C’è anche il mancato accertamento dell’invalidità civile tra le prime questioni oggetto di class action contro Pubbliche Amministrazioni e concessionari di servizi pubblici, che Cittadinanzattiva ha voluto avviare, sfruttando quelle disposizioni della Riforma Brunetta in materia di efficienza della Pubblica Amministrazione che hanno sostanzialmente reso operativa tale possibilità dall’inizio di quest’anno.
Nella fattispecie, destinataria della diffida è stata l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Reggio Calabria – oltre che le Istituzioni Regionali e i Ministeri competenti – in virtù dell’istanza presentata da un cittadino che lamentava la violazione da parte della stessa ASP dei termini di legge per l’accertamento della condizione di invalidità civile. In sostanza, il cittadino interessato, affetto da una patologia oncologica, aveva presentato domanda nel mese di maggio del 2009, senza ad oggi ricevere risposta, nonostante la normativa disponga che la Commissione di Prima Istanza sia tenuta ad effettuare l’accertamento dell’invalidità civile delle persone affette da patologia oncologica entro quindici giorni dalla presentazione della domanda e che la Commissione stessa debba eseguire l’accertamento dell’infermità entro tre mesi.
Come da normativa, l’Amministrazione coinvolta – in modo analogo a quelle chiamate in causa per altre due questioni, riguardanti rispettivamente un canone di depurazione pagato per un servizio non reso e una violazione dei termini per il rinnovo di permessi di soggiorno richiesti sia per motivi di studio che di lavoro – ha ora novanta giorni di tempo per ripristinare il servizio, mentre alla class action possono aderire tutti quei cittadini che si trovano nelle medesime situazioni che hanno portato alla notifica della diffida.
«La “nuova legge” – commenta Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva – ci consente, anche se con strumenti limitati e senza risarcimenti, di vincolare le Amministrazioni al rispetto di standard previsti da Carte dei Servizi e leggi. Se i tempi previsti non sono rispettati, se si richiedono oneri non previsti, se si omettono informazioni essenziali o si nega l’autocertificazione, il cittadino può invocare il rispetto delle norme e ottenere il ripristino del diritto violato. Perché non provarci? Oggi partono class action in tre settori, che presto potrebbero essere seguite da analoghe azioni in molti altri ambiti: dagli autovelox “taroccati” alle cosiddette “cartelle pazze”, dal mancato rispetto della normativa sulla sicurezza delle scuole alle lungaggini delle cancellerie dei tribunali, dall’operato ambiguo delle società di riscossione tributi al mancato rispetto delle graduatorie per gli asili comunali». (S.B.)
La class action
Un’azione collettiva (negli Stati Uniti d’America conosciuta come class action), è un’azione legale condotta da uno o più soggetti che – membri della medesima “classe” – chiedono che la soluzione di una questione comune di fatto o di diritto avvenga con effetti super partes per tutti i componenti presenti e futuri della classe stessa. Gli altri soggetti della medesima possono chiedere di non avvantaggiarsi dell’azione altrui (esperendone una propria) esercitando il cosiddetto opt-out right, oppure possono rimanere inerti avvantaggiandosi dell’attività precedente altrui che avviene sulla base del modello rappresentativo.
Con l’azione collettiva si possono anche esercitare pretese risarcitorie, ad esempio nei casi di illecito plurioffensivo, ma lo strumento, oltre alle funzioni di deterrenza, realizza anche vantaggi di economia processuale e di riduzione della spesa pubblica.
(informazioni tratte da Wikipedia, l’eniclopedia libera)
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