave assistita.
3. Dovrebbe operare con puntualità, senza soluzioni di continuità e chi coordina il servizio dovrebbe essere facilmente reperibile dall’utenza e saper fronteggiare situazioni impreviste (malattie e assenze straordinarie del personale ecc.).
4. Andrebbe prestato per un numero di ore congruo alla gravità e alla complessità assistenziale della persona assistita.
5. L’ente che sostiene il costo del servizio dovrebbe essere in grado di monitorare costantemente il gradimento di esso presso l’utenza, in modo tale da correggerne tempestivamente eventuali distorsioni e manchevolezze e assicurare il buon utilizzo dei mezzi finanziari impiegati. Invece, la mancanza pressoché generalizzata di tale controllo non è estranea, a nostro parere, alla forbice talora esistente tra il relativamente elevato costo della prestazione e la qualità non adeguata della medesima.
Un triste fatto di cronaca recente può illustrare meglio di ogni altra analisi l’importanza dell’assistenza domiciliare alla persona con disabilità grave. Salvatore Crisafulli – uscito dal coma dopo alcuni anni trascorsi in tale stato e forte propugnatore del diritto e della volontà di vivere anche in condizioni di disabilità estrema – ha dichiarato nei giorni scorsi, in accordo con la sua famiglia, «di voler morire», prendendo la strada del Belgio per la paventata attuazione della sua scelta, perché «lasciato solo» e «abbandonato». Infatti, malgrado le mille promesse di uomini politici e della Chiesa per lui non è stata attivata alcuna forma di assistenza domiciliare e tale mancanza ha pesato in modo determinante nel logorare la sua resistenza e quella della sua famiglia.
Come già accennato in introduzione è per altro notizia di questi giorni che il drammatico viaggio in Belgio prospettato dalla famiglia Crisafulli non vi sarà più. (S.B.)
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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